venerdì 29 aprile 2011
Lectio magistralis a Urbino il 13 maggio
Nell’ambito delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia, l’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” ospiterà la conferenza di Francesco Guccini sul tema “Canzoni e identità nazionale”. L’incontro, a cui è invitata la cittadinanza, si svolgerà venerdì 13 maggio alle ore 16 nell’Aula Magna di Magistero, in Via Saffi, 15 a Urbino. Il cantautore modenese sarà presentato dal Rettore dell’Università di Urbino Stefano Pivato e dal Presidente del Consiglio degli Studenti Stefano Paternò.
mercoledì 27 aprile 2011
Scomparso a Bologna Pietro Guccini
Ci duole comunicare la scomparsa del fratello di Francesco, Pietro Guccini, classe 1954, bibliotecario all'Università di Bologna e consigliere comunale a Minerbio.
Lascia la moglie Eva ed i figli Andrea e Malvina.
Lascia la moglie Eva ed i figli Andrea e Malvina.
lunedì 25 aprile 2011
Matrimonio: ecco il menu.
LA NOTIZIA delle nozze circolava già da un po’ nel paesino come ha confermato il padre di Raffaella, ma gli sposi volevano ad ogni costo una cerimonia top-secret, una cosa intima insomma, per pochi eletti. Nessun volto noto del mondo dello spettacolo tra gli invitati, nemmeno il tanto atteso Ligabue che però parteciperà alla festa che i novelli sposi dovrebbero dare a Bologna tra qualche settimana. C’era invece Teresa Guccini, la figlia avuta dal cantante dalla ex compagna Angela, accompagnata da un amico. Per testimoni, Pierluigi Melandri amico d’infanzia di Francesco e Caterina Fenocchi, la migliore amica di Raffaella.
LA CERIMONIA, blindatissima, è durata all’incirca mezz’ora ed è stata addolcita dai versi della poesia “Sai tu” di Paulo Coelho, letta su richiesta degli sposi, dal Primo Cittadino, Pietro Cavallo amico della famiglia Zuccari il quale non ha saputo trattenersi, a cerimonia terminata dal commentare: «Sono eventi che accadono una volta nella vita, una cerimonia bellissima».
EMOZIONATO ma più compito e meno incline a sbottonarsi il padre della sposa intervistato mentre pranzava in compagnia del futuro marito della figlia, nella mattinata di ieri: «Sì sono emozionato ma… stanno insieme ormai da 18 anni, lei capisce...». Poi la corsa al ristorante con fuga dal retro per evitare i flash dei fotografi, alla Palazzina Sabatelli di Sant’Ippolito dove lo chef, Michele Renga ha studiato un menù speciale per l’occasione: strigoletto con verdure primavera, raviolo con sfoglia di patate e asparagi per primo, sfogliatina di faraona al profumo di erbe selvatiche e controfiletto di Marchigiana per secondo. Infine la torta nuziale e un ottimo vino, scelto dallo stesso Guccini che ha fama di essere un vero intenditore: Five Roses Anniversario.
di Silvia Bonci per Il Carlino di Bologna
LA CERIMONIA, blindatissima, è durata all’incirca mezz’ora ed è stata addolcita dai versi della poesia “Sai tu” di Paulo Coelho, letta su richiesta degli sposi, dal Primo Cittadino, Pietro Cavallo amico della famiglia Zuccari il quale non ha saputo trattenersi, a cerimonia terminata dal commentare: «Sono eventi che accadono una volta nella vita, una cerimonia bellissima».
EMOZIONATO ma più compito e meno incline a sbottonarsi il padre della sposa intervistato mentre pranzava in compagnia del futuro marito della figlia, nella mattinata di ieri: «Sì sono emozionato ma… stanno insieme ormai da 18 anni, lei capisce...». Poi la corsa al ristorante con fuga dal retro per evitare i flash dei fotografi, alla Palazzina Sabatelli di Sant’Ippolito dove lo chef, Michele Renga ha studiato un menù speciale per l’occasione: strigoletto con verdure primavera, raviolo con sfoglia di patate e asparagi per primo, sfogliatina di faraona al profumo di erbe selvatiche e controfiletto di Marchigiana per secondo. Infine la torta nuziale e un ottimo vino, scelto dallo stesso Guccini che ha fama di essere un vero intenditore: Five Roses Anniversario.
di Silvia Bonci per Il Carlino di Bologna
Matrimonio - Nuove Foto
Nuove foto dal Resto del Carlino. Intanto si vocifera di una festa a Bologna nei prossimi giorni.
venerdì 22 aprile 2011
Matrimonio - da www.ternimagazine.it
Ha spiazzato tutti, fan, conoscenti, amici, media. Francesco Guccini diceva la verità a “Ma che tempo che fa”, in una delle ultime puntate, quando rispondendo ad una birichina domanda di Fabio Fazio, il “Maestrone” di Pavana, 71 anni, rispondeva che il Francesco Guccini delle pubblicazioni di matrimonio affisse al Comune di Bologna per il mese di agosto, riguardavano un omonimo. Fatto sta che il più grande cantautore italiano vivente ha detto s’ insieme alla professoressa in lettere alle scuole medie di Porretta e Gaggio, Raffaella Zuccari, 42 anni, dopo 18 anni di fidanzamento. Francesco è al secondo matrimonio.
Una cerimonia riservatissima, per pochissimi intimi nel piccolo borgo medievale di Mondolfo di Pesaro, paese natio della sposa, poco più di 11 mila anime. Raffaella, si è presentata, come tradizione vuole, con un po’ di ritardo, poi in abito bianco, al ginocchio, catena dorata al collo e un ciuffo rosso e sbarazzino ha raggiunto il suo Francesco al quale, dicono gli amici, ha donato una seconda giovinezza. Guccini le ha dedicato tre canzoni: “Vorrei”, “Certo non sai”, “Canzone delle colombe e del fiore”.
Lui giubbotto, camicia, jeans. Come tutti i giorni. C’era Teresa Guccini, la figlia avuta dal cantautore-scrittore dall’ex compagna Angela, accompagnata da un amico. La cerimonia è stata molto breve addolcita da versi di Paulo Coelho, letta su richiesta degli sposi dal sindaco Pietro Cavallo, amico della famiglia Zuccari.
La cerimonia, nel tardo pomeriggio, è stata celebrata nella sala del consiglio comunale. Guccini è arrivato con largo anticipo accompagnato dal fratello della sposa. Raffaella è scesa da una Porche. Due i testimoni di Rito: Caterina Finocchi, amica d’infanzia della sposa e Piero Melandri, amico dello sposo. Quel Piero della “Canzone per Piero” inclusa nell’album “Stanze di vita quotidiana” del 1974.
Alla cerimonia, da parte di lei, c’erano i genitori Katia Barbetti e Gian Maria Zuccai, padre, il fratello e la sorella. Al fatidico “Sì” i due sposi si sono scambiati le fedi, formate da cerchi intrecciati. Finita la cerimonia, scendendo le scale, Francesco ha detto alla moglie scherzando: “Scendi da sola le scale e dì che ti ho lasciato sola all’altare”. Il banchetto si è svolto in un locale dell’entroterra marchigiano.
LE PRIME NOZZE – Non è la prima volta che Guccini va a nozze. La prima volta risale al 1971 quando sposa, dopo alcuni mesi di convivenza, la storica fidanzata Roberta Baccilieri, per la quale aveva scritto Vedi cara. Con lei si immortalò a Santorini in una foto che fu poi usata per la copertina di Sei anni dopo si separa da Roberta e inizia a convivere con Angela, con cui nel ’78 ha una bambina, Teresa, la Culodritto della canzone, che quattro anni fa si è laureata con una tesi sui fan di suo padre e di Robbie Williams. La fine dell’amore con Angela è in Farewell, del ’93. Qualche anno ancora ed ecco comparire Raffaella al suo fianco. E ora le nozze.
Giancarlo Padula
Una cerimonia riservatissima, per pochissimi intimi nel piccolo borgo medievale di Mondolfo di Pesaro, paese natio della sposa, poco più di 11 mila anime. Raffaella, si è presentata, come tradizione vuole, con un po’ di ritardo, poi in abito bianco, al ginocchio, catena dorata al collo e un ciuffo rosso e sbarazzino ha raggiunto il suo Francesco al quale, dicono gli amici, ha donato una seconda giovinezza. Guccini le ha dedicato tre canzoni: “Vorrei”, “Certo non sai”, “Canzone delle colombe e del fiore”.
Lui giubbotto, camicia, jeans. Come tutti i giorni. C’era Teresa Guccini, la figlia avuta dal cantautore-scrittore dall’ex compagna Angela, accompagnata da un amico. La cerimonia è stata molto breve addolcita da versi di Paulo Coelho, letta su richiesta degli sposi dal sindaco Pietro Cavallo, amico della famiglia Zuccari.
La cerimonia, nel tardo pomeriggio, è stata celebrata nella sala del consiglio comunale. Guccini è arrivato con largo anticipo accompagnato dal fratello della sposa. Raffaella è scesa da una Porche. Due i testimoni di Rito: Caterina Finocchi, amica d’infanzia della sposa e Piero Melandri, amico dello sposo. Quel Piero della “Canzone per Piero” inclusa nell’album “Stanze di vita quotidiana” del 1974.
Alla cerimonia, da parte di lei, c’erano i genitori Katia Barbetti e Gian Maria Zuccai, padre, il fratello e la sorella. Al fatidico “Sì” i due sposi si sono scambiati le fedi, formate da cerchi intrecciati. Finita la cerimonia, scendendo le scale, Francesco ha detto alla moglie scherzando: “Scendi da sola le scale e dì che ti ho lasciato sola all’altare”. Il banchetto si è svolto in un locale dell’entroterra marchigiano.
LE PRIME NOZZE – Non è la prima volta che Guccini va a nozze. La prima volta risale al 1971 quando sposa, dopo alcuni mesi di convivenza, la storica fidanzata Roberta Baccilieri, per la quale aveva scritto Vedi cara. Con lei si immortalò a Santorini in una foto che fu poi usata per la copertina di Sei anni dopo si separa da Roberta e inizia a convivere con Angela, con cui nel ’78 ha una bambina, Teresa, la Culodritto della canzone, che quattro anni fa si è laureata con una tesi sui fan di suo padre e di Robbie Williams. La fine dell’amore con Angela è in Farewell, del ’93. Qualche anno ancora ed ecco comparire Raffaella al suo fianco. E ora le nozze.
Giancarlo Padula
Matrimonio - da Il fatto quotidiano
Guccini sposo silenzioso Come in una sua canzone Non c’era nessun nome noto. In perfetto stile gucciniano. E non ce ne voglia il maestrone, come lo chiamano a Bologna, se diamo notizia delle sue nozze. Sappiamo bene che non vorrebbe, ma è Francesco Guccini, 71 anni, il più “colto dei cantautori” italiani, come ha scritto Umberto Eco, l’unico che “riesce a toccare le corde che quando scrive, perché racconta la vita come nessun’altro è capace di fare”.
Non è riuscito a sfuggire ai fotografi, nonostante per il suo matrimonio con Raffaella Zuccari, 43 anni, professoressa d’italiano, abbia scelto Mondolfo, provincia di Pesaro Urbino, suggestivo borgo medievale. Mondolfo e non Bologna, perché avrebbe riempito piazza Maggiore, potete esserne certi. Come accadde nel 1984 per il concerto che celebrò i suoi vent’anni di carriera. Era il 21 giugno, e Guccini quella sera ci regalò forse uno dei più bei live della sua carriera, emozionato com’era, in un’atmosfera che aveva ancora il sapore della rive gauche parigina.
Ci vengono le lacrime agli occhi a pensare a quella notte, centocinquanta mila persone, a quella Bologna che oggi non c’è più, a uno dei momenti centrali della musica italiana. Leggete quello che scrisse il giorno successivo su Repubblica Gino Castaldo: “A memoria di bolognese, nessuno ricordava di aver mai visto tanta gente in piazza Maggiore (con la sola eccezione, forse, dei funerali per la strage del 2 agosto). Una folla sterminata, immensa, che riempiva non solo la piazza, ma anche tutta la zona circostante. E così, un po’ per caso, e con la sorpresa degli stessi organizzatori, è esplosa quella che verrà ricordata come la piccola Woodstock della canzone italiana. Non si era mai visto prima… Una grande festa davvero, di quelle che la sciocca miopia del nostro mercato musicale non promuove mai, e che invece dimostrano come la gente è pronta per eventi che sanno di autenticità e di rapporto reale coi sentimenti del pubblico. Ha chiuso Guccini, naturalmente con “Un altro giorno è andato” inno malinconico al tempo che passa, alle cose che finiscono e a quelle che iniziano, la più giusta conclusione per una serata indimenticabile e, forse, irripetibile”.
Forse non credeva neanche lui, Castaldo, di trasformarsi in profeta mentre picchiettava sulla macchina per scrivere. Oggi Guccini non ha più 44 anni, ne ha 71. Ma sembrava più giovane allora e lo sembra ancora oggi, soprattutto quando sale sul palco, come una settimana fa, a Parma: palazzetto dello sport sold out, lui in piedi per due ore di seguito, trascinatore e trascinato dal pubblico.
Chiusa la parentesi nostalgica, la cronaca della giornata non promette niente di buono per i divoratori di gossip. Guccini si è presentato in jeans e camicia, la sposa in abito bianco, ma non da matrimonio. Nessun ospite di calibro, neppure gli amici storici di Bologna, i compagni di osteria, o quelli di Pavana, fatta eccezione per il compagno di giochi cresciuto fra la via Emilia e il West.
Ha festeggiato con pochissime persone, i parenti di Raffaella, e la figlia di Francesco, Teresa, blogger del nostro giornale e che lavora nell’agenzia che organizza i concerti di Guccini, Paolo Conte, Gerardo Balestrieri e un’altra serie di ottimi giovani di cui sentiremmo parlare, alla quale Guccini dedico una canzone nell’album Signora Bovary.
Non ci resta che fargli gli auguri, a tutti. Il 1984 non tornerà mai più, non torneranno quegli odori che permisero al maestrone di comporre pezzi irripetibili come Incontro, Eskimo, La Locomotiva, Un altro giorno è andato e, in anni più recenti, Canzone delle domande consuete, Cirano e, quel capolavoro, a ritmo di tango, che è Scirocco. Ma consapevoli che Guccini può ancora regalare emozioni a non finire durante i suoi concerti. Da single, convivente o sposo che sia.
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Non è riuscito a sfuggire ai fotografi, nonostante per il suo matrimonio con Raffaella Zuccari, 43 anni, professoressa d’italiano, abbia scelto Mondolfo, provincia di Pesaro Urbino, suggestivo borgo medievale. Mondolfo e non Bologna, perché avrebbe riempito piazza Maggiore, potete esserne certi. Come accadde nel 1984 per il concerto che celebrò i suoi vent’anni di carriera. Era il 21 giugno, e Guccini quella sera ci regalò forse uno dei più bei live della sua carriera, emozionato com’era, in un’atmosfera che aveva ancora il sapore della rive gauche parigina.
Ci vengono le lacrime agli occhi a pensare a quella notte, centocinquanta mila persone, a quella Bologna che oggi non c’è più, a uno dei momenti centrali della musica italiana. Leggete quello che scrisse il giorno successivo su Repubblica Gino Castaldo: “A memoria di bolognese, nessuno ricordava di aver mai visto tanta gente in piazza Maggiore (con la sola eccezione, forse, dei funerali per la strage del 2 agosto). Una folla sterminata, immensa, che riempiva non solo la piazza, ma anche tutta la zona circostante. E così, un po’ per caso, e con la sorpresa degli stessi organizzatori, è esplosa quella che verrà ricordata come la piccola Woodstock della canzone italiana. Non si era mai visto prima… Una grande festa davvero, di quelle che la sciocca miopia del nostro mercato musicale non promuove mai, e che invece dimostrano come la gente è pronta per eventi che sanno di autenticità e di rapporto reale coi sentimenti del pubblico. Ha chiuso Guccini, naturalmente con “Un altro giorno è andato” inno malinconico al tempo che passa, alle cose che finiscono e a quelle che iniziano, la più giusta conclusione per una serata indimenticabile e, forse, irripetibile”.
Forse non credeva neanche lui, Castaldo, di trasformarsi in profeta mentre picchiettava sulla macchina per scrivere. Oggi Guccini non ha più 44 anni, ne ha 71. Ma sembrava più giovane allora e lo sembra ancora oggi, soprattutto quando sale sul palco, come una settimana fa, a Parma: palazzetto dello sport sold out, lui in piedi per due ore di seguito, trascinatore e trascinato dal pubblico.
Chiusa la parentesi nostalgica, la cronaca della giornata non promette niente di buono per i divoratori di gossip. Guccini si è presentato in jeans e camicia, la sposa in abito bianco, ma non da matrimonio. Nessun ospite di calibro, neppure gli amici storici di Bologna, i compagni di osteria, o quelli di Pavana, fatta eccezione per il compagno di giochi cresciuto fra la via Emilia e il West.
Ha festeggiato con pochissime persone, i parenti di Raffaella, e la figlia di Francesco, Teresa, blogger del nostro giornale e che lavora nell’agenzia che organizza i concerti di Guccini, Paolo Conte, Gerardo Balestrieri e un’altra serie di ottimi giovani di cui sentiremmo parlare, alla quale Guccini dedico una canzone nell’album Signora Bovary.
Non ci resta che fargli gli auguri, a tutti. Il 1984 non tornerà mai più, non torneranno quegli odori che permisero al maestrone di comporre pezzi irripetibili come Incontro, Eskimo, La Locomotiva, Un altro giorno è andato e, in anni più recenti, Canzone delle domande consuete, Cirano e, quel capolavoro, a ritmo di tango, che è Scirocco. Ma consapevoli che Guccini può ancora regalare emozioni a non finire durante i suoi concerti. Da single, convivente o sposo che sia.
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Matrimonio - da Repubblica Bologna
Guccini sposa Raffaella con un sorriso
"Di' che ti ho lasciata sola all'altare"/FotoLa cerimonia in Municipio a Mondolfo, nel Pesarese, dove la compagna è di casa.
Infastidito dai fotografi ("Maestro un paio di...") il cantautore si scioglie dopo il sì
di MARCO MAROZZI
"Buona sera maestro". Il saluto del fotografo è encomiastico. La reazione è ridente ma un poco più popolaresca. "Sì, maestro...". Il resto non importa. Non è stato felicissimo Francesco Guccini di trovarsi in una specie di Mondolfo Boulevard per il suo matrimonio nell'epoca dei 71 anni.
Pensava tutto avvenisse in segreto. L'Ansa ha diffuso la notizia alle 9 di mattina. Lui alle sette di sera è scappato alle feste di foto e di popolo, la gente del luogo se ne è avuta un poco a male. A salvarlo dall'immagine del burbero a tutti i costi, che si spezza ma non si piega, c'era Raffaella, ovvero Raffaella Zuccari, già ragazza bene di Mondolfo, figlia di medico e imprenditrice, professoressa d'italiano, da ieri sera signora Guccini.
Matrimonio gucciniano quello celebrato sulle colline di Pesaro. A Mondolfo, padre nobile della marina Marotta. A sera al bar Centrale, da cui si era potuto osservare prologo e fine della cerimonia (avvenuta nel chiuso della sala di giunta con porta blindata) i commenti ballavano. "A me Guccini mi è sempre piaciuto". "Ma poteva concedersi un minuto". "Ohi, per me è un po' monotematico". Tutti d'accordo su Raffaella. "Bella, sorridente". Il noto femminista Francesco Guccini ha avuto il miglior matrimonio possibile. Lezione amorosa di stile dalla giovane moglie. Atmosfere, facce, versi, squarci, parole di marmo e di popolo che sembrano una sua canzone.
L'ultimo sole batteva sulle pietre di piazza Mario Del Monaco. Il corteo nuziale è stato accolto da striscioni che annunciano la Festa del Magnafava. Il sindaco Pd Pietro Cavallo a giorni va alla rielezione, ma pure lui è scappato da ogni flash e dichiarazione.
La cosa buffa è che forse tanto pudore pubblico è dovuto più al rispetto che il dottor Gian Maria Zuccari, "il medico" di Mondolfo, ha in paese più che al carisma del Maestrone. Da quelle parti lo amano ma le ragazzine ieri chiedevano: "Viene Ligabue?". Giornalisti annoiati giocavano con tutti quelli che hanno o hanno avuto rapporti con Guccini. "Viene Dalla, Morandi, Paolo Conte". Nessuno però tirava come il Liga.
Delusione salvata dall'apparizione splendida di Raffaella. Lei sì da Hollywood Boulevard con garbo. Vestito bianco ma non nuziale, elegante e semplice, bella come le sorelle e le bimbe delle sorelle con i bouquet bianchi. Guccini è entrato dal retro del muncipio, in giubbetto nero da tenebroso. Lei dall'entrata principale, con sfilata di famiglia fra due ali di concittadini plaudenti e orgogliosi. Nessun nome noto, solo Piero Melandri, l'amico più antico di Guccini, roba da bimbi a Pavana, quello di Canzone per Piero. Testimone per lo sposo. Equilibrato per sfuggire da ogni ritorno al passato da Caterina, amica e coetanea della sposa. Francesco per equilibrare le belle di Mondolfo ha potuto contare su Teresa, la figlia. Nata nel 1978, Culodritto nell'album Madame Bovary : "Vola, vola tu, dov'io vorrei volare/ verso un mondo dove è ancora tutto da fare/ e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare".
Lo sposo, teso prima della cerimonia, solo dopo il sì, ha scherzato con la moglie: "Scendi da sola le scale e dì che ti ho lasciata sola all'altare". Poi i due hanno preso l'ascensore e imboccato l'uscita secondaria evitando i fotografi.
guarda le foto
"Di' che ti ho lasciata sola all'altare"/FotoLa cerimonia in Municipio a Mondolfo, nel Pesarese, dove la compagna è di casa.
Infastidito dai fotografi ("Maestro un paio di...") il cantautore si scioglie dopo il sì
di MARCO MAROZZI
"Buona sera maestro". Il saluto del fotografo è encomiastico. La reazione è ridente ma un poco più popolaresca. "Sì, maestro...". Il resto non importa. Non è stato felicissimo Francesco Guccini di trovarsi in una specie di Mondolfo Boulevard per il suo matrimonio nell'epoca dei 71 anni.
Pensava tutto avvenisse in segreto. L'Ansa ha diffuso la notizia alle 9 di mattina. Lui alle sette di sera è scappato alle feste di foto e di popolo, la gente del luogo se ne è avuta un poco a male. A salvarlo dall'immagine del burbero a tutti i costi, che si spezza ma non si piega, c'era Raffaella, ovvero Raffaella Zuccari, già ragazza bene di Mondolfo, figlia di medico e imprenditrice, professoressa d'italiano, da ieri sera signora Guccini.
Matrimonio gucciniano quello celebrato sulle colline di Pesaro. A Mondolfo, padre nobile della marina Marotta. A sera al bar Centrale, da cui si era potuto osservare prologo e fine della cerimonia (avvenuta nel chiuso della sala di giunta con porta blindata) i commenti ballavano. "A me Guccini mi è sempre piaciuto". "Ma poteva concedersi un minuto". "Ohi, per me è un po' monotematico". Tutti d'accordo su Raffaella. "Bella, sorridente". Il noto femminista Francesco Guccini ha avuto il miglior matrimonio possibile. Lezione amorosa di stile dalla giovane moglie. Atmosfere, facce, versi, squarci, parole di marmo e di popolo che sembrano una sua canzone.
L'ultimo sole batteva sulle pietre di piazza Mario Del Monaco. Il corteo nuziale è stato accolto da striscioni che annunciano la Festa del Magnafava. Il sindaco Pd Pietro Cavallo a giorni va alla rielezione, ma pure lui è scappato da ogni flash e dichiarazione.
La cosa buffa è che forse tanto pudore pubblico è dovuto più al rispetto che il dottor Gian Maria Zuccari, "il medico" di Mondolfo, ha in paese più che al carisma del Maestrone. Da quelle parti lo amano ma le ragazzine ieri chiedevano: "Viene Ligabue?". Giornalisti annoiati giocavano con tutti quelli che hanno o hanno avuto rapporti con Guccini. "Viene Dalla, Morandi, Paolo Conte". Nessuno però tirava come il Liga.
Delusione salvata dall'apparizione splendida di Raffaella. Lei sì da Hollywood Boulevard con garbo. Vestito bianco ma non nuziale, elegante e semplice, bella come le sorelle e le bimbe delle sorelle con i bouquet bianchi. Guccini è entrato dal retro del muncipio, in giubbetto nero da tenebroso. Lei dall'entrata principale, con sfilata di famiglia fra due ali di concittadini plaudenti e orgogliosi. Nessun nome noto, solo Piero Melandri, l'amico più antico di Guccini, roba da bimbi a Pavana, quello di Canzone per Piero. Testimone per lo sposo. Equilibrato per sfuggire da ogni ritorno al passato da Caterina, amica e coetanea della sposa. Francesco per equilibrare le belle di Mondolfo ha potuto contare su Teresa, la figlia. Nata nel 1978, Culodritto nell'album Madame Bovary : "Vola, vola tu, dov'io vorrei volare/ verso un mondo dove è ancora tutto da fare/ e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare".
Lo sposo, teso prima della cerimonia, solo dopo il sì, ha scherzato con la moglie: "Scendi da sola le scale e dì che ti ho lasciata sola all'altare". Poi i due hanno preso l'ascensore e imboccato l'uscita secondaria evitando i fotografi.
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Matrimonio - dal Corriere di Bologna
il matrimonio NEL PAESE DI LEI, NELLE MARCHE
Guccini sposa Raffaella, le nozze a Mondolfo
Il cantautore ha detto «sì» alla donna che gli sta accanto da 15 anni. Per lei abito bianco, lui in jeans e giubbotto .
Il «grande giorno» di Francesco Guccini? In jeans, camicia blu a righe e giubbotto scuro. Si è presentato così, il cantautore 71enne, nel municipio di Mondolfo, nelle Marche, dove nel pomeriggio ha sposato la compagna Raffaella Zuccari, 43 anni. Per lei un abito bianco al ginocchio, con bouquet di tulipani.
IL MATRIMONIO - Il matrimonio, nella sala della giunta del Comune di Mondolfo - città di origine della sposa - è stato celebrato dal sindaco, Pietro Cavallo. Il primo ad arrivare, come da copione, è stato lui, accompagnato dal fratello di lei, il giornalista Jacopo Zuccari: i due - dato l'assembramento di fotografi fuori dal Comune - sono entrati passando da un ingresso laterale. La sposa, scesa da una Porsche, è arrivata a braccetto del padre, il medico pediatra Gianmaria Zuccari. La cerimonia è stata solo per pochi intimi: i familiari stretti e qualche amico. Al termine, i consueti regali agli sposi: per lei un mazzo di fiori, per lui una pergamena con la poesia Sei tu di Paolo Coelho. Poi la coppia è uscita, passando - ancora una volta - da un'uscita secondaria.
NOZZE SEGRETE FINO ALL'ULTIMO - Guccini e signora, insomma, confermano la loro riservatezza. Fino a questa mattina, infatti, era ancora tutto top secret. Un mese fa erano comparse le pubblicazioni a Bologna a Palazzo d'Accursio (visto che Guccini è residente a Bologna, anche se da anni abita a Pavana), ma il cantautore aveva dribblato ogni domanda: «Se mi sposo? Chi lo sa, adesso vediamo», aveva detto.
LA COPPIA - Fino ad oggi, giorno del suo «sì». Il secondo, dopo le prime nozze, nel 1971, con la storica fidanzata di allora, Roberta Baccilieri. Con lei Guccini si separò sei anni dopo, poi arrivò un'altra donna e infine ecco Raffaella: figlia del medico di Mondolfo, dottore di ricerca in letteratura italiana all'università di Bologna e professoressa alle scuole medie di Porretta e Gaggio. Dall'incontro tra la professoressa e il «maestro» sono passati quindici anni: e i due non si sono mai separati.
guarda le foto
Guccini sposa Raffaella, le nozze a Mondolfo
Il cantautore ha detto «sì» alla donna che gli sta accanto da 15 anni. Per lei abito bianco, lui in jeans e giubbotto .
Il «grande giorno» di Francesco Guccini? In jeans, camicia blu a righe e giubbotto scuro. Si è presentato così, il cantautore 71enne, nel municipio di Mondolfo, nelle Marche, dove nel pomeriggio ha sposato la compagna Raffaella Zuccari, 43 anni. Per lei un abito bianco al ginocchio, con bouquet di tulipani.
IL MATRIMONIO - Il matrimonio, nella sala della giunta del Comune di Mondolfo - città di origine della sposa - è stato celebrato dal sindaco, Pietro Cavallo. Il primo ad arrivare, come da copione, è stato lui, accompagnato dal fratello di lei, il giornalista Jacopo Zuccari: i due - dato l'assembramento di fotografi fuori dal Comune - sono entrati passando da un ingresso laterale. La sposa, scesa da una Porsche, è arrivata a braccetto del padre, il medico pediatra Gianmaria Zuccari. La cerimonia è stata solo per pochi intimi: i familiari stretti e qualche amico. Al termine, i consueti regali agli sposi: per lei un mazzo di fiori, per lui una pergamena con la poesia Sei tu di Paolo Coelho. Poi la coppia è uscita, passando - ancora una volta - da un'uscita secondaria.
NOZZE SEGRETE FINO ALL'ULTIMO - Guccini e signora, insomma, confermano la loro riservatezza. Fino a questa mattina, infatti, era ancora tutto top secret. Un mese fa erano comparse le pubblicazioni a Bologna a Palazzo d'Accursio (visto che Guccini è residente a Bologna, anche se da anni abita a Pavana), ma il cantautore aveva dribblato ogni domanda: «Se mi sposo? Chi lo sa, adesso vediamo», aveva detto.
LA COPPIA - Fino ad oggi, giorno del suo «sì». Il secondo, dopo le prime nozze, nel 1971, con la storica fidanzata di allora, Roberta Baccilieri. Con lei Guccini si separò sei anni dopo, poi arrivò un'altra donna e infine ecco Raffaella: figlia del medico di Mondolfo, dottore di ricerca in letteratura italiana all'università di Bologna e professoressa alle scuole medie di Porretta e Gaggio. Dall'incontro tra la professoressa e il «maestro» sono passati quindici anni: e i due non si sono mai separati.
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giovedì 21 aprile 2011
lunedì 18 aprile 2011
Anche per Teresa Guccini non ci sono più le osterie di una volta.
Da "Il fatto quotidiano" di Bologna del 9 aprile 2011
Una Bologna che muore
Bologna io me la ricordo com’era una volta. Ho avuto la fortuna-sfortuna di viverla in maniera tangente. La fortuna di vedere un universo oramai mitizzato che non esiste più, la sfortuna di provarne nostalgia e di non vedere un reale passaggio di testimone con i ragazzi della mia generazione.
A Bologna c’erano le osterie. Ricordo le Dame e Vito. Ricordo le serate intrise di fumo a coprire tutto come una coltre; perché allora si poteva ancora fumare. Si bighellonava fino a tarda notte, si giocava a carte e si cantava, poi erano solo vino e discussioni e politica.
Ricordo tutti questi volti che ho poi imparato a collocare tra le persone famose ma il ricordo è sfumato perché io ero bambina. Ricordo quando per la prima volta mi sono resa conto del concetto di famoso. Per me erano solo volti consueti o amici di casa, poi ho capito che erano anche qualcosa di diverso. A sera, salivo sulle ginocchia di qualcuno e si provava a cantare, oppure ascoltavo quelle voci, quei suoni, quelle atmosfere confuse e cercavo di ridere anch’io di battute e discorsi che non afferravo fino in fondo. Ma chissà perché quei grandi ridevano così tanto? E chissà per cosa.
E poi quel frate. Quell’uomo sempre sorridente che doveva stare in chiesa, mica lì con quella strana tunica a quelle serate. Che strano. Chissà cosa ci faceva un frate in osteria fino a tarda notte; mi chiedevo: “Babbo che ci fa un prete in osteria?” “Ci lavora”, mi rispondeva mio padre tranquillo. Ma non ero mai del tutto convinta.
E poi gli scherzi e tanti. Era una Bologna goliardica e profonda. Da quelle notti nascevano canzoni, fumetti e libri. Ma lo avrei imparato solo molto più tardi, quando ho collegato che tutto il mondo che faceva parte della mia vita d’infanzia era qualcosa di più. Era un momento sociale preciso e importante, un movimento quasi, un passaggio di un’epoca culturale. Ma per me, allora, e in parte ancora oggi, erano solo voci e momenti destinati a spegnersi sempre in maniera soffusa, a poco a poco, quando gli occhi non reggevano più la stanchezza e il sonno cancellava ogni cosa.
A Bologna esisteva ancora un mondo che adesso sta morendo. I negozietti di quartiere: latteria, macellaio e panettiere ad ogni isolato, gli anziani in bicicletta con le mollette ai pantaloni e il pollaio nei giardini dietro casa. La mattina si sentiva ancora il gallo nei giardini delle case operaie di primi novecento della Cirenaica. Un mondo antico che resisteva ancora, nascosto ma non troppo, agli inizi degli anni Ottanta. Al bar Roberta, dietro casa, mi regalavano ancora la spuma. Che gioia! Quella bibita giallo fluorescente e frizzosa. Come le caramelle pillichine, come le chiamavo io. Ve le ricordate? Si mettevano in bocca e venivano i brividi dappertutto.
A Bologna si poteva arrivare in macchina in Piazza Maggiore e posso davvero giurarlo perché ho il netto ricordo di un’alba vista dalla R4 dei miei genitori. Si partiva con il pullman dalla piazza. Adesso si rischierebbe di essere arrestati.
A Bologna oggi è arrivata la primavera. E quello non è mutato. E’ rimasto uguale. Quell’odore inconfondibile che solo un vero bolognese riconosce. Non è un’aroma definito o distinguibile, è un insieme calibrato di erba tagliata, di ozono e di fiori. Un insieme elettrico che avvolge tutto e ti obbliga a uscire di casa, a saltare in sella al motorino e ad andare sui colli a prendere il sole e a mangiare una tigella Dal Nonno o a bere un bicchiere di vino all’Osteria del Sole verso sera, con gli amici di sempre, prima che cali la luce.
Una Bologna che muore
Bologna io me la ricordo com’era una volta. Ho avuto la fortuna-sfortuna di viverla in maniera tangente. La fortuna di vedere un universo oramai mitizzato che non esiste più, la sfortuna di provarne nostalgia e di non vedere un reale passaggio di testimone con i ragazzi della mia generazione.
A Bologna c’erano le osterie. Ricordo le Dame e Vito. Ricordo le serate intrise di fumo a coprire tutto come una coltre; perché allora si poteva ancora fumare. Si bighellonava fino a tarda notte, si giocava a carte e si cantava, poi erano solo vino e discussioni e politica.
Ricordo tutti questi volti che ho poi imparato a collocare tra le persone famose ma il ricordo è sfumato perché io ero bambina. Ricordo quando per la prima volta mi sono resa conto del concetto di famoso. Per me erano solo volti consueti o amici di casa, poi ho capito che erano anche qualcosa di diverso. A sera, salivo sulle ginocchia di qualcuno e si provava a cantare, oppure ascoltavo quelle voci, quei suoni, quelle atmosfere confuse e cercavo di ridere anch’io di battute e discorsi che non afferravo fino in fondo. Ma chissà perché quei grandi ridevano così tanto? E chissà per cosa.
E poi quel frate. Quell’uomo sempre sorridente che doveva stare in chiesa, mica lì con quella strana tunica a quelle serate. Che strano. Chissà cosa ci faceva un frate in osteria fino a tarda notte; mi chiedevo: “Babbo che ci fa un prete in osteria?” “Ci lavora”, mi rispondeva mio padre tranquillo. Ma non ero mai del tutto convinta.
E poi gli scherzi e tanti. Era una Bologna goliardica e profonda. Da quelle notti nascevano canzoni, fumetti e libri. Ma lo avrei imparato solo molto più tardi, quando ho collegato che tutto il mondo che faceva parte della mia vita d’infanzia era qualcosa di più. Era un momento sociale preciso e importante, un movimento quasi, un passaggio di un’epoca culturale. Ma per me, allora, e in parte ancora oggi, erano solo voci e momenti destinati a spegnersi sempre in maniera soffusa, a poco a poco, quando gli occhi non reggevano più la stanchezza e il sonno cancellava ogni cosa.
A Bologna esisteva ancora un mondo che adesso sta morendo. I negozietti di quartiere: latteria, macellaio e panettiere ad ogni isolato, gli anziani in bicicletta con le mollette ai pantaloni e il pollaio nei giardini dietro casa. La mattina si sentiva ancora il gallo nei giardini delle case operaie di primi novecento della Cirenaica. Un mondo antico che resisteva ancora, nascosto ma non troppo, agli inizi degli anni Ottanta. Al bar Roberta, dietro casa, mi regalavano ancora la spuma. Che gioia! Quella bibita giallo fluorescente e frizzosa. Come le caramelle pillichine, come le chiamavo io. Ve le ricordate? Si mettevano in bocca e venivano i brividi dappertutto.
A Bologna si poteva arrivare in macchina in Piazza Maggiore e posso davvero giurarlo perché ho il netto ricordo di un’alba vista dalla R4 dei miei genitori. Si partiva con il pullman dalla piazza. Adesso si rischierebbe di essere arrestati.
A Bologna oggi è arrivata la primavera. E quello non è mutato. E’ rimasto uguale. Quell’odore inconfondibile che solo un vero bolognese riconosce. Non è un’aroma definito o distinguibile, è un insieme calibrato di erba tagliata, di ozono e di fiori. Un insieme elettrico che avvolge tutto e ti obbliga a uscire di casa, a saltare in sella al motorino e ad andare sui colli a prendere il sole e a mangiare una tigella Dal Nonno o a bere un bicchiere di vino all’Osteria del Sole verso sera, con gli amici di sempre, prima che cali la luce.
giovedì 14 aprile 2011
Non poeta, ma RAPSODO
Stefano Rotta Gazzetta di Parma, 6 aprile 2011
Lo dice quasi spaventato, con il rispetto che si prova per una cosa più grande di sé: «Non sono un poeta». Francesco Guccini è un rapsodo: o così l’avrebbero chiamato i greci, amanti di versi viandanti, veri, forti e per niente istituzionali. La chiacchierata per presentare il concerto del 14 aprile, parte da qui: dalle isole ioniche, da Itaca, dalle avventure di sale e sole narrate da Omero.
Lei ha scritto «Odysseus», ritratto di un eroe acheo ribattezzato dai romani Ulisse. Un florilegio di citazioni letterarie, ma anche la storia di un uomo vero e un poeta cieco, guardati dritti negli occhi. Chi oggi è Odysseus?
«Di gente che parte ce n'è ancora. Avventure estreme, esplorazioni strane, per oceani a remi o alla scoperta di nuovi camminamenti montani. Ma l’Odissea è una gigantesca metafora. E’ il cercare qualcosa in più. Spingersi oltre. Anche nella vita quotidiana, che spesso ricalca il mito»
Gli accenni all’«anima contadina», all’«isola petrosa», il verso «il vino e l’olio erano i miei ori», riportano a un mondo che forse lei ha ritrovato in Appennino. Racconti...
«Ho scelto di vivere nelle montagne che mi hanno visto bambino. E’ una vita profondamente diversa da quella della città. Meno caos, rumori, velocità. Ma soprattutto ci si saluta, anche fra sconosciuti. Ognuno qui ha la sua fetta di Appennino, un fiume, un monte, un bosco... ».
Appennino e Resistenza. Cosa vuol dire oggi esser partigiano?
«Cercare di opporsi a chi sta distruggendo quanto fatto dai padri. Un’Italia democratica e libera. Per esempio, difendere la Costituzione»
Appennino ed emigrazione. Perché talvolta non ci si dimostra pronti ad accogliere?
«L'uomo, non tutti per carità, guarda pochi metri accanto a sé. E si scorda presto. La storia è maestra di pochi. Insegna poco davvero, a noi italiani. Siamo partiti con le pezze al culo, e adesso ci dimentichiamo che chi viene qui ha la stessa faccia di noi cento anni fa. Ecco, Odysseus su questo avrebbe qualcosa da dire»
La Locomotiva. Una canzone che va fatta per forza, o la sente ancora?
«Tutt'e due. Certo, se la cantassi da solo in casa sarei un matto. Ma vedere tanta gente in piedi: è un pezzo che ha bisogno del pubblico come spalla. Ci vuole simbiosi»
Che effetto fa vedere ragazzi, di mezzo secolo più giovani di lei, che la cantano, al di là delle idee politiche?
(Si imbarazza, e poi dice) «Certe cose rimangono, se Dio vuole. I poeti si leggono dopo secoli. Io non sono un poeta, forse non arriverò ai prossimi secoli (sorride, ndr). Prima o poi si smetterà di cantare la Locomotiva. Ma che bello, vedere questi ragazzi con i telefonini, i computer, un nuovo linguaggio, che cantano quelle parole...»
Dov'è la poesia nel 2011?
«Domanda curiosa. Non so dove stia di casa. La poesia parte da dentro di sé. Fuori dalla finestra si sta risvegliando il torrente dall’inverno. Ma anche i muri vecchi e sporchi di una città, possono essere poetici, se negli occhi c'è poesia che guarda».
Altro verso mitico. «Piccola città, bastardo posto». E’ Modena, negli anni Cinquanta. Va bene pure per Parma?
«Non la conosco bene, non posso dirlo. Nella mia fantasia, Parma è sempre stata una città elegante, con persone che girano... (cerca le parole, non ne trova, decida il lettore come girano i personaggi di Parma nella fantasia di Guccini, ndr). Sì, se ci fossi stato allora, sarebbe interessante il paragone».
Come sarà il concerto?
«Niente note particolari. Spero ci sia pubblico, si riempiano le sedie. E’ una spalla indispensabile».
lunedì 11 aprile 2011
Guccini ad Ancona 8 aprile 2011
"Sono anconetano, ed ho comprato una villa ad Ancona!" Si presenta così sul palco del PalaRossini Francesco, parodiando lo stile del PresDelCons. E poi prosegue: "Ruby Rubacuori? Ma che nome è? E' come se Rocco Siffredi si presentasse come 'Galeazzo Granbelmazzo'!"
Palasport strapieno, erano in cinquemila ad ascoltarlo, tutto completo!
Palasport strapieno, erano in cinquemila ad ascoltarlo, tutto completo!
venerdì 8 aprile 2011
Sabato a Porretta apre Gomma Bicromata
Francesco Guccini dedica una poesia alla nuova galleria d'arte Gomma Bicromata che apre sabato e brinda a un nuovo ritrovo per biasanòt (tiratardi) dove si potrà "fare quattro chiacchiere, giocare a carte, bere vino buono". Per Guccini, che ormai da anni si è trasferito a Pavana, la galleria Gomma Bicromata ha un pregio in più: è a Porretta, aperta tutto l'anno, per l'incredulità del cantautore "Una galleria d'arte? A Porretta? Aperta tutto l'anno? Allora arrivederci in galleria!". Sabato 9 aprile alle 17 l'inaugurazione dello spazio voluto da Paolo Rippoliti, che ha allestito un piano della sua casa per ospitare opere di Pirro Cuniberti, Adriano Avanzolini, Maurizio Osti, Concetto Pozzati. La mostra "Quando l'arte va alla montagna" rimarrà aperta tutti i giorni dalle 17 alle 20 fino al 25 aprile. Per chi non ama l'arte, comunque un posto con "sedie e tavolini per stare assieme", come scrive Guccini, lontano dal centro di Bologna ma vicino allo spirito delle notti bolognesi care al cantore di via Paolo Fabbri - Repubblica 8 aprile 2011 articolo di ELEONORA CAPELLI
venerdì 1 aprile 2011
Sgumbei!
Nella Sala dello Stabat Mater all`Archiginnasio di Bologna,
mercoledì 20 aprile 2011, alle 17,30, Loriano Macchiavelli,
accompagnato dall'inseparabile Francesco Guccini, presenta
il suo libro "Sgumbei, I segrêt dla Zitè" interamente tradotto
in dialetto bolognese.
mercoledì 20 aprile 2011, alle 17,30, Loriano Macchiavelli,
accompagnato dall'inseparabile Francesco Guccini, presenta
il suo libro "Sgumbei, I segrêt dla Zitè" interamente tradotto
in dialetto bolognese.
Culodritto commemora Bonvi.
Il Fatto Quotidiano - Emilia Romagna - 31 marzo 2011 - di Teresa Guccini
Un grande giornalista vive nei rimandi. Il suo nome si perde, resta quel che ha insegnato, seminato. E’ giusto che sia così. Ricordiamo Biagi e Montanelli e per quanto? e poi?
La stessa cosa succede per chi di fumetti è vissuto. Lascia una nuvola, un baloon e se è fortunato allievi che producono allievi che producono allievi che non sanno da dove sono partiti. Oggi Bonvi avrebbe compiuto 70 anni. I giovani di oggi erano bambini quando il 10 dicembre 1995 è stato ucciso da una macchina guidata da un ubriaco. Lui che come il suo amico Hugo Pratt aveva la cirrosi dietro l’angolo.
Bonvi è le Sturmtruppen, Nick Carter, Cattivik, per i ragazzi degli anni 80 è Gulp Fumetti in tv. Sono i soldati tedeschi antinascisti, le prime strip su un quotidiano italiano. Paese Sera le pubblica nel novembre del ‘68. Primo giornale in Italia con una striscia di fumetti. L’anno dopo l’Ora di Palermo. Sinistra all’avanguardia e da un pezzo defunta.
Bonvi, ovvero Franco Bonvicini, geometra, nato a Modena, vissuto a Bologna, lo seppellirono mentre risuonava No, Je Ne Regrette Rien. Edith Piaf cantava dal mangianastri portato alla Certosa da Guido De Maria, il vate di Bonvi nel mondo dei cartoni, uomo di tv e pubblicità, che all’allievo fino al 2 giugno dedica due mostre a Carpi. Cadeva la neve, i figli di Bonvi facevano a palle di neve con gli amici, da una parte all’altra della fossa. Sofia ora è architetto, Francesco compie 22 anni. Addio a un ’68 folle, gioioso, anche intristito. Quell’anno Guccini aveva appena inciso Folk Beat n.1, primo disco, a ottobre Bonvi disegna i soldatini tedeschi e non nazisti delle Sturmtruppen.
C’erano tutti, tutti parlarono dal pulpito, da padre Michele Casali del Centro San Domenico a Francesco Guccini a Massimo Valerio Manfredi a Guido Silvestri, Silver, già giovane di studio di Bonvi che gli regalò come liquidazione l’idea di Lupo Alberto. Sembrava Alice’s Restaurant di Arthur Penn, il padre di Sean, regista di film di ribellioni diverse, da Bonny and Clyde a Il piccolo grande uomo.
Bonvi, cresciuto con Guccini, ha venduto milioni di album nel mondo ed è il racconto di un’Emilia rossa che si è persa per strada. Agli inizi degli anni Settanta ha vinto il Prix Saint-Michel a Bruxelles come migliore disegnatore europeo. Un suo amico, ultimo compagno di vita, morto poco dopo di lui, Magnus, Roberto Raviola, creatore di Satanik, Kriminal, Alan Ford, è uno dei pochi italiani al Musée de la bande dessinée a Angoulême, il più importante museo di illustrazioni al mondo. Bologna ha dimenticato nascita e morte. Niente di niente.
Un altro disegnatore meraviglioso, Vittorio Giardino, celebrato in Europa, esposto nei musei, ha casa ignota a San Lazzaro: è uno degli italiani che hanno vinto dovunque, compreso al Festival di Angoulême, Oscar o Cannes della categoria. Ad Angoulême quest’anno ha battuto tutti la graphic novel Cinquemila chilometri al secondo, ocra, rosso, giallo, sembra una Bologna da incubo, autore è Manuele Fior, cesenate, adolescenza da queste parti, vita a Parigi, pubblicazione con la bolognese Coconino. Ricordato quanto i defunti, da una terra che dovrebbe usarlo come monumento.
Speriamo che si faccia qualcosa per Andrea Pazienza, altro bolognese per scelta, che il 23 maggio avrebbe compiuto 55 anni. Non è rimpianto, non deve essere nostalgia, può essere ragionare su come si manda avanti una città, nelle piccole e grandi cose. Modena il 25 giugno celebrerà Bonvi con un Bonvi Parken in una bella, verde zona centrale, mostre sue e di giovani disegnatori, feste di piazza con Guccini e compagnia cantante.
Parlare di un fumettaro morto, vecchio, è il tentativo di parlare ai eredi fumettari vivi, giovani. Case come Alessandro, Krazy Kat e Comma22 operano da anni a livello internazionale nel campo dell´illustrazione e del fumetto. Tra le “nuvole parlanti” e Bologna esiste una trama di relazioni molto fitta.
Storia antica. L’ha aperta Apocalittici e integrati, dato alle stampe dal professore di Semiotica Umberto Eco a metà anni Sessanta, applicando a Superman, a Charlie Brown o a Steve Canyon gli strumenti di indagine in uso presso la Cultura Alta. Sono i fumetti del ’68, poi quelli del ’77, fra Radio Alice, Andrea Pazienza, proveniente dalla Puglia per studiare al DAMS, e del suo amico Filippo Scòzzari, da Rimini. Insieme, dall’appartamento che condividono in Via Clavature, sede della loro “Traumfabrik Productions”, lavoreranno alle riviste romane “Cannibale” e a “Frigidaire”, oltre che alla milanese “Alter”.
E’ la Bologna del Fumetto, famosa in Italia, in Europa, forse nel mondo. Ha proposto associazioni culturali come Hamelin, che dal 2001 organizza “bilBOlbul” progetto ad ampio raggio con lezioni di storia del fumetto, incontri con autori, presentazioni di libri, mostre. Attorno c’è un mondo giovane ricco e diffuso, basta vedere le file alle mostre in Palazzo Comunale per la Fiera degli Illustratori.
Peccato però che gli aspiranti amministratori, di qualsiasi colore, sappiano solo parlare di calcio sbagliando citazioni, di universiadi sbagliando date e sognando affari impossibili, di progetti di cenetificazione. Senza sapere nulla di una riccaBolognapovera.
Un grande giornalista vive nei rimandi. Il suo nome si perde, resta quel che ha insegnato, seminato. E’ giusto che sia così. Ricordiamo Biagi e Montanelli e per quanto? e poi?
La stessa cosa succede per chi di fumetti è vissuto. Lascia una nuvola, un baloon e se è fortunato allievi che producono allievi che producono allievi che non sanno da dove sono partiti. Oggi Bonvi avrebbe compiuto 70 anni. I giovani di oggi erano bambini quando il 10 dicembre 1995 è stato ucciso da una macchina guidata da un ubriaco. Lui che come il suo amico Hugo Pratt aveva la cirrosi dietro l’angolo.
Bonvi è le Sturmtruppen, Nick Carter, Cattivik, per i ragazzi degli anni 80 è Gulp Fumetti in tv. Sono i soldati tedeschi antinascisti, le prime strip su un quotidiano italiano. Paese Sera le pubblica nel novembre del ‘68. Primo giornale in Italia con una striscia di fumetti. L’anno dopo l’Ora di Palermo. Sinistra all’avanguardia e da un pezzo defunta.
Bonvi, ovvero Franco Bonvicini, geometra, nato a Modena, vissuto a Bologna, lo seppellirono mentre risuonava No, Je Ne Regrette Rien. Edith Piaf cantava dal mangianastri portato alla Certosa da Guido De Maria, il vate di Bonvi nel mondo dei cartoni, uomo di tv e pubblicità, che all’allievo fino al 2 giugno dedica due mostre a Carpi. Cadeva la neve, i figli di Bonvi facevano a palle di neve con gli amici, da una parte all’altra della fossa. Sofia ora è architetto, Francesco compie 22 anni. Addio a un ’68 folle, gioioso, anche intristito. Quell’anno Guccini aveva appena inciso Folk Beat n.1, primo disco, a ottobre Bonvi disegna i soldatini tedeschi e non nazisti delle Sturmtruppen.
C’erano tutti, tutti parlarono dal pulpito, da padre Michele Casali del Centro San Domenico a Francesco Guccini a Massimo Valerio Manfredi a Guido Silvestri, Silver, già giovane di studio di Bonvi che gli regalò come liquidazione l’idea di Lupo Alberto. Sembrava Alice’s Restaurant di Arthur Penn, il padre di Sean, regista di film di ribellioni diverse, da Bonny and Clyde a Il piccolo grande uomo.
Bonvi, cresciuto con Guccini, ha venduto milioni di album nel mondo ed è il racconto di un’Emilia rossa che si è persa per strada. Agli inizi degli anni Settanta ha vinto il Prix Saint-Michel a Bruxelles come migliore disegnatore europeo. Un suo amico, ultimo compagno di vita, morto poco dopo di lui, Magnus, Roberto Raviola, creatore di Satanik, Kriminal, Alan Ford, è uno dei pochi italiani al Musée de la bande dessinée a Angoulême, il più importante museo di illustrazioni al mondo. Bologna ha dimenticato nascita e morte. Niente di niente.
Un altro disegnatore meraviglioso, Vittorio Giardino, celebrato in Europa, esposto nei musei, ha casa ignota a San Lazzaro: è uno degli italiani che hanno vinto dovunque, compreso al Festival di Angoulême, Oscar o Cannes della categoria. Ad Angoulême quest’anno ha battuto tutti la graphic novel Cinquemila chilometri al secondo, ocra, rosso, giallo, sembra una Bologna da incubo, autore è Manuele Fior, cesenate, adolescenza da queste parti, vita a Parigi, pubblicazione con la bolognese Coconino. Ricordato quanto i defunti, da una terra che dovrebbe usarlo come monumento.
Speriamo che si faccia qualcosa per Andrea Pazienza, altro bolognese per scelta, che il 23 maggio avrebbe compiuto 55 anni. Non è rimpianto, non deve essere nostalgia, può essere ragionare su come si manda avanti una città, nelle piccole e grandi cose. Modena il 25 giugno celebrerà Bonvi con un Bonvi Parken in una bella, verde zona centrale, mostre sue e di giovani disegnatori, feste di piazza con Guccini e compagnia cantante.
Parlare di un fumettaro morto, vecchio, è il tentativo di parlare ai eredi fumettari vivi, giovani. Case come Alessandro, Krazy Kat e Comma22 operano da anni a livello internazionale nel campo dell´illustrazione e del fumetto. Tra le “nuvole parlanti” e Bologna esiste una trama di relazioni molto fitta.
Storia antica. L’ha aperta Apocalittici e integrati, dato alle stampe dal professore di Semiotica Umberto Eco a metà anni Sessanta, applicando a Superman, a Charlie Brown o a Steve Canyon gli strumenti di indagine in uso presso la Cultura Alta. Sono i fumetti del ’68, poi quelli del ’77, fra Radio Alice, Andrea Pazienza, proveniente dalla Puglia per studiare al DAMS, e del suo amico Filippo Scòzzari, da Rimini. Insieme, dall’appartamento che condividono in Via Clavature, sede della loro “Traumfabrik Productions”, lavoreranno alle riviste romane “Cannibale” e a “Frigidaire”, oltre che alla milanese “Alter”.
E’ la Bologna del Fumetto, famosa in Italia, in Europa, forse nel mondo. Ha proposto associazioni culturali come Hamelin, che dal 2001 organizza “bilBOlbul” progetto ad ampio raggio con lezioni di storia del fumetto, incontri con autori, presentazioni di libri, mostre. Attorno c’è un mondo giovane ricco e diffuso, basta vedere le file alle mostre in Palazzo Comunale per la Fiera degli Illustratori.
Peccato però che gli aspiranti amministratori, di qualsiasi colore, sappiano solo parlare di calcio sbagliando citazioni, di universiadi sbagliando date e sognando affari impossibili, di progetti di cenetificazione. Senza sapere nulla di una riccaBolognapovera.
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