mercoledì 23 dicembre 2009

"Non so che viso avesse" nuovo libro a febbraio

Finalmente! Sta per uscire il travagliato libro-biografia scritto con l'amico-poeta-modenese-professor Alberto Bertoni


Dal Corriere di oggi - Francesca Blesio


libro in uscita a febbraio
Il vecchio e il bambino, Guccini si racconta
L'autobiografia del cantautore: l'infanzia, le osterie, le canzoni, la maturità
Per ora ci sono solo le bozze. Ma a febbraio la vita di Francesco Guccini sarà in tutte le librerie. Giusto quattro mesi prima del suo settantesimo compleanno, il cantautore di Pavana uscirà con un nuovo romanzo. E non avrà nulla a che vedere con il filone inaugurato da «Cronache Epifaniche» o i gialli scritti a braccetto con Loriano Macchiavelli. Sarà la sua autobiografia. E il titolo scelto per il racconto dei suoi primi settant’anni è «Non so che viso avesse», l’incipit della Locomotiva, una delle canzoni più famose e più calde del suo repertorio. Sarà edito da Mondadori e dovrebbe contare circa 240 pagine. Una sorta di «Meridiano» gucciniano, vista la mole dell’opera e l’approfondimento letterario presente nel testo.

A QUATTRO MANI - Non si tratterà di un racconto in prima persona che parte dall’inizio di tutto e si conclude con il presente, in linea con il più classico genere autobiografico, ma si svilupperà in due parti. La prima sarà scritta da Francesco Guccini in persona, che per l’occasione — raccontano gli amici — si è finalmente deciso a comprare un computer nuovo. La seconda è stata affidata ad Alberto Bertoni, modenese e poeta come il «Maestro», e professore di Letteratura italiana contemporanea dell’Alma Mater.

I LUOGHI - La parte scritta da Guccini procede per luoghi. E i luoghi sono quelli delle osterie, dei concerti, degli Appennini, e via dicendo. Pavana, il suo paese, dovrebbe avere un capitolo tutto per sé. «Il posto dove impari a parlare, a camminare, a fare le prime cose della vita, insomma, è – a detta dello stesso Guccini - quello che ti segna per la vita». Ecco che il paesino dove il cantautore ha vissuto i primissimi anni della sua vita e che ha scelto nella maturità per allontanarsi dal caos di Bologna, diventa uno dei luoghi privilegiati nei quali leggere della sua storia. Ma anche le osterie, quelle che «sono ancora aperte come un tempo» ma che in alcuni casi «la gente che ci andava a bere fuori e dentro è tutta morta», avranno le loro pagine. Sarà citato «Vito» e probabilmente il «Moretto», nelle cui sale frequentate allora da diversi artisti, tra i quali Andrea Pazienza, nacque la mitica «Canzone delle Osterie di fuori porta». L’ispirazione arrivò da lì, e da quei concerti improvvisati nella notte tra una risata e un bicchiere di rosso. In «Non so che viso avesse», titolo provvisorio ma fortemente indiziato a finire sulla copertina del libro, ci sarà tutto Guccini. Da Modena a Pavana, passando per Bologna, la «vecchia signora coi fianchi un po’ molli».

LE CANZONI - E dai libri alle canzoni, quelle che ancora oggi portano i palasport a riempirsi fino a scoppiare e uniscono tre generazioni come minimo. Bisogna andare indietro nel tempo per ricordare l’inizio di tutto. Era il 1967 quando il giovane Francesco esordiva in veste di autore al Festival di Sanremo con «Una storia d’amore». Nello stesso anno usciva il suo primo disco: «Folk Beat n.1». Ma il successo vero arrivò nel ’72 con «Radici», l’album in cui si trova l’immortale «Il vecchio e il bambino». Ed esplose con l’ellepi che ha il nome del suo indirizzo alla Cirenaica: «Via Paolo Fabbri 43». Con i dischi sono arrivate anche le parole prive di accompagnamento musicale. È del 1989 «Cronache Epifaniche», il primo libro della sua carriera di romanziere. «Arrivato alla mia età, so che gli anni che mi rimangono sono meno di quelli già andati, per cui mi tengo stretto il mio mondo e continuo a raccontarlo», diceva qualche tempo fa. E se Guccini si è concentrato sui «suoi» luoghi, Bertoni, nella seconda parte del libro, ha scritto della vita del «Maestro» attraverso le sue canzoni, ovviamente riportandone i passi più significativi e analizzandone i versi. Il libro verrà dato alle stampe dopo mesi e mesi di lavoro e diversi cambi di rotta. Le bozze (ora in mano all’editor Beppe Cottafavi) sono pronte e l’uscita è attesa per febbraio. «Mi limito a raccontare la vita attraverso i paradossi della mia esistenza», dichiarò una volta Guccini. E tra due mesi ci sarà la sua vita da leggere. Paradossi compresi.

martedì 22 dicembre 2009

"Bisognava volare..." a 30 anni dalle "5 anatre"

Francesco con barba e camicia castrista canta nel 79 una delle canzoni più bistrattata del suo reportorio, amata però da quelli di destra, che si vedevano come precari volatili sulla gelida taigà.


domenica 20 dicembre 2009

Quei cinema dai nebbioni atomici

Guccini attore per Pieraccioni:
psicologo sul set, un divertimento
«Mi rivedo con imbarazzo ma il cinema è sempre stata la mia passione» - Intervista del Corriere

ROMA — «Con Leonardo ho fatto tre comparsate, o camei come si dice. Presi­de in Ti amo in tutte le lingue del mondo , regista di una scalcagnata compagnia di musical in Una moglie bellissima. E ora psicologo in Io & Marilyn ». Leonardo è Pieraccioni e chi parla è Francesco Guccini, 70 anni a giugno, storico cantastorie. Ma forse biso­gna mettere il trattino e aggiungere atto­re. «L’ho fatto anche in Radiofreccia di Li­gabue, in un film di Enzo Monteleone fa­cevo il padre di Stefano Accorsi, poi in uno di Benni dove c’erano Dario Fo e Pao­lo Rossi. Sempre comparsate, intendia­moci. Pieraccioni venne a sentire un mio concerto a Firenze e dopo mi chiese di re­citare. Accettai per divertimento».

Conosceva Pieraccioni? «Avevo visto gli altri suoi film: diver­tenti, ben confezionati. Leonardo non so­gna di essere Bergman».

Cosa le dice prima del ciak? «Niente, chi sta sul palco è già un po’ attore. Spero di essere all’altezza. Se mi rivedo? Sì ma con grande imbarazzo».


Se le offrissero un ruolo da prota­gonista? «Oddio, bisogna vedere... Ma il cine­ma è scomodo, è lento, bisogna star lì ad aspettare, per pochi giorni va bene».

Va al cinema? «Molto meno da quando mi sono tra­sferito in montagna, sugli Appennini, nel paesino dei miei. Quando ci venivo d’estate, un mio parente gestiva una spe­cie di arena con gli altoparlanti, le pellico­le rigatissime, pioveva sempre. A Bolo­gna li vedevo un po’ tutti, i western, Felli­ni. In sala si fumava e c’erano dei nebbio­ni atomici, poi si entrava che lo spettaco­lo era già cominciato e si diceva: Ecco, siamo arrivati qua . Un amico di monta­gna era fissato: tu che abiti in città, a Bo­logna, chissà quanti film vedi. Ma io non ero di famiglia ricca e allora i film li in­ventavo, li giravo nella mia testa, traduce­vo dei libri come film che raccontavo agli amici » .

Lei ha detto che fu un film a indi­rizzarle la vita... «Ah sì, un film con gruppetti america­ni che facevano rock’n’roll anni ’50, c’era un gara, chi vinceva andava a suonare per le scout-girls. Noi non è che avessi­mo tante ragazze...».

Pieraccioni si circonda di belle at­trici... «Quando giro io però non ci sono mai » .

C’è chi dice che il regista toscano fa sempre lo stesso film. «Lo dicono anche a me che rifaccio sempre la stessa canzone. No, piuttosto Leonardo ha tirato fuori una vena malin­conica e di tristezza. Se leggi i suoi rac­conti finiscono tutti male. Nella vita è davvero simpatico, divertente».

E Ligabue come regista? «Buono. Aveva una specie di Virgilio che gli faceva da assistente e lo indirizza­va, ma è meticoloso e si è dato da fare».

Lei nella commedia di Pieraccioni fa lo strizzacervelli: se dovesse ana­lizzare qualcuno nello spettacolo? «Andrei da una rockstar tipo Madon­na. Fanno delle richieste assurde: nei ca­merini voglio dieci asciugamani ver­di. Io quando vado in Toscana ho degli amici del Monte Amiata che mi portano porchetta e for­maggio. In America la compe­tizione dev’essere fortissima e chi emerge si sente sciol­to da ogni regola. Ci sono artisti che diventano co­me i poeti maledetti francesi dell’800, le dro­ghe e dissociazioni con­tinue. I gestori degli al­berghi sono terrorizzati quando arrivano i cantan­ti » .

In una scena Pieraccio­ni evoca Marilyn durante una seduta spiritica... «Io chiamerei un mio prozio che an­dò a fare il minatore in Usa; o Michael Jackson, circondato da centinaia di perso­ne che gli stravolgono la vita. Che vita in­fernale deve aver fatto».

Com’era la Rimini di Fellini vista da Bologna? « Amarcord è un capolavoro anche se il mio preferito è La grande guerra di Mo­nicelli. Ci sono molte differenze tra l’Emi­lia e la Romagna. I romagnoli sono i meri­dionali del Nord, ciarlieri, di cuore, attac­cabrighe, amano la buona tavola. Però an­che lì ci sono differenze tra romagnoli di terra e di mare».

Lei aveva promesso un cd nuovo... «Ho scritto tre canzoni nuo­ve, ne riparliamo quando arrivo a sette».

Perdoni: si considera un sopravvissuto? «No, perché? Per alcuni sem­bra che abbia scritto solo La lo­comotiva . Sono di sinistra come lo ero anni fa. Ma non mi considero un autore politico, anzi sono più intimi­sta- esistenzialista, anche se uno che par­la di se stesso, con le opinioni che ha, ca­de in un vizio politico».

Caetano Veloso ha dedicato un brano a Antonioni. Mai scritto per un cineasta? «No. Ma ho collaborato con Gian Pie­ro Alloisio che ne ha dedicate due: una, ironica, si chiama Dovevo fare del cine­ma . E l’altra a Marilyn che, guarda caso, è la musa del film di Pieraccioni».

L’ultimo film che ha visto? «Risale a parecchio fa. Al cinema vado su spinta della mia compagna che mi por­ta a vedere Harry Potter, i vampiri. Io le dico: visto uno visti tutti. Infatti agli ulti­mi c’è andata da sola».

Valerio Cappelli
20 dicembre 2009

venerdì 18 dicembre 2009

"Io e Marilyn" delude la critica, ma gli attori.....

"Probabilmente l’ultimo Pieraccioni deluderà molti, anche come performance recitativa. Degne di nota le interpretazioni dei due Francesco: Pannofino e Guccini, e buon esordio per la ventenne Marta Gastini, giovane attrice per la quale la pellicola potrà essere un buon trampolino. "

di Maria Grazia Bosu

dell'Eco del cinema

giovedì 17 dicembre 2009

DRITTI ARCORE

Intervista a Pieraccioni - 17 dicembre 2009


In vista dell'anteprima di stasera al cinema Odeon di Firenze, un piccolo estratto dell'intervista a Pieraccioni:
...Leonardo Pieraccioni si sta facendo sopraffare dalla malinconia?

Ma no dai, non proprio. Probabilmente si sta spostando in maniera naturale un tiro. Io ho scritto tre racconti, pubblicati da Mondadori. Sono racconti di una malinconia e di una tristezza… che una volta Marco Masini, amico mio, mi ha detto “io non ho mai scritto cose così”. La mia mamma in tempi non sospetti, otto anni fa, mi disse “io non so se tu sei quel ragazzone simpaticone gioviale che si vede nei film o quando vai in televisione o sei la cosa che ho letto stamani”. Guccini stesso, che è un mito anche per aver raccontato la parte spesso e volentieri più malinconia della vita, mi ha detto (e qui imita alla perfezione il cantautore tanto che è difficile restare seri) “ma figlio mio, ho letto i tuoi libri, ma sono di una tristezza immane.” Piano piano iniziamo a mettere delle tematiche che non sono tristi, sono sentimentali ancora. Sono ancora positive. E automaticamente questo risvolto malinconico prende il sopravvento sulla parte comica, allora il film prende una valenza più importante. Tanti mi hanno detto che si sono emozionati. E se viene la commozione è un risultato eccezionale.
....Chi si diverte di più: Francesco Guccini a recitare o tu a dirigerlo?

Si diverte lui. Arriva ogni due anni a vedere sta banda di matti. Per me è una benedizione, all’epoca del primo film per far capire la mia venerazione ho detto "io sto a guccini come Emilio Fede a Berlusconi" e si capisce l’amore totale per il grande maestro. Avercelo è come avere 30 anni, no di più, 34 anni di sue canzoni accanto a me. Anche se ogni tanto lo devo vestire da personaggio. Quando si è messo i pantaloni ascellari, per questo film, mi ha detto (e qui lo imita in modo esilarante) “che vergogna”. E io gli ho detto “hai ragione, ho tentato di farti più Guccini, ma in questo momento sei un attore e io il regista e devi fare quello che ti dico". E mi ha risposto “va bene orami sono in questa barca.”

mercoledì 16 dicembre 2009

martedì 15 dicembre 2009

Giovedi 17 dicembre scende a Firenze!

La mattina di giovedì prossimo, proiezione riservata alla stampa e alle emittenti radio-televisive del film di Pieraccioni "Io e Marilyn" al cinema Odeon di Firenze. Segue inaugurazione della mostra fotografica allestita nel nuovo Odeon Bistro con fotografie del set fiorentino di “Io e Marilyn” di Leonardo Baldini. Alle ore 20.30 anteprima nazionale ad inviti. E alle ore 23.00 prima prioiezione aperta al pubblico, sempre alla presenza di Leonardo Pieraccioni, Suzie Kennedy e di tutto il cast del film. I biglietti in prevendita sono già disponibili alla cassa del cinema Odeon. Per chi volesse partecipare suggerisco di accoppiare la gita a Firenze alla visita della mostra di Palazzo Strozzi (davanti al cinema) "Inganni ad arte".

lunedì 14 dicembre 2009

11 dicembre Bologna, Guccini va al Fiorello °Show

Si sistema in platea con la Raffa, Fiorello lo saluta, e si dice onorato di averlo come spettatore.


Un fiasco sul palco


Nel giorno in cui i seminatori di vento raccolgono tempesta, o meglio, corpi "contrundente", val la pena tornare agli anni settanta, alla violenza verbale, ma necessaria, dell'Avvelenata. Anche perché si scopre che il fiasco, anche se lui l'ha sempre negato, forse per scaramanzia, qualche volta compariva sul palco al suo fianco.
Filmato comunque godibilissimo: il vecchio programma, allora rivoluzionario di rai2
Odeon.

giovedì 10 dicembre 2009

lunedì 7 dicembre 2009

da ITALIANS

DAITALIANS
di Severgnini.


I giovani e Guccini, il 69enne 68ottino

Caro Beppe,
venerdì scorso ho assistito ad un concerto di Francesco Guccini a Pavia. Ho i capelli brizzolati e le canzoni del cantautore modenese so sentirle perchè ho vissuto gli anni in cui le scrisse. Ma la cosa stupefacente è la presenza di giovani e giovanissimi a questi concerti. Conoscono a memoria le parole delle canzoni e accompagnano con le loro voci questo giullare sessantanovenne ancora graffiante e caustico. Li guardavo e mi si è aperto il cuore perchè sanno vivere ancora quegli umanissimi ideali, attuali oggi come allora e che neppure le campagne acquisti di Natale della televisione sanno soffocare. Si, è vero che usano i cellulari hi-tech per catturare le immagini e scaricarle poi su YouTube, ma cantano gli stessi sogni e la stessa rabbia che cantano le parole di un Guccini del '68. Una giovane donna un giorno mi disse - voi del '68 non avete combinato niente - senza pensare che se lei poteva vivere la sua vita come voleva viverla, lo doveva a noi del '68. I miei capelli brizzolati non avranno cambiato il paese è vero, ma a guardare quei tremila giovani vivere e seguire le canzoni di un sessantottino come Guccini, mi sono sentito bene. Ho visto il volto spesso tenuto nascosto ai non addetti ai lavori di una generazione troppe volte bollata con un qualunquistico "vuota di ideali". Mi sono sentito bene perchè in quell'assemblea ho sentito la grande voglia di fare, di esserci e di ricerca di una guida e di valori in cui credere. Sta a noi con i capelli grigi e le rughe sul viso dare ai giovani questa guida, questi ideali resi reali dal passaggio al setaccio degli anni e dell'esperienza. Bastava guardare quel sessantanovenne sessantottino sul palco e guardare quei giovani per capire quale deve essere il nostro compito e a chi e come passare il testimone.

Stefano Briganti, s.briganti54@gmail.com

Gli stadio tornano in tour, e con "Swatch" di Guccini

venerdì 4 dicembre 2009

Marilyn sui lungarni.

Fantasia ma non troppo, con Mingozzi


L'altra volta che Guccini ha recitato con un costume di scena (in Radiofreccia aveva sempre jeans e camicione, come se stesse a Pàvana) fu con il compianto Mingozzi in
Fantasia ma non troppo, per violino: interpretò il cantastorie Giulio Cesare Croce. Un'esperienza cinematografica devastante. Quando per una scena dovette stare appeso in una gabbia per ore in piazza Maggiore a Bologna, gli amici da sotto lo insultavano al grido di "Farabutto! Ti han preso finalmente!".

..e fa anche terapia di gruppo

4 dicembre Concerto a Livorno,intanto IL Tirreno...

Arabeschi incomprensibili di gomma su catrame,
e ancora riecheggiano stridori di freni e lamiere
ipnotica mattina di prima estate
giovane come il sorriso complice stampato in cronaca locale
lo stesso che il sole indifferente sbiadisce
seccando i pietosi fiori a corona
e scopri che non c'è poesia nella morte
ma solo, dell'assenza, straziante retorica.

con questa poesia Christian Boneddu si è aggiudicato due biglietti
per il concerto di stasera, insieme agli altri partecipanti
del concorso del Tirreno.

giovedì 3 dicembre 2009

Farsi vedere...ma da uno bravo!


Anteprima del filmone di Natale, dal 18 nei cinema. Guccini psichiatra in "Io e Marylin" dove per Io si intende Pieraccioni e per Marylin la Monroe. Era dai tempi del film di Mingozzi che non lo si vedeva in costume di scena.

martedì 1 dicembre 2009

Intervista a Claudio Lolli - nuovo disco con Guccini?

Perché secondo lei, una certa frangia giovanile si avvicina ai vostri testi? Ce ne sono di giovani che vi seguono ai concerti, non solo genitori.
“Non so, francamente, non so spiegarmelo, è un mistero. So che molti studenti seguono Francesco (Guccini ndr) ai suoi concerti, so che è molto amato, sono entusiasti, ma francamente non riesco a spiegarmelo. Probabilmente perché ho pochi strumenti per valutarlo ma, credimi, mi sembra così distante dal loro modo di vivere che davvero non so spiegarmelo”.

Cosa ne pensa dei social network, delle chat? Che rapporto hai col PC ed internet?
“Zero. Non li conosco, i miei figli hanno cercato 10 volte di aprire un mio profilo su facebook ma non capisco di che si tratta. Una volta un mio studente mi ha detto: “Professore, sa, sono diventato suo fan su facebook”, ed io: “Grazie”. Son tornato a casa e ho detto a mio figlio “prova ad aprirmi un po’ questa cosa qui”, lui mi ha compilato un fogliettino con le indicazioni da seguire, coi numerini, ho provato a seguirle, ma poi ho mandato tutto a quel paese. Non era per me (sorride, ndr). Il rapporto col computer, invece, è molto sereno. Documenti, il foglio word dove scrivo, la posta elettronica e, purtroppo, il sito della mia banca dove entro per controllare il mio conto doloroso”.

Sempre convinto di aver scritto troppo frettolosamente Borghesia?
“Beh, quando l’ho scritta andava bene così. Certo, c’era una sorta di ottimismo, decisamente strano in me, rivelatosi poi fallace. Ma no, non è stata assolutamente spazzata via, anzi. Ero sicuro che accadesse all’epoca, sai, leggevo Marx, Hengel, e dicevo che non c’è futuro per questa classe sociale. La prossima volta che scriverò una nuova Borghesia, starò più attento”.

Molti ragazzi ci chiedono: quando un concerto o un disco con Guccini?
“Io e Francesco abbiamo fatto qualcosa agli inizi. Negli anni 80 mi ha chiamato a fare da spalla in qualche concerto. Al momento non è previsto ma, in effetti pensandoci bene, credo che sarebbe molto divertente. Farei due tre pezzi con lui prima di ogni concerto. Chissà”.
da barlive

cantante DIvino

lunedì 30 novembre 2009

venerdì 27 novembre 2009

Che poi uno si immagina chissà quali bagordi ci siano dopo il concerto...

ot Mostra a Roma


Un gioco di ombre a colori. Mani dipinte che si trasformano straordinariamente in elefanti, papere, zebre e poi diventano calciatori, orchestranti o atleti. Il gioco ideato negli anni '80 da Mario Mariotti, grafico, illustratore e artigiano-artista scomparso 11 anni fa, porta tutto il suo stupore nella mostra "Animani", alla Casina di Raffaello dal 3 aprile al 29 giugno 2008. Un'esposizione promossa da Comune di Roma, Zètema Progetto Cultura e Casina di Raffaello, prodotta da Tidò Comunicazione in collaborazione con Archivio Mariotti ed Edizioni Corraini.

E oggi 27 novembre....


canale 5 alle ore 23.30, a Matrix, puntata dedicata a Giorgio Gaber.
Ospiti della puntata: Claudio Bisio, Gioele Dix, Neri Marcorè, Enzo Iacchetti.

giovedì 26 novembre 2009

NOTIZIA D'EMERGENZA : sintonizzatevi con urgenza


Una bella telefonata stamani all'alba (alba, beh erano le 8 ma per noi giù di pressione è come se fosse l'alba) mi ha annunciato che oggi 26 NOVEMBRE GIOVEDI ORE 10.15 SU RADIO TRE IL TERZO ANELLOGian Antonio STella intervista Francesco
Mi sa che questi due racconteranno delle belle storie di emigrazione Ascolta il podcast

mercoledì 25 novembre 2009

Gratis al concerto di Livorno del 4 dicembre 2009

Grazie al Tirreno incontri Guccini


LIVORNO. Resta tempo fino al 30 novembre e i partecipanti al concorso de Il Tirreno per incontrare Guccini e partecipare gratuitamente al suo show il 4 dicembre al PalaLivorno, si avvicinano a quota 40. Un numero che rende difficile la scelta dei 4 fortunati vincitori (ognuno avrà a disposizione 2 biglietti) perché i testi e le musiche del cantautore emiliano hanno davvero ispirato i suoi fan. Sono le poesie a fare la parte del gigante. Toscana terra di poeti dunque, più che di disegnatori? Eppure Guccini - artista estremamente poliedrico che in quaranta anni di carriera ha pubblicato oltre venti album, ma è stato anche scrittore e sporadicamente attore, autore di colonne sonore e di fumetti - sicuramente apprezza tutte le forme artistiche espressive. Qualcosa però di veramente eterogeneo in questo concorso c’è, ed è la partecipazione, trasversale sotto ogni punto di vista. Donne e uomini, adulti e ragazzi, tanti livornesi, com’era immaginabile, ma non mancano scrittori dall’Isola d’Elba, Volterra, Borgo a Mozzano, Castelnuovo Garfagnana, Pisa e Lucca. Perché la poesia davvero non ha confini e se si tratta di incontrare dal vivo un uomo che coi suoi versi, musicati e non, ha saputo toccare i cuori di migliaia e migliaia di persone, allora davvero i km non contano nulla. Così la sfida entra nella sua fase finale e dopo il 30 del mese dovranno essere scelte le espressioni artistiche che più hanno saputo cogliere lo spirito gucciniano. L’ambito premio - per i 4 fortunati poeti, scrittori o disegnatori - sarà proprio quello di poter incontrare Francesco Guccini di persona prima del concerto. E dopo sarà ancora più magico godere dell’esibizione sul palco, dove salirà accompagnato dai musicisti di sempre, per proporre i successi storici e i pezzi dell’ultimo album, nella consueta atmosfera da quattro chiacchiere tra amici caratteristica dei suoi concerti. L’evento è resto ancora più speciale dal lungo periodo di assenza dell’artista dalla città, sono infatti 10 anni che Guccini manca da Livorno e, in questa occasione, torna grazie alla volontà degli organizzatori del Premio Ciampi che da 15 anni portano in città nomi di grande spessore nella storia della musica italiana e non solo. Per chi ancora intende partecipare al concorso, ricordiamo che poesie, racconti brevi e fumetti saranno raccolti fino al 30 novembre all’indirizzo e-mail concerti@iltirreno.it

lunedì 23 novembre 2009

Non ci sono più le osterie di una volta


Andrea SCanzi su La Stampa di oggi:
“Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta, ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta”. Così cantava Francesco Guccini nella Canzone delle osterie di fuori porta. Era il 1974 e, come spesso accade ai cantautori (ispirati), sapeva che un giorno gli avrebbero dato del profetico. Tutto è cambiato, rispetto alla Bologna di 35 anni fa. L’osteria stessa ha mutato drasticamente pelle. E se per Guccini gli imperdonabili erano quelli che inseguivano la carriera, morendo di “una morte un po’ peggiore”, ora anche il luogo adibito al convivio proletario non pare in ottima salute.
La guida Osterie d’Italia di Slowfood è da anni un punto di riferimento, nonché cartina al tornasole di uno spaccato d’Italia. Ieri l’osteria era una sorta di alcova intellettuale, di avanguardia culturale ("Ricordo quelle discussioni piene di passione/ di quando facevamo tardi dentro a un'osteria. L'amore, l'arte, la coscienza/ la rivoluzione/ sicuri di trovar la forza/ per andare via": così riassumeva Giorgio Gaber ne L'ingranaggio, 1972). L'osteria era un’aula senza sovrastrutture barbose. Il naturale prolungamento della discussione cominciata all’Università o al bar, con tanto di particolari (oggi stereotipati) come la tovaglina a quadri e la cucina della nonna. Prima del cibo veniva la bevuta, prima del menu c’era il desiderio di stare assieme. La tavola non era protagonista, bensì collante. Al punto che, più della qualità (che comunque c’era), contava la quantità. L’osteria è ancora per molti il regno della grande abbuffata: del mangia tanto e spendi poco. Qualcosa che, nel primo Vinicio Capossela, diventava il luogo di conquista per “il re della cantina, vampiro nella vigna e sottrattor nella cucina”.
Di fatto questi luoghi esistono sempre meno. Un po’ perché le nonne sono evaporate (e i figli quasi mai all’altezza), un po’ perché la scansione della serata è cambiata (happy hour). Un po’ perché l’aggregazione ha nel frattempo subito slittamenti vigorosi. La guida Slowfood vorrebbe essere il catalogo degli ultimi resistenti, con tanto di (genetica) collocazione a sinistra, ma gli stessi luoghi recensiti hanno ambizioni simbionti. Da una parte l’adesione al territorio, la deificazione del fagiolo zolfino e (quando si ha fortuna) la pasta fatta in casa; dall’altra un arredamento modaiolo, un servizio più ammiccante e un prezzo medio che è assai poco proletario. E così l’osteria slitta verso altro: verso il salotto radical-chic.
Mutamenti antropologici, certo. A cui qualcuno si oppone. Guide concorrenti fanno le pulci alla contraddittorietà del concetto di “osteria”. Il Mangiarozzo (ex Gambero Rozzo) si vanta come la guida delle “vere” trattorie, dei luoghi di una volta, delle osterie senza puzza sotto al naso, buone per l’appassionato come per il camionista. E La Gola in Tasca non perde occasione per sottolineare quello che ritiene il latente snobismo di Slowfood.
Resta però la domanda fondante: esistono ancora le osterie? Sì, se hai la voglia di cercare. No, se l’istantanea di Guccini è nel frattempo assurta a disciplinare d’origine controllata. Eppure l’osteria è da sempre luogo fecondo di suggestioni, da quelle popolane dello stornello romano a quelle colte dei romanzi. I pasti di Pepe Carvalho, il detective-gourmet di Manuel Vázquez Montalbán, erano più rilevanti della trama: l’identità dell’assassino era qualcosa che andava svelata, non prima però di sapere quale fosse l’osteria catalana preferita da Pepe. E così le cene (innaffiate dal Lagavulin) di Fabio Montale, l’antieroe sconfitto dalla vita nella trilogia di Jean-Claude Izzo, che solo nel momento del ristoro (rigorosamente tra mura amiche) trovava tregua esistenziale.
Passa il tempo e tutto cambia. Anche l’osteria: da ritrovo festoso (e chiassoso) a luogo per pochi eletti. Per iniziati. Appassionati col salvadanaio sufficientemente pingue. Suonano implacabili, nonché fatalmente testamentarie, i versi di Alda Merini: “A me piacciono gli anfratti bui/ delle osterie dormienti/ dove la gente culmina nell’eccesso del canto/ a me piacciono le cose bestemmiate e leggere/ e i calici di vino profondi/ dove la mente esulta/ livello di magico pensiero”. La poetessa amava “l’acre vapore del vino indenne”, “l’ubriacatura del genio”. “l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite”. Amava, come Guccini. “le osterie che parlano il linguaggio sottile della lingua di Bacco”. Chissà in quanti sono rimasti come loro.

Vasco cade sul palco, Guccini più prudente...


Vasco che cade sul palco a Caserta mi ha fatto tornare alla mente una intervista
di tre anni fa di Francesco. Lui, più prudente, sul palco si dimena meno, addirittura da giovane se ne stava seduto, e soffre per i colleghi "agee" che ancora zompano pericolosamente:
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dal Venerdi 8 settembre 2006 Repubblica - Emilio Marrese
Pavana. Volendo, potrebbe anche guardarsi al telescopio. Non è da tutti.

L'osservatorio astronomico di San Marcello Pistoiese gli ha appena
dedicato un corpo celeste.
"Ma è solo un planetoide, un ammasso" dice FG per sminuire se stesso più
che ricercatori.


Il suo nome era già stato dato ad una farfalla dell'Appennino, la
Parnassius Mnemosyne Guccinii,
e ora è anche una stella, lui che ha passato una vita ad evitare di
esserlo.


Le mele sull'albero della vecchia casa ai margini della Porrettana sono da
raccogliere, l'estate
è finita e il Maestrone, che ha concluso il suo ultimo romanzo con Loriano
Macchiavelli e ora si
dedicherà alla traduzione in pavanese della Mandragola di Niccolò
Machiavelli, è pronto a ripartire.


Con calma.


Il 9 settembre da Montjovet parte il suo lento tour di nove concerti in
cinque mesi.


Brevi fughe dal suo eremo montanaro (scordate via Paolo Fabbri, Bologna:
lasciata da anni) senza Internet,
email cellulare, automobile e ora è fuori uso anche la stampante che
sputava una pagina per volta.


"Sono preistorico".


Sessantasei anni, diciannove dischi e una decina di libri.


Nel 2007 fanno quarant'anni dal suo primo album.


Guccini, ancora in tour per appagare l'anima o pagare le bollette?


"Per divertirmi. Per rivedere i miei soliti musicisti, raccontarci cosa ci
è accaduto.
Poi è bello anche suonare. Lo faccio molto meno di una volta.
Prima non passava giornata che non prendessi la chitarra in mano, ora
giusto nelle occasioni conviviali
e senza fare quasi mai le mie canzoni".


Ma anche questa volta aprirà con Canzone per un'amica?


"E' una canzone facile, serviva a sciogliersi. Poi è diventata una
tradizione, quasi una sigla d'apertura.
Non è che giro per casa cantando "lunga e diritta correva la strada" però
non mi costa fatica proporre
i miei classici. Quelli che mi hanno davvero stufato, come L'Avvelenata,
non li faccio più.


E qualcosa di nuovo da raccontare?


"Farò un pezzo inedito che si chiama, come si chiama? ah sì: "Su in
collina".
E' la tradizione in italiano di una poesia bolognese di Gastone Vandelli,
un epsiodio della guerra partigiana.
Me l'ha fata conoscere Loriano, mi ha commosso e ci ho fatto una canzone".


Non casualmente.


"No. Vogliono paragonare i repubblichini, poveretti anche loro, ai
partigiani.
Ci sono stati episodi barbarici da ambo le parti, ma soprattutto dai
fascisti.
No, non è giusto accomunarli".


La Resistenza tornerà anche nel suo prossimo libro.


"Sì, e non è un caso nemmeno quello. "Tango e gli altri" è un'indagine di
Santovito rivissuta in flash back e ambientata
nel '60. Sarà l'ultima della serie, poi ci dovremo inventare altro".


Le dispiacerebbe se ci facessero una fiction tv?


"No, avevamo avuto anche due o tre offerte poi non se n'è fatto niente.
Macchiavelli s'immagina Santovito con la faccia
di Castellitto, per me è un po' più pesante. Ma non so dargli una voce, un
viso, un accento".


Lei parla molto con il pubblico. Cosa gli dirà, dopo un lungo silenzio?


"Non so, improvviso. Mi basta anche leggere i giornali della mattina.
Mentre presento una canzone, mi vengono in mente le cose.
Poi non me le ricordo più. E' una vecchia abitudine dai tempi dell'Osteria
delle Dame.
Serve anche a scaricare l'adrenalina, come quando facevo gli esami
all'Università: mi sblocco e tiro fuori tutto".


Che musica ascolta?


"Quasi più niente. Ho semre detto che sono più un lettore di un
ascoltatore. Senza leggere sì che non potrei vivere.
Ho visto che è uscito l'ultimo disco di Dylan e dice cose che penso anche
io: a me piaceva il vinile, coi suoi fruscii.
Mi piaceva "metter su" un disco".


Si mettono su anche i cd.


"Ma mi sconcerta. FAtico a capire come funziona. Poi è diventata una
ingiusta questione di quantità: uno paga un sacco
di soldi e si ci trova solo sette pezzi ci rimane male, ne vuole almeno
dieci.
Io faccio ssempre stampare mille copie dei miei album in vinile.
Sono da collezione e per me tengo sempre la copia 0001.
Coi cd è come passare dai vecchi flipper a quelli nuovi con troppe luci:
io sono rimasto a cento lire tre palline.."


A tanti ragazzi piace ancora il vecchio flipper Guccini.


"L'altra sera due ragazzini mi sono venuti a ringraziare per aver scritto
Dio è morto quando loro nemmeno erano nati.
Forse ispiro fiducia perché non sono mai cambiato, né ho fatto cose
strane. O forse è per le canzoni."


Sua figlia Teresa sta facendo una tesi di laurea mettendola a confronto
con Robbie Williams...


"un paragone tra uno che appartiene allo star system e uno che fa lo
stesso mestiere in modo molto più semplice".


Rintanato in montagna.


"A Bologna vado ogni tanto con piacere per due o tre giorni, ma mi sento
spaesato come i montanari di una volta.
Ho vissuti qui i primi anni della mia vita e i montanari come i marinai
tornano da dove sono partiti.
Ho il rifiuto della città in generale. Del cambiamento,
dell'imbarbarimento strisciante.
A trent'anni non te ne accorgi, dopo hai voglia di una vita più calma."


Cosa la fa ancora incazzare?


"Le parole di quelli che, se Dio vuole, ora stanno all'opposizione.
La supponenza, l'alterigia, il lusso, i vulcani finti".


L'ultimo suo disco risale al 2004.


"E di questo passo il prossimo lo faccio fra altri due anni"


Preferisce scrivere libri?


"Mi è sempre venuto più facile scrivere di getto. Ma sono due cose diverse.
La canzone è sintesi. Di idee da cantare ce ne sono, bisogna mettersi lì e
aspettare il momento.
Non mo spavento. Da quarant'anni dopo ogni disco vengo assalito dal dubbio
" e ora cosa dico?".
Poi qualcosa si trova sempre."


Anche vivendo lontano da tutto?


"Non è che la vita cittadina mi desse più ispirazione. Non essendo un
grande viaggiatore ho sempre sostentuto che si
può viaggiare leggendo. Un libro di spunti ne dà tanti."


E' sceso dal suo ritiro per festtegiare in piazza accanto a Prodi.


"E'sicuramente meglio di Berlusconi. Criticare anche un governo "amico" è
doveroso, ma almeno vedo dei tentativi.
Non ho condiviso l'indulto, invece apprezzo la direzione di Bersani.
E in politica estera non siamo più alle pacche sulle spalle dell'amico
George, nessuno va più ai summit a far le corna".


La mia generazione ha perso, cantò Gaber. E lei dissentì.


"Continuo a pensare che c'è andata bene. Ha perso la generazione di mio
padre, che ha fatto due guerre, non la nostra.
Chi sognava tantissimo magari è rimasto fregato. Chi era legato alla
realtà, no.
Qualche sconfitta c'è stata, ma molti di quelli che volevano cambiare
tutto ora stanno con Berlusconi."


S'è dato una scadenza?


"Dissi che a sessant'anni avrei smesso di fumare e poi non ci ho nemmeno
provato.
Quando mi passerà la voglia di andare su un palco, smetterò di cantare.
Per fortuna non ho mai fatto rock. Quando vedo gli Stones ancora lì a
zompare soffro per loro: attenti, vi fate male..".

domenica 22 novembre 2009

Cinepanettone

Guccini di nuovo al cinema, di nuovo con Pieraccioni in "Io e Marylin" sotto le feste di Natale. Dopo il preside (nella foto) e il coreografo dilettante, stavolta interpreta uno psichiatra.

sabato 21 novembre 2009

Guccini SI a Rende (CS)


Pare che un infaticabile Francesco si regalerà un viaggetto a Rende (Cosenza) per festaggiare il settantesimo compleanno: sarà infatti in concerto il 18 giugno 2010.

martedì 17 novembre 2009

Vagabondare per bastardi posti


mi segnalano:
"L'ARTE DEL VAGABONDARE IN UNA PICCOLA CITTA'
Chi è nato e vissuto in una piccola città sa bene cosa si intende per flaneur, cioè l'arte di vagabondare senza meta o con piccole mete tra loro vicine, fare lo struscio, salutare un amico, passare dai giardini e fermarsi a guardare gli alberi colorati d'autunno, entrare in un bar per bersi un aperitivo, guardare una vetrina, bighellonare per perder tempo e ritrovar tempo. Nelle grandi città è più difficile, perchè i grandi spazi obbligano le persone a muoversi in modo più diretto e rapido, per andare da A a B lungo la via più breve... è dunque la piccola città il luogo ideale del flaneur.
I carnet di viaggio EDT sono oggetti preziosi. E' appena uscito "Modena è piccolissima", scritto da Ugo Cornia e disegnato da Giuliano Della Casa. E' il libro ideale per trovare suggestioni da flaneur, da modenese doc lo consiglio a tutti perchè ci ho ritrovato la Modena più vera. Piccoli schizzi di penna di Cornia e piccoli acquerelli di Della Casa, introducono a un modo diverso di vedere una città, seguendo suggestioni proprie e altrui. Tra i carnet di viaggio di EDT anche Milano e Torino (e Mali, Egitto, India, Antartide). Sono anche un bel regalo, e poi sono uno spunto per farvi i vostri carnet di viaggio, alternativa creativa alla fotografia, anzi, no, integrazione, perchè nei carnet di viaggio ci stanno anche le foto, e i biglietti dei musei, e un foglietto trovato per terra...
Ugo Cornia - Giuliano Della Casa "Modena è piccolissima", EDT, 35 euro"

Francesco premia Flaco e boccia Morgan


Guccini è apparso sul palcoscenico dell'Ariston per premiare "Flaco" Biondini, chitarrista oriundo argentino che ha messo le mani in molte produzioni storiche della canzone d'autore. Ma ben più del suo discorso istituzionale, il cantautore emiliano (che non si è esibito) ha mosso gli animi della comunità degli addetti ai lavori - in via di scioglimento dopo tre giorni intensi - con la sua uscita notturna sul palco del Dopotenco: «ho lungamente discusso con Mara Maionchi e la Celentano. Il concorrente Morgan, non è passato». Con l'ironia su X Factor e sulle frequentazioni televisive del "pupillo" del Club Tenco (un "figlio difficile", lo ha definito acutamente il presentatore storico della rassegna, Antonio Silva) si è simbolicamente chiusa la trentaquattresima edizione del Premio Tenco.

lunedì 16 novembre 2009

Bossi gira oggi con le tette al vento.....

Guccini lo faceva già vent'anni fa.
La Lega si attribuisce il merito di aver introdotto le canzoni in dialetto
al Festival di Sanremo.
Guccini cantava già in sardo (il famoso "Progetto Barones sa tirannia") all'Ariston anni e anni fa!

sabato 14 novembre 2009

La locomotiva - ieri a Genova

La vera storia di Maria la guercia

Domenica 8 novembre festa paesana autunnale a Pavana.
Francesco prende la chitarra e canta la canzone popolare bolognese :
La vera tragica storia ed Marì la Guèrza


Stèva Marì la Guèrza Intorno al focolare, Intenta a disenare la plèva dal patèd.

Quand’ecco all’uscio battere s’ode trendamente:lei disse:
, risponde un giovanotto,


e lei e lui dirigono da Marco Greco i passi di Ivan in Via Ugo Bassi al nòmmer ventenòv.

I due colombi spingosi dentro da Marco Greco e là si fa uno spreco ed gràpa e costomè.
Caffè, cognac e bibite e vini, ancor sciroppi e punch da tre bajocchi ch’ìn bvènn un vanizèn
Mentre la dolce coppia Brindava allegramente Inaspettatamente Veins dàinter soò marè.

Cedendo ad un invito Par bevvar di cicchèt!>
Cosi dicendo, il barbaro Marito che non scerza
Scàna Marì Guèrza e la mandala gabariòt!






Cuore Toro

GIANLUCA ODDENINO La Stampa
TORINO
Meno male che la fantasia è tornata al potere». Sorride Andrea Gasbarroni, trequartista dai piedi intelligenti e dall’ispirazione artistica («Amo Guccini, credo di essere l’unico calciatore a farlo») che quest’estate nessuno voleva alle buste e adesso si gode il ritorno. Suo e del ruolo del fantasista.

È una moda oppure il calcio ha aperto gli occhi?
«Aspettiamo di capire l’evoluzione, ma intanto c’è più fantasia in campo per segnare e far segnare. Io sono il primo ad esserne felice».

Anche in questo Toro che vive sulle montagne russe?
«Soprattutto al Toro. Io la vivo bene l’altalena dei risultati anche perché i tifosi il vero Toro non l’hanno ancora visto. Stiamo lavorando tantissimo, c’è armonia e sono sicuro che andremo in serie A».

Per lei la promozione avrebbe un valore doppio, essendo nato, cresciuto e tornato a Torino.
«Vero, sarebbe la mia ciliegina più bella. La serie A l’ho conquistata con la Samp e il Palermo tanti anni fa, e patendo non poco, ma qui ho famiglia, gli amici e la fidanzata: farcela sarebbe bellissimo ed indelebile».

Gasbarroni è cresciuto nella Juve, non ha mai giocato in prima squadra ed ora si rilancia nel Toro. Ci spiega perché i granata non l’hanno ingaggiata da bambino visti i suoi numeri?

«Io ho iniziato nel Vanchiglia, maglia granata, che era una società affiliata al Toro. C’era una persona, Mario Goffo, che lavorava per il Torino, ma nel 1992 passò alla Juve e qualche mese dopo mi portò alla Sisport, l’anticamera della Juve, e non nel vivaio granata. Il destino ha voluto così».

Quindi ha ritrovato lo stesso campo che calcava da esordiente?

«Sì, 17 anni dopo ho ritrovato il mio primo campo e mi ha fatto un certo effetto».

Un terreno che l’ha tradita, visto che il 16 ottobre si è procurato una distorsione alla caviglia che l’ha frenata sul più bello.
«Stavo benissimo e mi sono dovuto fermare. Però avevo voglia di giocare ed ho recuperato prima. Col Lecce non sarei dovuto entrare, ma lo spirito era quello di dare una mano».

E l’assist per il secondo gol di Bianchi. Sta facendo meglio di Toni nel Palermo dei record?
«Luca aveva iniziato a segnare dopo 8 partite, quindi Rolando è partito alla grande. Speriamo continui così...»

Anche perché solo in sei, Bianchi compreso, hanno fatto gol finora. Non è poco? «Lui è il terminale offensivo e quindi fa bene il suo mestiere. Noi dobbiamo sfruttare al meglio quando ci capitano le altre occasioni».

Lei non segna da 661 giorni, doppietta in Toro-Parma 4-4. Le manca il gol?
«Non è un assillo. E poi io devo fare gli assist».

In cosa deve crescere il Toro?
«In concretezza e concentrazione».

Da indesiderato a giocatore insostituibile. Gasbarroni quante rivincite si sta prendendo?
«Qualche sassolino dalla scarpa ora posso togliermelo. L’anno scorso ho avuto la mia stagione più brutta per l’infortunio patito a Genova che poi mi ha condizionato anche nel Toro. Al Genoa non mi hanno curato bene: rincorrevo la condizione e qui giocavo col contagocce. Ora, però, sono tornato il vero Gas».

venerdì 13 novembre 2009

ot Pare fosse anche un problema dimensionale


off topics Solidarietà ai lavoratori Eutelia

Come licenziare 9000 persone senza che nessuno se ne accorga:
Carissimi,siccome i nostri strumenti "di lotta" non sono più i tamburi di latta bensì le tastiere dei nostri PC, rimetto a voi il file seguente, ognuno lo dovrà inoltrare alla sua cerchia di conoscenze. In alto i cuori, non scoraggiamoci. Un pensiero ed un saluto a tutti.Dal 4 Novembre 2009 le nostre principali sedi ROMA-TORINO-MILANO-BARI-IVREA sono PRESIDIATE con assemblee permanenti.E’ iniziato il licenziamento dei primi 1200 lavoratori di OLIVETTI-GETRONICS-BULL-EUTELIA-NOICOM-EDISONTEL TUTTI CONFLUITI IN: AGILE s.r.l. ora Gruppo Omega. Agile [ex Eutelia] è stata consegnata a professionisti del FALLIMENTO. Agile [ex Eutelia] è stata svuotata di ogni bene mobile ed immobile. Agile [ex Eutelia] è stata condotta con maestria alla perdita di commesse e clienti. Il gruppo Omega continua la sua opera di killer di aziende in crisi, l’ultima è Phonemedia - 6600 dipendenti - che subirà a breve la stessa sorte di Agile. In tutto, siamo una realtà di quasi 10.000 dipendenti e, considerando che ognuno di noi ha una famiglia, le persone coinvolte in questa CRISI sono circa 40.000! Eppure nessuno parla di noi.Per mantenere il LAVORO abbiamo bisogno di visibilità mediatica. Abbiamo manifestato nelle maggiori città italiane (Roma - Siena: Monte dei Paschi – Milano – Torino – Ivrea – Bari – Napoli - Arezzo), siamo SALITI sui TETTI, ci siamo l'INCATENATI a Roma in Piazza Barberini, abbiamo occupato le SEDI, Roma per prima. Nonostante ciò NON siamo mai stati nominati in nessun TELEGIORNALE NAZIONALE perchè la parola d’ordine è che se non siamo visibili all’opinione pubblica il PROBLEMA NON ESISTE. Se sei solidale con noi INOLTRA QUESTA MAIL ad almeno 10 amici nei prossimi 30 minuti, non ti costa nulla, ma avrai il ringraziamento di tutti i Lavoratori e le Lavoratrici di Agile [ex Eutelia] che da mesi sono senza stipendio e che lottano per il DIRITTO AL LAVORO, primo Diritto Fondamentale della nostra Costituzione.Non lasciar morire questa azienda!

Istruzioni per scrivere a Francesco

Ricevo molte email di fan che vogliono scrivere a Francesco e mi chiedono l'indirizzo.
A parte l'evergreen via Paolo Fabbri 43 - 40138 Bologna,
potete utilizzare anche il fantastico:
Francesco Guccini 51020 Pàvana di Sambuca Pistoiese PT
Resta il problema di COSA SCRIVERE e COME!
Non dimenticato che lui è Professore ed è stato soprannominato IL MAESTRONE, per stazza e levatura morale, per cui suggerisco, prima di prendere carta e penna, di ripassare le 33 REGOLE DELL'ITAGLIANO (credo le abbia elaborate Umberto Eco, ai tempi di Golem).


mercoledì 11 novembre 2009

FG: "Mi mancano Gaber e Faber"


Bella intervista ieri su
Sky.it.
Francesco, raggiunto nella sua cucina pavanese, fra nebbie e gatti, parla della biografia che sta scrivendo con l'amico poeta Alberto Bertoni, e racconta che nella Genesi voleva citare De Andrè, col quale poi avrebbe anche voluto organizzare una tournee. Ma parla anche di Giorgio Gaber, e del nuovo disco, che pigramente sta ancora immaginando.

Juan Carlo Biondini vince la Targa Tenco


sabato 14 novembre alle 21 al teatro Ariston di Sanremo Flaco riceve il premio
“I suoni della canzone”

Ancora nuove date del tour!!!

13 novembre 2009, GENOVA – Vaillaint Palace
-27 novembre 2009, PAVIA – PalaRavizza
-4 Dicembre 2009, LIVORNO - PalaLivorno
-22 Gennaio 2010, PADOVA- PalaNet
-5 Febbraio 2010, PESARO - Adriatic Arena
-26 Febbraio 2010, PERUGIA - PalaEvangelisti
-12 Marzo 2010, TRIESTE - PalaTrieste
-26 Marzo 2010, ROSETO DEGLI ABRUZZI - Palasport
-9 Aprile 2010, NAPOLI - PalaPartenope
-30 Aprile 2010 REGGIO EMILIA - PalaBigi

martedì 10 novembre 2009

lunedì 9 novembre 2009

Anche i figli dei sindacalisti Cisnal ascoltano "il rosso saggio"

Qeusta sera su La7, a «Prossima fermata» condotto da Federico Guiglia, in onda dopo il tg notturno: la candidata in pectore per la poltrona della Regione Lazio confessa di essere una fan sfegatata di Francesco. «Amo ancora Guccini. Le canzoni di Guccini le so tutte, anche perché è un cantautore che mette in prosa il suo pensiero? Conosco tutte le sue canzoni. Mia madre mi proibiva di ascoltarlo, per le troppe parolacce. Così mi mettevo in borsa le cassette e le ascoltavo di nascosto».

venerdì 6 novembre 2009

12 marzo 2010: il sottotenente Guccini torna a Trieste


Francesco torna nella Trieste che lo vide "imballato" di grappa e di noia durante il servizio militare sull'allora confine austroungarico, impegnato con l'amico Bonvi (carrista) a difendere "il varco di Gorizia" dall'assalto bolscevico.
Una volta sfiorò l'incidente diplomatico e la terza guerra mondiale per colpa di un suo collega sottotenente, che sul confine intravide dei bellicosi "nemici" slavi e fece l'atto di mettere mano alla pistola.
Il sottotente yugoslavo lo sbeffeggiò, rispondendo in perfetto italiano:
"Tanto lo sappiamo che la vostra pistola è di legno!".
Era vero! Per mancanza di materiale bellico gli ufficiali di complemento venivano dotati di Beretta finta!!!
Sarà per questo che quando Bonvi ricevette in dono dall'esercito un fucile '91 della Grande Guerra lo girò all'amico Guccini.
Riepiloghino di concerti
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-13 novembre 2009, GENOVA – Vaillaint Palace

-27 novembre 2009, PAVIA – PalaRavizza

-4 Dicembre 2009, LIVORNO - PalaLivorno

-22 Gennaio 2010, PADOVA- PalaNet

-5 Febbraio 2010, PESARO - Adriatic Arena (ex BPA Palas)

-12 Marzo 2010, TRIESTE - PalaTrieste

giovedì 29 ottobre 2009

Quasi come Dumas....cosa ha combinato nella vita K.D.


Karen D. Vitelli
The most ambitious, and the most idealistic, people who go into the academy envision a career that closely resembles the achievements of Karen Vitelli. Her scholarship, her academic productivity and creativity, and her commitment to the highest standards of research and methodology, alongside her ability to attract and nurture talented students, place her at the top of any list of role models. But her academic commitment has always been seamlessly connected to her loyalty and friendship for her colleagues and students. This essential humanity infuses her work with tangible value that keeps her always in our thoughts and makes her contribution to her discipline so profound.
Karen Donne Vitelli is known to her friends as Kaddee, or more simply K.D. For years she was listed incorrectly in IU’s records as Karen Donna Vitelli. She owes her real middle name to her father, a professor of English literature who was studying John Donne’s poetry when she was born.
K.D. joined the IU program in classical archaeology in 1978 after a brief stint at the University of Maryland. She became acting chair in 1985 and chair in 1987. Over the next several years her leadership of this program brought it national recognition as a unique resource for both students and professionals. Her Ph.D. in classical archaeology from the University of Pennsylvania, which she completed in 1974, laid the foundation for much of her later work on the ceramic assemblages from excavations at Franchthi Cave and Lerna, in Greece. K.D.’s first task was to create a typology of these materials so that analysis and scholarly conversation about them would be possible. In this vein, years of painstaking documentation and categorization ensued. This type of work is the backbone of archaeology, but few people have the courage to undertake it, especially with huge collections like those K.D. mastered. Even fewer have the stamina to produce the required detail of recording and categorization as well as the reflexive analysis and interpretation that must interweave with identification. K.D. more than achieved her goal, as evidenced by a spate of glowing reviews of her work. Her ceramic fascicle for the Franchthi series immediately became a standard scholarly reference at the same time that it set a standard for scholarly reference works. Her publication of the Lerna materials is now in press, much to the delight of her colleagues.
At the same time that she tackled her professional responsibility to normal science, K.D. developed a unique program of experimental archaeology that has had pathbreaking consequences. The variety of ideas and lines of evidence opened up by her experimental pottery production is much too long to detail. Nevertheless, we cannot resist mentioning a facet of her work that has had particular import for our own, and for the much wider field of research into human behavior. Through her immaculate investigations into ceramic technology, she showed that the earliest pottery in Greece was not intended—or used—for cooking. The import of this simple discovery is tremendous for our understanding of the human past and how it gave rise to the present. In short, K.D.’s discovery calls into question assumptions about the division of labor in early societies, since early pottery has always been attributed to the cooking needs of women and assumed to be a household task rather than a craft specialty. Rethinking these standard frames of reference places the origins of economic specialization, the rise of exchange networks, and the role of women in the development of urban societies in a new light and opens the door to some new and possibly very different interpretations of human history.
Despite the significance of these contributions, many archaeologists and policy makers would argue that K.D.’s greatest legacy is in the field of archaeological ethics, which she pioneered when she served as the editor of a column on “The Antiquities Market” from 1976 to 1983 for the Journal of Field Archaeology. In this role she took on the task of documenting the looting and irresponsible collecting practices that are destroying the world’s archaeological heritage and abusing the rights of some of the most economically disadvantaged groups on earth. She rapidly became one of the world’s leading authorities on these issues and has been called repeatedly into international service to advise the global organizations that are trying to cope with this loss of heritage.
K.D.’s interest in ethics has brought her increasingly into the realm of public archaeology. Realizing that developing the good will of the public toward archaeology is
the only way to ensure that preservation will ever succeed, she reached out to the public through lectures and various educational programs at home and support of the economic development of communities of stakeholders abroad. Even more important, she began to teach her students why they must incorporate this responsibility into their professional lives and how to do so.
K.D. is sorely missed at IU; her warm personality infused the space she inhabited here in a way that made each of us feel a little more lighthearted in our daily efforts to participate in an intellectual community. All her colleagues depended on her wisdom and patience; she was the ethical keystone of our department as well as the wider field of archaeology. But if we put aside our selfish sadness at our immediate loss, we have cause to celebrate her retirement, since it has allowed her to concentrate on her publications and her public contacts. A steady stream of important contributions has flowed from her since she moved full-time to her home in Maine, a place she loves. The wider world of archaeology has benefited from the strengthening of her voice, unencumbered by the daily demands of the academy.
One final anecdote, for which we beg K.D.’s forgiveness. As an undergraduate she spent her junior year on the College Year in Athens program. The next year, when graduation loomed, her overriding goal in life was to get back to Greece. She saw two ways to do that—as an archaeologist or an airline stewardess. She had already been accepted for stewardess training when the University of Pennsylvania offered her admission. In a decision she describes as hurried, she opted for graduate school. On behalf of IU and the profession of archaeology, we thank our beloved friend and colleague for that choice. It has enriched the life of everyone who knows her.
K. Anne Pyburn Geoff Conrad

Il concerto di Livorno, 4 dicembre 2009


Pensando al prossimo concerto livornese si stava organizzando con gli amici una sortita. E perché non accoppiarla a un caciucchino? Spunta l'idea della trattoria Da Galileo "Il Tempio del Cacciucco", ristorante in Livorno dal 25 Aprile 1959. Il suo patron, Ivo, è stato nominato il "Re del Cacciucco". Si trova nel quartiere "Pontino" a due passi da Piazza della Repubblica. Ci vanno a mangiare anche "i montanari".

martedì 27 ottobre 2009

Non ci sono più i film di una volta...


Francesco Guccini è il protagonista della rubrica "Quel film che mi ha cambiato la vita" del quotidiano Corriere della Sera.
"E chi se lo ricorda. Era un filmaccio, un b-movie americano che io e i miei amici andammo a vedere gratis alla fine della scuola e che ci folgorò", racconta il cantautore. "Alla fine il gruppo dei rocker vincitori andava a suonare tutta l'estate in un campeggio di scout girls. La musica - e anche quell'abbondanza femminile - ci affascinarono parecchio. All'uscita decidemmo di diventare rochéri: 'Mettiamo su un complesso anche a noi'".
"Quell'estate in montagna con le 5mila lire di mia nonna Amabilia mi feci fare una chitarra dal falegname di Porretta. Un certo Celestino. Su un quadernetto aveva disegnato le corde e dei pallini per indicarmi dove mettere le dita dei primi accordi. Tornai a Modena che suonicchiavo già. L'autunno dopo scrissi la prima canzone, 'Ancora', con il giro armonico di 'Onlyu you'. L'anno sucessivo 'Bimba guarda come il cielo sa di pianto', fortunatamente caduta nell'oblio. Anche la chitarra di Celestino non so che fine abbia fatto".

Gli amici

Le belle domeniche 1975

giovedì 22 ottobre 2009

Che il dio dell'inverno sia giunto?

Buon Compleanno Bobo!

In ritardo: tanti auguri. Il 10 ottobre era il compleanno di Bobo, la creatura mooolto autobiografica di Sergio STaino. Gran festa a sorpresa sull'Unità. Guccini ha come al solito sottolineato come lui sia molto più giovane di Sergio, ben 2 mesi! Con l'occasione ecco una bella intervista doppia raccolta da Giovanni Bogani della Nazione qualche anno fa:
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Doppia intervista Guccini / Staino - Raccolta da Giovanni Bogani al Teatro del Sale in occasione del 25° compleanno di Bobo

Piccola storia ignobile, non ne scriverò altre. Avevo diciannove anni, una forza incontrollabile in corpo e un biglietto di treno in mano. Il treno ciuffettante si arrampicava per l’Appennino pistoiese: Ponte della Venturina, scendere. Poi due chilometri sul ciglio della camionabile, tra manifesti di orchestre di liscio in livrea rossa e annunci bordati di nero, nonne di 86 anni volate via. Alla fine arrivare a quel nulla di paese che era, per me, mitico come l’Eldorado, come Atlantide, come Shangri-La: Pavana. Bussare a una porta di legno, trovarselo davanti: Francesco Guccini . Ed era come se ti apparisse la Madonna. Perché le avevi ascoltate, le sue canzoni, le avevi amate, ti avevano insegnato a vivere meglio dei libri e degli amici, perché ci trovavi voglia di vivere e nostalgia, le tue stesse inquietudini, ansie e dolcezza, malinconia, letteratura, vita vera e vissuta. L’odore di rivoluzioni che non avevi vissuto, che non avresti vissuto mai. Ed era lì davanti a te, due metri di poeta montanaro. Stava mangiando pane, olio e sale. E tu lo mangiasti per mesi, come per rubarlo così, ingenuamente, il segreto di tanta poesia.

Ci andasti ancora. E uno di quei pomeriggi Guccini prese la sua chitarra, te la mise in braccio e ti insegnò il giro del blues, e tu lo prendesti come una segreta iniziazione… E altre volte nella mitica casa in via Paolo Fabbri 43, a Bologna. C’era Bonvi, il disegnatore delle Sturmtruppen, bimbo di cinquant’anni con la faccia da Klaus Kinski. Accanto c’era la casa del Pensionato, eroe inconsapevole di una sua canzone, e in casa, sgambettava minuscola la figlia, “culodritto”. Un universo di canzoni che diventava realtà. Come abitare in un film.

E ora te lo ritrovi, Francesco Guccini da Pavana, maestro cantore, poeta in ottava rima, folksinger e chansonnier d’Appennino. Lo ritrovi al compleanno di Bobo, il personaggio a fumetti di Sergio Staino. Al Teatro del Sale di Firenze, le due barbe si incontrano. Il disegnatore toscano figlio di un ragazzo di Calabria, e il cantastorie nato dove Toscana ed Emilia confondono le loro acque e le loro storie millenarie.

Si abbracciano. Uno nato a giugno, l’altro ad agosto dello stesso anno, 1940. I giorni in cui la Mascella gridava in piazza Venezia, e l’Italia stava per pagare il conto delle “decisioni irrevocabili”. Bambini di guerra, adolescenti di anni ’50 entusiasti e improvvisati, innamorati di musica e fumetti.

Francesco, ma come vi siete conosciuti, lei e Staino?
Il mio grande sogno è sempre stato disegnare fumetti: Sergio avrebbe voluto scrivere canzoni. Ognuno invidia il mestiere dell’altro. Io sono cresciuto con Paperino, con i fumetti lasciati dai soldati americani. E per un periodo ho anche disegnato.

Che cosa?
Andava di moda decorare i risvolti dei jeans. Io li disegnavo. Mi ispiravo ai fumetti, a Paperino, a Tex Willer. Poi, anni ‘80, leggo una striscia di Bobo che va a un concerto di Renato Zero con il suo amico, Molotov. E alla fine, sconsolati, si chiedono: ma quando è il prossimo concerto di Guccini? Mandai a Staino un biglietto di ringraziamento per quella striscia.

Accanto a lui c’è Staino. Gli chiediamo la sua versione dell’incontro. Sergio, e poi?
Io non capivo la firma di quel biglietto. Ci ho messo giorni a decifrarla. Quando ho capito che era Guccini, mi è preso un colpo. Gli ho mandato un disegno di risposta. E così è nata un’amicizia che dura da vent’anni.

Che cosa vi unisce?
Da una parte, il punto di vista politico sulle cose. Forse anche l’essere cresciuti negli stessi anni, in due mondi di campagna simili. E poi il punto di vista umano, una tenerezza di fondo. ‘La locomotiva’ è la mia canzone preferita. E quando ho illustrato ‘Il vecchio e il bambino’, mi è sembrato di coronare un sogno.

Guccini, la Toscana per lei è un’eredità di parole dentro il dialetto emiliano, il tifo per la Pistoiese, e un amore fiorentino dei vent’anni. Che cosa d’altro?
Quell’amore fu anche il mio primo incontro con Firenze: ricordo piazza San Marco, dove ci incontrammo. Era la primavera del ’59, lei aveva sedici anni. E poi, banalmente, la Toscana è anche i sapori di certi cibi.

Lei è uno dei fondatori di slow food. Quali cibi preferisce? Era un caso quel pane e olio?
Assolutamente no. Mi piacciono tutti i cibi semplici, e il pane toscano più di ogni altro. Il prosciutto. Non quelli mollicci e dolci: quello salato, forte. Un mio amico toscano lo fa stagionare sotto la cenere: è fantastico. E la finocchiona, e i ciccioli appena fatti. Insomma, sono poco emiliano, da un punto di vista culinario. Eccezion fatta per la mia droga. I tortellini in brodo.

Produzioni letterarie. Lei ha scritto romanzi autobiografici, dizionari del dialetto pavanese, thriller. Il nuovo lavoro quale sarà?
Un altro giallo scritto insieme a Loriano Macchiavelli. Ancora senza titolo. Ambientato nel ‘60, su un presunto crimine di guerra partigiana. Sembra che un tribunale partigiano abbia fatto fucilare un uomo. Ma ci saranno molte sorprese. E’ una risposta al revisionismo infuriato intorno alla Resistenza, a quelli che in questi anni hanno ‘scoperto’ le violenze dei partigiani.

Concerti?
Con calma. A febbraio e a marzo. E mai d’estate.

Già. Perché questo suo mestiere che infiamma e brucia, lui lo prende col calma, con il passo antico dei montanari, con la saggezza di generazioni e millenni sedimentate nel suo corpo da gigante.

mercoledì 21 ottobre 2009

X Factor? Guccini già lo aveva inventato nel 1981!



Ha lasciato sgomenti i più la dichiarazione di qualche settimana fa di Guccini in favore di X-Factor e di Mara Maionchi.
Ma già nel 1981 Francesco aveva ben in mente come spettacolizzare La locomotiva

Odore di burattini


Comincia insolitamente a parlare di Pàvana, poi, al minuto 3,48 cita un ricordo della mamma negli anni venti.

Posto fisso o precarietà?

La risposta di Guccini, con 29 anni di anticipo sull'attuale dibattito Tremonti-Brunetta: e già che c'è spiega pure Bisanzio

martedì 20 ottobre 2009

"Pane e tempesta" di Stefano Benni




Comprato in edicola la mattina, (sconto 10%, meglio che da Feltrinelli, ricordiamocelo) divorato in serata l'ultimo libro del Lupo.

Un paesino che sembra Pàvana minacciato dalle ruspe e dagli "imprenditori" stile "Trangugia & Divora".

Citata con molta eleganza "La Luisona", la "decana delle paste".

Risate e tante malinconia.

Si vedranno ancora Benni e Guccini?

Nel 93 scesero insieme in auto a Firenze per presentare "Vacca d'un cane", ora Francesco fa il navigatore alla Raffa.

lunedì 19 ottobre 2009

prossimi concerti

Riepilogando:
13 novembre Genova,
27 novembre Pavia,
4 dicembre Livorno,
22 gennaio 2010 Padova,
5 febbraio 2010 Pesaro.

e io che credevo di essere "fan"(atico)


...Poi ho conosciuto Marco....

giovedì 15 ottobre 2009

Rispieghiamo Guccini per chi era assente

Dopo lo sfratto di Geocities (chiude il 26 ottobre 2009) mi sento come il diavolo prima che morisse Caino, non ho niente da fare e sto dando la cera per ingannare il tempo.