venerdì 16 settembre 2011
mercoledì 14 settembre 2011
martedì 13 settembre 2011
lunedì 12 settembre 2011
Guccini e Macchiavelli al Festival di Mantova

da RepubblicaBologna
Macchiavelli si finge intimidito da un migliaio di spettatori, e fa cominciare Guccini. Ripercorrono la loro storia di coppia letteraria, da quando il cantautore propose la traccia di una storia ambientata tra i minatori al giallista. Storia che diventò poi Macaronì.
gucmac1Come nasce un loro libro? Il dialogo sembra uno sketch. Guccini: «Loriano ha una trama per il prossimo giallo. Nasce da una storia vera, e insieme costruiamo la struttura e i personaggi». Macchiavelli: «nel giallo il lettore si muove su come l’investigatore interpreta gli indizi. Nella stesura capita che le cose cambino: l’assassino, i nomi». Guccini: «scrivere un giallo è divertente. A volte chiamo Loriano e gli dico: lo ammazziamo? Lui: sì, lo impicchiamo? Io: no, non mi basta! E magari qualcuno ci ascolta e ci guarda con sospetto…»
Parlano di Malastagione, dei luoghi dell’Appennino, e raccontano anche degli Elfi. «Quelli li ha visti solo Francesco!» «Sono persone che vivono dagli anni ’70, senza luce e senz’acqua, coltivano la terra e allevano animali. Non si sa quanti siano, anche perché cambiano. D’estate sono molti, d’inverno meno. Si sono chiamati Elfi per omaggiare Tolkien. Hanno anche bambini, che vanno a scuola e nell’intervallo leggono libri, ma la sera passano dal bar del paese e rimangono incantati dalla televisione».
«Con Santovito abbiamo raccontato storie dell’Appennino del passato. Con questo romanzo volevamo raccontare quelle d’oggi. Abbiamo creato un altro personaggio. L’idea di un figlio di Santovito non ci piaceva. Abbiamo scoperto che la Forestale può indagare come altre forze dell’ordine. Così abbiamo scelto una guardia forestale, Poiana», dice Loriano, e Francesco aggiunge: «e loro sono stati felicissimi. Ci sono fiction su tutti, finalmente anche su di loro!»
L’unica scena di sesso l’ha scritta Guccini. «Lui ha più esperienza», scherza Macchiavelli. «La verità è che è molto difficile scrivere di sesso, e Loriano me l’ha rifilata!» Insieme però trovano le parole dell’Appennino, quelle dialettali, che si trovano nel testo, e descrivono i luoghi, o meglio li inventano. «D’estate ci sono persone che salgono a Pavana e mi chiede della Ca’ Rossa. Non esiste! Alcuni vengono a cercare la porta verde di mio zio Amerigo, quello della canzone. Non esiste più!», ride Guccini.
Ma le storie restano, e c’è spazio anche per ricordare il fumettista Bonvi e il musicista Victor Sogliani. Guccini racconta di quella sera in cui, tanti anni fa, fecero uno scherzo a Victor: «gli avevamo fatto credere che Bonvi fosse diventato un lupo mannaro, e uno aveva anche finto di essere una vittima, uscendo dal bosco. Victor era spaventato, ed era corso alla polizia, per denunciare che il suo amico era diventato un lupo mannaro… e quelli avevano capito un vampiro… Il giorno dopo era sui giornali!»
lunedì 22 agosto 2011
21 agosto Andrea Scanzi intervista Guccini
21/8/2011 - L'ESTATE DEL PRIMO AMORE
Andrea Scanzi intervista Francesco Guccini
Il cantautore: la prima cotta a 12 anni, quanti sbagli. Poi tante altre storie, positive e negative. Sono cambiato.
Ecco l'intervista uscita ieri su La Stampa, all'interno della rubrica "L'estate del primo amore".
Il Maestrone ha il tono burbero, sempre in bilico tra spigolosità ostentata e simpatia ruvida. Più la seconda. Settantuno anni, Francesco Guccini si è sposato la seconda volta ad aprile. Vedendo l’assembramento di fotografi davanti alla sala comunale di Mondolfo, il paese natale della moglie Raffaella Zuccari, rispose così a un reporter che gli diceva buonasera: «Buonasera un paio di palle!». Venne a tutti da ridere. Anche a lui, forse. Eppure l’amore, Guccini, l’ha cantato spesso. Soprattutto quello tormentato, incompreso, sul punto di finire. Da Vedi cara («è difficile capire se non hai capito già» 1970) dedicata alla prima moglie Roberta, a Canzone delle domande consuete («Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse, trascinate dai giorni come piena di fiume tante cose sembrate e credute diverse, come un prato coperto a bitume» 1990). Ma anche passione travolgente come Vorrei («Perché non sono quando non ci sei» 1996) dedicata alla moglie Raffaella. E non manca nel suo canzoniere un amore estivo (da Canzone per Piero «Poi quell’amore alla fine reale, tra le canzoni di moda e le danze» 1974).
Il primo amore se lo ricorda?
«Avrò avuto 12 anni e sbagliai tutto. Ce ne sono stati tanti altri, di amori. Positivi e negativi. Il Guccini innamorato è cambiato molto, negli anni».
E a un certo punto ha scritto Farewell («Non pensarci e perdonami se ti ho portato via un poco d’estate con qualcosa di fragile come le storie passate» 1993): è dedicata ad Angela, la madre di sua figlia Teresa, giusto?
«E’ la storia di un amore che finisce. La feci sentire alla donna che mi aveva ispirato. Alla fine, freddamente, mi disse: “E ora che dovrei fare, piangere?”. Tornai a casa e gliene scrissi un'altra: un’invettiva, Quattro stracci ».
Quella in cui l’autore è «fiero del suo sognare» e la donna «casta che sogna d'esser puttana». Oltre che sognatore, Guccini è ancora senza patente e ansioso?
«Pure meteoropata, se è per quello. Ma soprattutto sono un ansioso. Quando prendo il treno da Porretta Terme a Bologna, arrivo sempre un’ora prima. C’è solo quello, impossibile sbagliare. Io però, ogni volta, chiedo in stazione: “E’ quello delle ore ‘X’ per Bologna?”. Non lo chiedo mica per sapere a che ora arriva: lo chiedo per sapere se arriva».
Sì, ma Guccini come sta?
«Come vuole che stia: male. Guccini sta sempre male (lo dice ridendo, NdA). Dopo due ore di concerto sono morto, ho la schiena a pezzi»
Vasco Rossi si è dimesso da rockstar a neanche 60 anni. Lei ne ha qualcuno in più e fa ancora tournée.
«Macché tournée. Faccio scelte oculate, 4-5 serate l’anno. Di solito suono in palazzetti o capannucce. A Lucca il palco era smisurato e il camerino gigantesco: sembrava la tenda di Gheddafi. Pensavo arrivasse Berlusconi col bunga bunga. Vasco lo capisco, ma non ci monterei sopra un dibattito: non puoi cantare tutta la vita»
Ritratti, l’ultimo disco di inediti, è di sette anni fa. Dopo un po’ la creatività evapora?
«Ho scritto soltanto tre canzoni nuove. La chitarra in mano non la prendo quasi mai. E’ faticoso e neanche ho tempo. Ci sono le interviste, quelli che mi vengono a trovare. Vedrà che prima o poi passa un altro pellegrino, ogni giorno è così a Pàvana».
Se le cerca: quando un artista incide un album che ha per titolo un indirizzo di casa, Via Paolo Fabbri 43, dà l’indicazione implicita di andare a trovarlo. Forse si diverte.
«Non userei una parola così impegnativa. Mi diverto quando dormo il pomeriggio, quando vado a pesca. Il resto lo faccio perché è meno difficile che comporre canzoni. Scrivere libri, ad esempio».
Perché la canzone è complicata?
«Devi ridurre tutto a 3-6 minuti e c’è la metrica. Passare dalle 2-3 pagine iniziali al testo finale è dura e di voglia ne ho poca».
Visti oggi, voi cantautori sembrate tutti poco indignati e molto quieti. L’ultimo Gaber sostenne che la vostra generazione aveva perso.
«Abbiamo fatto quello che potevamo e non puoi rimanere tutta la vita sopra la barricate. Con Giorgio parlavamo spesso, ma non ebbi con lui il tempo di confutare quella tesi. Almeno ci abbiamo provato, le generazioni successive non lo so. Poi, è vero, non abbiamo portato il Sol dell’Avvenire».
Riascolta mai qualche suo disco?
«Per carità. Se qualcuno mette una mia canzone per farmi un tributo, gli intimo di toglierla subito. Non mi sopporto e in generale non ascolto quasi nulla. Mi incuriosiscono solo i rapper: sono molto distanti da me musicalmente, ma abbastanza interessanti».
Non crede, musicalmente, che a volte i suoi testi meritassero vesti più coraggiose? .
«Mah. Faccio quello che so fare e non è del tutto vero che abbia sempre suonato la stessa canzone. Una volta un collega - non le dirò mai quale - mi accusò di scrivere brani con due accordi. Gli risposi: “'Menomale che ci sei tu che ne usi tre”. Per raccontare storie non devi essere virtuoso, il blues ha tre accordi ma esiste da una vita».
Andrea Scanzi intervista Francesco Guccini
Il cantautore: la prima cotta a 12 anni, quanti sbagli. Poi tante altre storie, positive e negative. Sono cambiato.
Ecco l'intervista uscita ieri su La Stampa, all'interno della rubrica "L'estate del primo amore".
Il Maestrone ha il tono burbero, sempre in bilico tra spigolosità ostentata e simpatia ruvida. Più la seconda. Settantuno anni, Francesco Guccini si è sposato la seconda volta ad aprile. Vedendo l’assembramento di fotografi davanti alla sala comunale di Mondolfo, il paese natale della moglie Raffaella Zuccari, rispose così a un reporter che gli diceva buonasera: «Buonasera un paio di palle!». Venne a tutti da ridere. Anche a lui, forse. Eppure l’amore, Guccini, l’ha cantato spesso. Soprattutto quello tormentato, incompreso, sul punto di finire. Da Vedi cara («è difficile capire se non hai capito già» 1970) dedicata alla prima moglie Roberta, a Canzone delle domande consuete («Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse, trascinate dai giorni come piena di fiume tante cose sembrate e credute diverse, come un prato coperto a bitume» 1990). Ma anche passione travolgente come Vorrei («Perché non sono quando non ci sei» 1996) dedicata alla moglie Raffaella. E non manca nel suo canzoniere un amore estivo (da Canzone per Piero «Poi quell’amore alla fine reale, tra le canzoni di moda e le danze» 1974).
Il primo amore se lo ricorda?
«Avrò avuto 12 anni e sbagliai tutto. Ce ne sono stati tanti altri, di amori. Positivi e negativi. Il Guccini innamorato è cambiato molto, negli anni».
E a un certo punto ha scritto Farewell («Non pensarci e perdonami se ti ho portato via un poco d’estate con qualcosa di fragile come le storie passate» 1993): è dedicata ad Angela, la madre di sua figlia Teresa, giusto?
«E’ la storia di un amore che finisce. La feci sentire alla donna che mi aveva ispirato. Alla fine, freddamente, mi disse: “E ora che dovrei fare, piangere?”. Tornai a casa e gliene scrissi un'altra: un’invettiva, Quattro stracci ».
Quella in cui l’autore è «fiero del suo sognare» e la donna «casta che sogna d'esser puttana». Oltre che sognatore, Guccini è ancora senza patente e ansioso?
«Pure meteoropata, se è per quello. Ma soprattutto sono un ansioso. Quando prendo il treno da Porretta Terme a Bologna, arrivo sempre un’ora prima. C’è solo quello, impossibile sbagliare. Io però, ogni volta, chiedo in stazione: “E’ quello delle ore ‘X’ per Bologna?”. Non lo chiedo mica per sapere a che ora arriva: lo chiedo per sapere se arriva».
Sì, ma Guccini come sta?
«Come vuole che stia: male. Guccini sta sempre male (lo dice ridendo, NdA). Dopo due ore di concerto sono morto, ho la schiena a pezzi»
Vasco Rossi si è dimesso da rockstar a neanche 60 anni. Lei ne ha qualcuno in più e fa ancora tournée.
«Macché tournée. Faccio scelte oculate, 4-5 serate l’anno. Di solito suono in palazzetti o capannucce. A Lucca il palco era smisurato e il camerino gigantesco: sembrava la tenda di Gheddafi. Pensavo arrivasse Berlusconi col bunga bunga. Vasco lo capisco, ma non ci monterei sopra un dibattito: non puoi cantare tutta la vita»
Ritratti, l’ultimo disco di inediti, è di sette anni fa. Dopo un po’ la creatività evapora?
«Ho scritto soltanto tre canzoni nuove. La chitarra in mano non la prendo quasi mai. E’ faticoso e neanche ho tempo. Ci sono le interviste, quelli che mi vengono a trovare. Vedrà che prima o poi passa un altro pellegrino, ogni giorno è così a Pàvana».
Se le cerca: quando un artista incide un album che ha per titolo un indirizzo di casa, Via Paolo Fabbri 43, dà l’indicazione implicita di andare a trovarlo. Forse si diverte.
«Non userei una parola così impegnativa. Mi diverto quando dormo il pomeriggio, quando vado a pesca. Il resto lo faccio perché è meno difficile che comporre canzoni. Scrivere libri, ad esempio».
Perché la canzone è complicata?
«Devi ridurre tutto a 3-6 minuti e c’è la metrica. Passare dalle 2-3 pagine iniziali al testo finale è dura e di voglia ne ho poca».
Visti oggi, voi cantautori sembrate tutti poco indignati e molto quieti. L’ultimo Gaber sostenne che la vostra generazione aveva perso.
«Abbiamo fatto quello che potevamo e non puoi rimanere tutta la vita sopra la barricate. Con Giorgio parlavamo spesso, ma non ebbi con lui il tempo di confutare quella tesi. Almeno ci abbiamo provato, le generazioni successive non lo so. Poi, è vero, non abbiamo portato il Sol dell’Avvenire».
Riascolta mai qualche suo disco?
«Per carità. Se qualcuno mette una mia canzone per farmi un tributo, gli intimo di toglierla subito. Non mi sopporto e in generale non ascolto quasi nulla. Mi incuriosiscono solo i rapper: sono molto distanti da me musicalmente, ma abbastanza interessanti».
Non crede, musicalmente, che a volte i suoi testi meritassero vesti più coraggiose? .
«Mah. Faccio quello che so fare e non è del tutto vero che abbia sempre suonato la stessa canzone. Una volta un collega - non le dirò mai quale - mi accusò di scrivere brani con due accordi. Gli risposi: “'Menomale che ci sei tu che ne usi tre”. Per raccontare storie non devi essere virtuoso, il blues ha tre accordi ma esiste da una vita».
venerdì 5 agosto 2011
6 agosto Bice Biagi intervista Guccini
Sabato 6 agosto, a Monteacuto nelle Alpi, alle ore 17.45 la figlia di Enzo Biagi parla con Francesco di "Malastagione".
Monteacuto è il paese di origine dei Guccini, che risultano registrati in quella parrocchia già dai primi del secolo XVI, successivamente scesi a Bologna, da dove verrano cacciati per abominevoli crimini, li ritroviamo poi mugnai nella zona di Porretta nel secolo XIX.
Monteacuto è a due passi da Pianaccio, il paese natale di Enzo Biagi.
Il giorno seguente, domenica 7 sarà la volta di Loriano Macchiavelli, che però parlerà dell'ultimo giallo di Sarti Antonio, storico "sergente" questurino sotto le due torri.
Monteacuto è il paese di origine dei Guccini, che risultano registrati in quella parrocchia già dai primi del secolo XVI, successivamente scesi a Bologna, da dove verrano cacciati per abominevoli crimini, li ritroviamo poi mugnai nella zona di Porretta nel secolo XIX.
Monteacuto è a due passi da Pianaccio, il paese natale di Enzo Biagi.
Il giorno seguente, domenica 7 sarà la volta di Loriano Macchiavelli, che però parlerà dell'ultimo giallo di Sarti Antonio, storico "sergente" questurino sotto le due torri.
Iscriviti a:
Post (Atom)