venerdì 29 gennaio 2010

In tv alla Boia d'un Giuda!


Tra i tanti maglioni guccineschi questo è il migliore: verde pisello con banda blu! Quando Chiambretti era piccolo il non ancora Dott.Guccini erudiva gli studenti della più antica università del mondo, con l'analisi strutturale della canzone "Come Giuda" di Katina Ranieri, attualizzata all'oramai (purtroppo) remoto e ricomposto "tradimento bossiano" al Berlusca.

Intervallo

lunedì 25 gennaio 2010

Guccini a Padova 22 gennaio 2010

«Ma che bel palazzetto, se fossi il signor Berlusconi direi che l’hanno fatto per me. Anzi direi “l’ho fatto io”!», scherza Francesco Guccini dal palco del Palasport San Lazzaro di Padova, messo a nuovo e inaugurato proprio venerdì dal cantautore modenese. Non è solo (ottima) musica un concerto di Guccini. È anche racconto, battute fulminanti e siparietti con il pubblico e con la band, momenti che rendono unici gli appuntamenti con la voce più coerente e vitale che la musica italiana abbia mai avuto. Prima di iniziare le due ore e mezza di concerto (che quasi non fanno credere alle 69 primavere del cantautore) un’altra battuta, questa volta sulla candidatura di Brunetta a sindaco di Venezia «che forse non ha pensato all’acqua alta», poi è tempo di musica.

Come ogni rito che si rispetti il concerto è aperto da «Canzone per un’amica» (da sempre la canzone d’avvio dei suoi live) e il pubblico del palazzetto sold out (più di 5.500 persone) la canta assieme, platea «educata» da chissà quanti altri concerti, rigorosamente seduta a terra fino alle ultime canzoni. Poi Guccini riscopre qualche vecchio brano di una carriera che supera i 40 anni, «Il tema», «Noi non ci saremo» (con arrangiamenti nuovi). «Non posso farle tutte – risponde alle richieste dal pubblico - ci vorrebbero tre mesi», e poi ancora «Canzone delle osterie di fuori porta», «Vedi cara», e un’infilata di tre brani da togliere il fiato, vette della produzione di Guccini, «Canzone quasi d’amore», «Incontro» e «Farewell». Un gioco con il tempo quando presenta una canzone del 1964 pubblicata live solo nell’album «Quasi come Dumas», «Ti ricordi quei giorni», affiancandola a due inediti, «Su in collina» e «Il testamento del pagliaccio».

Ancora spazio ad un siparietto in cui il cantautore modenese, un po’ Keaton e un po’ Dylan, spiega che vorrebbe andare per un mese in una balera ad Amburgo con un nuovo gruppo, i Fusti all’italiana, e proporre un repertorio tristissimo, come «Il torrente» e «Vola colomba» che la band si mette a suonare. Guccini regala un'altra interpretazione inedita della canzone di Nilla Pizzi prima di interrompere «l’ignobile performance» tra le risate del pubblico. La scaletta passa da «Don Chisciotte» a «Eskimo» (altro capolavoro), fino a «Cirano», saltando tra decadi diverse di una produzione di immutata qualità. Il finale è dedicata ai classici senza tempo, «Il vecchio e il bambino», «Auschwitz». Un intermezzo con «Un altro giorno è andato», poi il finale è scritto da anni, ma sempre nuovo, «Dio è morto» e la canzone simbolo, «La locomotiva». Qui si è tutti in piedi. Le luci si accendono e l’arrivederci di Guccini è una promessa più che un saluto.

Francesco Verni Corriere della Sera 23 gennaio 2010

Guccini in 5 minuti, parte prima

giovedì 21 gennaio 2010

Canzone di notte numero 4?
Per ora non la canta ai concerti.

«I l concerto è sempre lo stesso, sempre diverso, come dice la canzone», ride Francesco Guccini, citando la sua «Piccola città». Il cantautore modenese sarà a Padova venerdì per inaugurare il nuovo palazzetto dello sport. L’«effetto Guccini» ha mandato sold out in prevendita la data padovana (ore 21.30, info 049/8644888) e l’unica occasione per sentirlo nelle vicinanze sarà il concerto del 12 marzo a Trieste (ore 21.30, info 0431/510393 ). «Io sono sempre quello, le canzoni sono quelle e i musicisti sono gli stessi – continua Guccini divertito - poi arrivano da me delle persone che dicono di essere al quinto concerto consecutivo “perché tutte le volte cambia» .

Sarà anche per la parte di dialogo con il pubblico, imprescindibile nei suoi concerti… «Sì, quella è sempre improvvisata, dipende dalla serata e dalla gente: il pubblico in un concerto deve essere una buona spalla».

In scaletta ci sarà qualche brano che non riproponeva da tempo? «A Padova non suoniamo da tanto, per chi verrà ci saranno delle sorprese. Ovviamente l’apertura e la chiusura del concerto saranno “Canzone per un’amica” e “La locomotiva” in mezzo alcuni brani che non faccio da anni».

E per quanto riguarda gli inediti? «Suonerò due brani non pubblicati. Uno si chiama “Il testamento del pagliaccio” e racconta di questo pagliaccio in cui ognuno ci si può ritrovare. L’altro brano si chiama “Su in collina” e parla di un episodio della guerra partigiana che ho riproposto partendo da una poesia dialettale bolognese».

Si parlava anche di un terzo brano, «Canzone di notte n. 4»… «Sì ma quello è talmente inedito che non l’ho mai fatto dal vivo. Se la facessi finirebbe immediatamente come le altre su Youtube, e vorrei che nel prossimo album qualche canzone veramente inedita ci fosse».

Ma il nuovo album è a buon punto? «Eh, l’album è molto in fieri, qualcosa farò prima o poi, ma forse è più facile il poi del prima. È difficile che esca anche quest’anno».

Nonostante alcune canzoni abbiano più di 40 anni, nei suoi concerti ci sono moltissimi ragazzini, come se lo spiega? «C’è molto affetto nei miei confronti, la gente ha simpatia per questo personaggio che non è cambiato attraverso il tempo, nonostante il tempo imperversi. Forse è anche un premio alla coerenza della mia carriera».

In questi giorni è al cinema con “Io e Marilyn” di Pieraccioni, ormai sono tanti i suoi camei cinematografici... «Non ho vocazioni cinematografiche, è solo un gioco! Succede spesso ma solo quando sono chiamato dagli amici, con Pieraccioni è già il terzo. È un zingarata alla “Amici miei”, un’occasione per stare tre giorni assieme e vedersi».

A febbraio dovrebbe uscire «Non so che viso avesse», una sua ampia autobiografia, ce la racconta? «Gran parte la fa il professor Alberto Bertoni che ha scritto quello che riguarda le canzoni e i libri, io ho scritto alcuni episodi, come l’esperienza della balera e quella del giornalismo, tutto con un tono molto leggero, quasi umoristico».

Del Veneto ha qualche ricordo particolare? «Adesso va molto di moda tra i giovani bere fuori da un bar e riempire le strade, una delle cose che ricordo di Padova è proprio lo spritz, già in voga tanti anni fa: avete percorso i tempi».

Francesco Verni
20 gennaio 2010 Corriere della Sera

lunedì 18 gennaio 2010

Se Dio non è un fornaio...


Da una bella
Una bella intervista raccolta da Brunetto Salvarani, è nato un articolo sull'ultimo numero della rivista cattolica "Vita e pensiero", sulla genesi di "Dio è morto" ma anche su una canzone che Francesco tiene nel cassetto su Gesù che ride nella sua veste bisunta di artigiano


...dal Giornale 18/1/09:


nel numero in uscita della rivista Vita e Pensiero, FG ripercorre infatti la stesura della canzone (che tra l’altro non ha mai prodotto in studio a suo nome) in un articolo intitolato Dio (non) è morto, la ricerca continua (firmato dal cantautore, con la curatela di Brunetta Salvarani). «Avevo venticinque anni - scrive Guccini - e stavo studiando all’università di Bologna, i primi sit-in e il Sessantotto erano alle porte, era mia intenzione scrivere qualcosa di generazionale». Dio, a quanto pare, non era morto, anzi si sentiva e si sente piuttosto bene: «Il “dio” di cui parlavo era un “dio” con la minuscola, un “dio” laico simbolo dell’autenticità». L’idea era incitare - come accade nei versi finali - al rinnovamento, a «una nuova primavera» giocando su un «registro fra l’apocalittico e l’esistenziale» per trasmettere «la consapevolezza che qualcosa doveva cambiare».
Ecco perché il brano se la prende con «tutto ciò che è falsità», cioè «le fedi fatte di abitudine e paura, / una politica che è solo far carriera, / il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, / l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto». Ed ecco perché si conclude con note di speranza: «In ciò che noi crediamo dio è risorto, / in ciò che noi vogliamo dio è risorto, / nel mondo che faremo dio è risorto». «I primi versi - spiega Guccini - sono un’accusa, gli ultimi risentono del pacifismo che c’era allora, ed era una mia risposta a un extraparlamentarismo che sentivo come troppo violento». Una canzone generazionale, al punto che l’autore si stupisce ogni volta che la esegue dal vivo, poiché «i giovani» la conoscono «a memoria, dopo tanti anni».
A parte Nietzsche, Guccini cita fra le sue fonti una clamorosa inchiesta del Time realizzata da John T. Elson, Is God Dead? (Dio è morto?), uscita l’8 aprile 1966, quasi a ridosso della conclusione del Concilio Vaticano II; l’incipit della poesia manifesto della beat generation (Howl, Urlo) di Allen Ginsberg, ripreso quasi alla lettera: «Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia»; e una serie di versi vergati in precedenza e ispirati a T.S. Eliot.
Per il futuro non è escluso che Guccini scriva una canzone su Gesù: «Avrei voluto farla ma non ci sono riuscito... Non è detto che non la faccia, prima o poi. Però ho perso i riferimenti: avevo trovato un paio di articoli di giornale su questo argomento, che mi avevano colpito... Erano su Gesù che ride. Avevo anche scritto alcuni versi, su un Gesù con le mani da artigiano e la veste unta...». No, Dio decisamente non era morto.

giovedì 14 gennaio 2010

I nostri romanzi giocati a Bim Bum Bam


Intervista a Loriano Macchiavelli oggi sul Sole 24 ore:
AB - Impossibile non citare la sua amicizia con Francesco Guccini, con cui avete collaborato per la stesura di cinque romanzi. Come è nata l'idea? Come vi siete ripartiti il lavoro?

LM - L’idea è nata da una storia vera che Guccini aveva sentito narrare nella sua Pavana e che risaliva agli anni ‘30. Me ne ha parlato e mi ha detto che, se volevo, potevo usarla come spunto per un mio romanzo. L’editor della Mondadori, presente al colloquio, ci ha proposto di scriverlo assieme. Lo abbiamo fatto, ci siamo divertiti, abbiamo continuato, ecc. ecc.
Il lavoro ce lo ripartiamo a seconda dell’argomento del capitolo che andiamo ad affrontare. Se piace a me, scrivo io; se piace a Guccini, scrive lui. Se piace a me e a Guccini, ce lo giochiamo a bim bum bam e se lo prende chi vince. Se non piace a nessuno dei due, ce lo giochiamo ancora a bim bum bam e se lo prende chi perde.

martedì 12 gennaio 2010

Lebowski come Deleuze

Come evangelista del culto del "Dude" non posso non segnalare . questo nuovo libro (dottissimo) sull'argomento

martedì 5 gennaio 2010

Andrea Roncato, che con Gigi testava "Opera Buffa"


Fine Anni ‘60: Andrea Roncato è spinto al debutto dal giovane autore Francesco Guccini, che a lui e Gigi Sammarchi affida alcuni dei suoni brani più ironici che entreranno poi nell’album dal vivo Opera Buffa (1973). Così, all’Osteria delle Dame di Bologna, nasce il duo Gigi e Andrea. Andrea Roncato, in Ti avrei voluto (Excelsior 1881), racconta a ritroso la sua carriera nel mondo dello spettacolo.