giovedì 24 giugno 2010

Marco Gherardini,, detto Poiana

di Claudio Cumani Il Carlino

PAVANA (Pistoia), 12 giugno 2010 - IL MAESTRONE sospira: «Tutta questa frenesia per i miei 70 anni mi dà ansia, mi vergogno. Vorrei starmene in disparte, far finta di niente». In vista della data fatidica (lunedì 14 giugno), a Francesco Guccini stanno arrivando da giorni telefonate, biglietti, messaggi di auguri. Ma lui si schermisce: «No, il giorno del mio compleanno non faccio proprio nulla. Sto qui, a Pavana, spero in santa pace. Ho scoperto che alcuni amici mi volevano fare un’improvvisata, ma sono riuscito ad annullare tutto».

In realtà c’è un concerto a fine mese nella piazza Grande della sua Modena annunciato come festa di compleanno. «Ma non è vero — ribatte un po’ stizzito— E’ una esibizione come tutte le altre e soprattutto non è, come qualcuno va raccontando in giro, il mio ultimo concerto. Ci mancherebbe... Lo dico perché magari quella sera il pubblico si aspetta chissà cosa». E tanto per essere più chiaro snocciola le date della prossima tournée autunnale (con scaletta rinnovata): l’11 settembre Torino, il 6 novembre Roma, il 26 novembre Pistoia, il 10 dicembre Milano. Intanto Francesco lassù in montagna («sì, ho la macchina ma non la patente, guida la mia compagna») passa le giornate come il protagonista di una novella cechoviana: «In questo periodo non ho voglia di far niente, trascorro il tempo per lo più leggendo. In estate è un peccato lavorare».

Ma la noia è bandita: «La mattina c’è da andare al lago di Suviana, dove ho la canoa, a prendere il sole. Nel pomeriggio ci si riposa e la sera arriva sempre qualche amico per cenare. E poi ho tante altre cose da fare, anche se non sono un gran contadino: devo guardare l’orto e curare le piante attorno a casa. Peccato che non sia più il camminatore di un tempo».


La città non le manca?
«No, Bologna è cambiata e le compagnie si sono frantumate. In fondo la vita qui a Pavana non mi sembra diversa da quella della mia infanzia, anche se allora non c’erano riscaldamento e acqua corrente. L’unica cosa che devo avere vicino è una libreria».


Da accanito lettore su cosa si è soffermato recentemente?
«Sugli ultimi gialli italiani di Camilleri e Carofiglio. Ho molta curiosità verso il genere: la mia attenzione per questa letteratura è aumentata da quando ho scoperto che un tempo gli scrittori italiani camuffavano il nome con pseudonimi stranieri per farsi pubblicare»


Anche lei sta scrivendo un giallo con Loriano Macchiavelli?
«Sì, ma le cose vanno a rilento perché abbiamo avuto qualche difficoltà. Immagino che il libro uscirà il prossimo anno. C’è un nuovo personaggio, un ispettore forestale giovane, sfrontato e guascone a cui ho dato il nome di un amico del paese, Marco Gherardini detto Poiana. E’ una storia contemporanea che si svolge in montagna. Con Loriano lavoriamo come sempre: ognuno di noi scrive un capitolo che ci scambiamo».


E il tanto sospirato nuovo disco come va?
«Anche lì non ho fatto grandi progressi: ho tre canzoni pronte e due le faccio in concerto. Una si intitola ‘Su in collina’ ed è la versione italiana di una poesia bolognese di Gastone Vandelli, nell’altra, ‘Il testamento del pagliaccio’, si parla di un uomo sconfitto da tutte le cose da cui metaforicamente veniamo uccisi tutti noi in questo Paese. Ma in realtà, se avessi pezzi nuovi, non li farei dal vivo per non finire subito su Internet».


Settant’anni sono ovviamente occasione di bilanci. C’è stato un periodo più importante di altri nella sua vita?
«No, è venuto tutto in maniera naturale e senza forzature. Mi sono trovato a fare un mestiere che non mi sono cercato e che non immaginavo di fare quando ho iniziato a collaborare con l’Equipe 84 e i Nomadi o quando cantavo fra gli studenti all’osteria delle Dame a Bologna. Nella mia vita non ci sono state svolte o cambiamenti epocali».

Il più grande dolore?
«La scomparsa recente di Renzo Fantini che non era solo il mio manager ma un vero amico. La sua morte è stata così rapida che mi ha lasciato senza fiato. Ci conoscevamo dal ’74 e di strada insieme ne abbiamo fatta molta».

Che effetto fa essere nato lo stesso giorno di Che Guevara?
«L’ho scoperto da poco. L’anno scorso in questo periodo ero a cena sul Monte Amiata quando per scherzo ho fatto un brindisi ‘a una persona nata il 14 giugno che il mondo non dimenticherà mai’. Tutti mi hanno guardato stupiti, pensando che parlassi di me. ‘A Che Guevara’, ho urlato alzando il bicchiere»

Un’ultima cosa: Guccini, in confidenza, lei guarda la televisione?
«Sì, i notiziari, i film, l’attualità... Ho anche la parabola che però non si attacca alla mia vecchia tv. Beh, insomma, dico la verità: sono mesi che devo comprare una nuova televisione ma proprio non mi decido a farlo».

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