giovedì 29 ottobre 2015

"Quasi nulla mi sembrò cambiato in lui..."

da http://www.qcodemag.it

Quasi nulla mi sembrò cambiato in lui

L’edizione del Club Tenco dedicata a Guccini raccontata da un indomito gucciniano
Il tributato, a fine tributo, esce per ricordare a tutti di essere ancora vivo
(ATTENZIONE: Il pezzo è lungo quasi come una canzone lunga di Guccini. Se ne sconsiglia vivamente la lettura ai non gucciniani o ai gucciniani domati)
di Mauro Mercatanti
INEVITABILE PREMESSA
È l’ultima delle tre sere dell’edizione 2015 del Club Tenco, quella sorprendentemente dedicata all’ancora vivo e vegeto Francesco Guccini. Sul palco ci sono alcuni dei suoi “musici” storici, stanno eseguendo “Canzone delle Osterie di Fuori Porta”, canta Juan Flaco Biondini (essendo risaputo che il buon Francesco, 75 anni suonati, di cantare non ne ha più voglia e non intende farsela tornare). Alla fine Flaco, commentando il verso della canzone in cui Guccini definisce la sua gloria di cantante “qualcosa che andrà presto, quasi come i soldi in tasca”, si prende gioco delle capacità divinatorie del Maestro, che ha così clamorosamente toppato le previsioni.
Ed effettivamente proprio così sembrano stare le cose: la gloria non intende scollarsi dal corpaccione allampanato di questo “modenese volgare”, “cullato tra i portici cosce di Mamma Bologna” e infine ritornato a Pàvana, il “ricordo lasciato sopra i monti dell’Appennino”. Una piccola storia tutt’altro che ignobile che, da sola, basterebbe a raccontarci quanta distanza si è ormai materializzata tra l’epoca e l’Italia di Guccini, fatta anche di canzoni lunghe come ere geologiche e di parole orgogliosamente alate, e questi nostri tempi tristanzuoli, in cui le canzoni si fanno prevalentemente col timer (perché ormai più di un tot la gente non ascolta) e le parole si scrivono col twitter (perché ormai più di un tweet la gente non legge).
Ed è forse per questo che quelli un po’ spaesati come me – nato e cresciuto a piombo, pane e cantautori e poi buttato a calci in culo dentro l’era del digitale – vedono in Guccini un punto di riferimento, luminoso come la stella maggiore e rassicurante come un fratello maggiore. Perché, in fondo, è anche colpa sua se mi sono affezionato perdutamente a un mondo e a un modo che, di lì a poco, si sarebbero inesorabilmente avviati all’estinzione. Hai presente quando ti sfilano la sedia mentre stai per sederti o quando voti Bersani e ti ritrovi Renzi? Ecco, una sensazione del genere. Che è poi quella che ti rende quel curioso guazzabuglio perennemente a metà tra la malinconia (sennò come potresti capire Guccini?) e un pizzico di compostissima rabbia (sennò come potresti tirare su il pugno, pur rimanendo seduto, dentro a un luogo sanremese come l’Ariston di Sanremo, in corrispondenza dei tre punti comandati della liturgica “Locomotiva”?). Ma andiamo con ordine.
VENERDI’
marco

L’inviato specialissimo: Mauro “Marco” Mercatanti
Q Code Mag mi ha inviato qui per raccontare questa curiosa edizione del Tenco. Voglio dunque essere all’altezza di codesto mio primo (e credo ultimo) pass con sopra scritto STAMPA e sotto il nome, ovviamente e rigorosamente sbagliato.
La formula delle tre serate è presto detta: tutti gli artisti invitati devono infilare nelle loro mini scalette un omaggio a Guccini, pescando nel mare magnum della sua sconfinata opera e reinterpretando un suo brano a loro piacimento.
Io, arrivando di venerdì, mi perdo tutta la serata di apertura, tra cui Vecchioni, commosso come sempre, che legge “Bisanzio” e canta “Incontro”. A mia volta commosso per lo scampato pericolo (non me ne voglia il Professore ma dopo “Voglio una donnadonnadonna con la gonnagonnagonna” ho ritenuto di bigiare sistematicamente tutte le sue successive lezioni), mi cucco una overture con l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, diretta al piano dal mitologico Vince Tempera (“è là!”) e una non meglio identificata Vanessa Tagliabue Yorke che canta con voce troppo pulita ed educata il trittico “Radici”, “Canzone quasi d’amore” e “Cyrano”.
Da lì in poi è tutto un andirivieni di talento puro, a tratti indiscutibile (Bobo Rondelli fa una versione così così de “L’avvelenata” con l’ukulele e Mauro Ermanno Giovanardi si cimenta con un improbabile ma affascinante mix tra – giuro! – “Dio è morto” e “je t’aime moi non plus” di Gainsbourg), a tratti insostenibile (la cantante folk inglese Jacqui McShee, un macigno di rare proporzioni, che tra l’altro – unica di tutta la rassegna – non omaggia Francesco).
Poi tocca al simpatico Pieraccioni, invitato più per la conclamata guccinite che per l’imprescindibilità delle sciocchezzuole musicali che ci propone (bella, invece, la versione di “Venezia” che affronta con onestà). Chiude la serata di venerdì un’apparizione da cui non mi sono ancora ripreso del tutto. Carmen Consoli, con fender rosa a tracolla, tacchi di un chilometro e una classe che s’è dovuto far spazio sul palco sennò non ci entrava tutta. Io non l’avevo mai vista dal vivo e ho passato tutto il tempo a chiedermi perché. Ha iniziato, tra l’altro, con una versione de “Il vecchio e il bambino”, solo voce e chitarra elettrica, che ha incantato tutti e mi ha fatto pensare che prima di lei si fosse un po’ scherzato. Poi un set tutto al femminile con pezzi belli e tiratissimi. Insomma, per farvela breve, entro gucciniano ed esco che non riesco più a togliermi la Consoli dal cervello. Vabbè – penso – ci lavorerò con calma, adesso vai a letto, che s’è fatta una certa.
SABATO
fila

Un grande classico di tutti i tempi: gente in fila per ascoltare Guccini.
Mi sveglio pensando alla Consoli e la cosa rischia di farsi pericolosa. Per fortuna nel pomeriggio c’è un incontro con Francesco Guccini che parla della sua attività di scrittore. Arrivo alla sede del Club Tenco, ricavata nella ex stazione ferroviaria di San Remo, e mi trovo di fronte alla solita calca umana, che immancabilmente si crea ogni qual volta si tratti di sentire Guccini (che canta, che parla o che declama la lista della spesa, poco importa).
Ed ecco dunque il momento dell’incontro vero e proprio: dopo averlo evocato per tutto il giorno prima, arriva il Sommo Poeta delle Osterie di Fuori Porta. Volete la verità? Lo trovo molto vecchio e ricurvo. Ha proprio le classiche movenze dell’anziano, quella andatura un po’ incerta di chi ha paura di cadere che avevo intravisto nell’ultimo concerto milanese di tre/quattro anni fa, con la voce – solitamente robusta e piena – che cominciava ad accusare un certo affaticamento. Non mi stupì, di lì a poco, leggere della sua decisione di non fare più concerti. Ebbene, non ho fatto in tempo a pensare a quanto fosse invecchiato che il buon Francesco ha cominciato a parlare, facendomi capire che il ragazzone è ancora tutto lì dentro e non solo sa ancora il fatto suo, ma sembra che lo sappia persino meglio di prima. Chi oggi sostiene di fare storytelling dovrebbe ascoltare Guccini raccontare una storia, una qualunque. Verrebbe travolto da uno straordinario e inarrivabile miscuglio di alto e basso, di umiltà e autorevolezza, di leggerezza e profondità, di saggezza tagliente e amabili puttanate. È ancora lui, è sempre lui e la gente gli vuole bene. Ma gli vuole bene tanto tanto, gli vuole bene a pacchi, gli vuole bene con ostinazione quasi, nonostante lui faccia di tutto per defilarsi da questo incessante tsunami di affetto, al punto da essersi asserragliato nel piccolo paese dell’appenino tosco emiliano. Niente da fare, pare che la gente si rechi a Pàvana in pellegrinaggio, per volergli bene anche lì.
In serata torno all’Ariston per la serata finale e, camminando per corso Matteotti, credo di capire meglio l’origine di cotanto affetto leggendo le mattonelle che – in stile Hollywood – ricordano le canzoni che, dal 1961, hanno vinto il Festival della canzone italiana. E insomma, credo di poter dire che nel paese delle canzonette effimere, le canzoni di Guccini hanno rappresentato un appiglio. Qualcosa a cui aggrapparsi forte, per non essere spazzati via dai “Fiumi di parole” dei Jalisse o da Povia che vorrebbe avere il becco, canzoni di cui vi sfido a ricordare anche una sola fottutissima nota.
All’Ariston sabato sentiamo invece i raffinati Têtes de Bois che fanno “Canzone delle situazioni differenti”; ascoltiamo una splendida versione di “Autogrill”, completamente riscritta in inglese dal vulcanico Bocephus King, indio-canadese scalzo, matto e strepitoso; apprezziamo l’ottimo Cesare Basile con “La ballata degli annegati” e il gran finale con i musicisti e gli amici di Guccini (i già Citati Juan Flaco Biondini e Vince Tempera con, tra gli altri, Roberto Manuzzi, Jimmy Villotti, Deborah Kooperman, Antonio Marangolo) che, oltre alle Osterie, suonano “Noi non ci saremo”, “Asia” e “La locomotiva”, per l’immancabile finalone ligure.
Essendo che non voglio far la figura dell’ottuso fan acritico, non posso esimermi dal biasimare la scelta di Pacifico che, forse spiazzato dal forfait di Samuele Bersani con cui si doveva esibire, ha offerto una prova un po’ deboluccia e, quel che peggio, ha cantato una canzone di Guccini che non conoscevo e che ho trovato di una bruttezza definitiva (credo si chiami “Gli artisti” o una cosa del genere, ultimo album, quello prima del ritiro, ora capisco perché).
Mia menzione specialissima va invece a Giovanni Truppi, un giovane artista pazzesco, che dimostra come una nuova musica d’autore italiana, possente e originale, sia non solo possibile ma già viva e scalciante. Il ragazzo vien fuori in canotta e chitarra elettrica, attacca con una versione da brivido di “Gli amici” e poi spara (letteralmente, spara) tre pezzi da restarci secchi. Inutile che stia qua a menarla, ché tanto s’è capito che non sono un critico musicale, però lo stesso mi permetto di ripetervi che Giovanni Truppi va tenuto d’occhio tendendo le orecchie. E, con questo, credo di aver chiuso sul versante della cronaca. Andiamo dunque a chiudere.
EPILOGO

Povia

E niente, nel 2006 il Festival lo ha vinto Povia.

Sì lo ammetto, sono stato tra quelli che, in giovinezza, si sono recati con sfrontata baldanza a bussare alla porta di via Paolo Fabbri 43, per anni leggendaria abitazione di Guccini a Bologna.
E sì lo so, non si dovrebbe mai conoscere i propri miti, perché è troppo alto il rischio di restare delusi. Ma con lui, sappiatelo, non andava a finire così. E infatti quella porta, per noi come per molti altri, si è sempre aperta. Quel giorno ci invitò all’Osteria da Vito. Ci fece stare con lui tutta la sera. Ci presentò Lucio Dalla. Ci lesse le bozze del suo primo romanzo. Il tutto bevendo vino e fumando una sigaretta dopo l’altra.
Trattandoci da ospiti graditi, anziché dai rompicoglioni che, in fin dei conti, eravamo. Ci congedò verso l’una, con delicata gentilezza, per cominciare finalmente la sua serata con i suoi amici. Ce ne andammo felici e ubriachi persi, sbattendo contro le saracinesche chiuse di Bologna. Da quel giorno per noi Guccini smise di essere un mito e divenne qualcosa di più e di diverso. Sicuramente non un parente, ma certamente non soltanto un cantante. Una persona preziosa, che col tempo ho un po’ perso di vista (pensate che da un certo punto in poi ho persino smesso di comprare i suoi dischi), ma che comunque sta lì, in mezzo alle mie radici, e che tanto ha dato alla formazione del mio gusto, del mio modo di vivere e di esprimermi e persino di quel mio essere un po’ anziano prima di diventarlo veramente (che non è poi così male come sembrerebbe, credetemi).
So che dopo sabato – quando alla fine è uscito sul palco a salutare il pubblico, a ringraziare per l’affetto e a ricordarci che però, vacca d’un cane, lui è ancora vivo – non lo rivedrò più.
Ma so anche che, comunque, continuerà a rimanere la presenza preziosa che è sempre stato.
E so infine – e sono in grado di annuciarlo vobis magno cum gaudio – che ha realizzato quella che in una sua canzone definiva la sua “ambizione” (e che, manco a dirlo, è diventata anche la mia): invecchiare bene. Anzi, direi benone.

giovedì 22 ottobre 2015

Quasi come IL falegname


“Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto”

Questo il titolo del nuovo libro di Guccini in uscita il 17 novembre,  Mondadori, 15 euro.

"Da dietro il crinale della collina si vede arrivare il piccolo corteo, preceduto dal suonatore di fisarmonica e dal mescitore di vino... Lo sposo e la sposa sono in cammino dall'alba, raggiungeranno la chiesa non proprio freschissimi e poi, dopo la cerimonia, riprenderanno la strada insieme agli altri, di nuovo per mulattiere, pronti a godersi un pranzo e una cena con l'appetito rinvigorito dalla scarpinata. Un matrimonio oggi inimmaginabile, che era perfettamente normale quando il piccolo Francesco Guccini vi prendeva parte, portando in dono agli sposi... uno spazzolino da denti! E ancora: il funerale del mitico Gigi dell'Orbo, il sarto sempre ubriaco, il tenore lirico appassionato di ciclismo, la contadina poetessa, l'uomo che era convinto di dover reggere il cielo e tante altre "istantanee", colme di ironia e appena velate di malinconia, di un tempo andato che non ritornerà."
da http://www.libreriauniversitaria.it

Da stasera al Club Tenco


Giovedì 22 ci sarà la proiezione di “Guccini racconta Francesco. Un’intervista lunga vent’anni” di Fausto Pellegrini. A seguire, “Dovevo fare del cinema”, un montaggio delle apparizioni in film del cantautore, a cura di Tommaso Bertoncelli. Infine, il video “Trobàr: una cosa piccola di ieri che domani è già finita” di Ugo Cattabiani e Luca Vitali.
Venerdì 23, “I musicisti di Guccini parlano”, un incontro con Tiziano Barbieri, Juan Carlos “Flaco” Biondini, Deborah Kooperman, Roberto Manuzzi, Antonio Marangolo, Pierluigi Mingotti, Vince Tempera, Jimmy Villotti, ovvero i musicisti storici di Francesco che la sera dopo suoneranno all’Ariston. Venerdì 23 e sabato 24 ci saranno incontri intorno a Guccini con Riccardo Bertoncelli, Guido De Maria (Premio Tenco 2015 all’operatore culturale), Gino e Michele, Giovanni Impastato, Carlin Petrini, David Riondino, Sergio Staino e Nicola Sinisi. Infine, sabato 24, un incontro con Guccini stesso, in qualità di scrittore.
Nei tre giorni, in sede sarà anche possibile visitare la mostra “Fra la rete dei giardini. Canzoni di Guccini fotografate”, a cura di Cosimo Damiano Motta, Elisabetta Vacchetto e Pierangelo Vacchetto.
Alle 18.30 ci si trasferirà in piazza dei Dolori, nel quartiere della Pigna, dove, in collaborazione con l’associazione Pigna Mon Amour, ci saranno degli aperitivi con momenti di spettacolo. Si comincerà giovedì 22 con le canzoni pacifiste di Guccini interpretate da Olden, nell’ambito di “Ottobre di pace”; venerdì 23 l’attrice versiliese Elisabetta Salvatori leggerà un racconto di Guccini pubblicato nel 2001, “La cena”, mentre sabato 24 andrà in scena “L’Ora Canonica”, con Filippo Bessone, Azio Citi e Luca Occelli.
Le serate sono invece previste al Teatro Ariston, dalle ore 21. Giovedì 22 saliranno sul palco: Appino, John De Leo, Vittorio De Scalzi, Cristina Donà (Targa Tenco miglior canzone), La Scapigliatura (Targa Tenco migliore opera prima), l’Orchestra Nazionale dei Giovani Talenti del Jazz diretta da Paolo Damiani, Roberto Vecchioni.
Venerdì 23 toccherà a Carmen Consoli, Armando Corsi (Premio “I Suoni della canzone”), Mauro Ermanno Giovanardi (Targa Tenco migliore album), Jacqui McShee (Premio Tenco), l’Orchestra Sinfonica di Sanremo diretta da Vince Tempera con Vanessa Tagliabue Yorke alla voce, Leonardo Pieraccioni, Bobo Rondelli.
Sabato 24 sarà la volta di Cesare Basile (Targa Tenco migliore album in dialetto), Samuele Bersani & Pacifico (Targa Tenco miglior canzone), Bocephus King, Musici & Friends (reunion dei musicisti storici di Guccini), Têtes de Bois (Targa Tenco migliori interpreti), Giovanni Truppi.
Tutte le sere Paolo Migone avrà il compito di intrattenere il pubblico nei cambi-palco. La regia è di Michelangelo Ricci. I pomeriggi e le serate saranno condotte da Antonio Silva.
Da mercoledì 21 a domenica 25, dalle 10 alle 21, all’Ariston, sarà aperta la mostra di disegni umoristici “Guccini e l’infermeria” a cura di Stefano Giraldi, da un’idea di Luciano Barbieri.
“Fra la via Aurelia e il West – dedicato a Francesco Guccini” è organizzato dal Club Tenco con il contributo del Comune di Sanremo e di SIAE, il sostegno di Coop Liguria e Casinò di Sanremo e media partner RaiRadio 2 e RaiRadio 7 live.
Ecco le prime anticipazioni sulle canzoni:
John De Leo - Il pensionato
Paolo Damiani - Quattro stracci
Roberto Vecchioni - Incontro
Vince Tempera dirigerà l'orchestra sinfonica di Sanremo ed eseguirà tre canzoni.

mercoledì 7 ottobre 2015

Pieraccioni al Tenco per Guccini





 Leonardo Pieraccioni sarà protagonista al grande omaggio del Club Tenco a Francesco Guccini, salirà sul palco in veste di cantante e cantautore,
“Fra la via Aurelia e il West – dedicato a Francesco Guccini” è organizzato dal Club Tenco con il contributo del Comune di Sanremo e di SIAE e il sostegno di Coop Liguria e Casinò di Sanremo. Biglietti e abbonamenti si possono acquistare alla cassa del Teatro Ariston (Via Matteotti 107, Sanremo - Tel. 0184 507070) tutti i giorni dalle 16 alle 21, anche telefonicamente. I singoli biglietti (il cui prezzo varia da 24 a 45 euro) possono essere acquistati anche on line attraverso www.clubtenco.it, www.premiotenco.it e www.facebook.com/ilclubtenco.