venerdì 9 dicembre 2011

Pieraccioni: Guccini trasformò un bambino triste in regista


Oggi su Repubblica Firenze Pieraccioni confessa a Roberto Incerti:
"La mia nonna andò in un negozio di dischi e chiese un disco
adatto ad un nipote di undici anni: le dettero "Via Paolo Fabbri 43" di Guccini.
Da allora è il mio album preferito. Adoro "Il pensionato", gliel'ho detto anche a
Francesco: è una canzone cinematografica, fatta di immagini, per me è stata
fondamentale per fare il regista.
Il mio primo concerto di Guccini lo vidi nel 76 al Parterre di Firenze,
seduto su una seggiolina di legno: altro che le norme di agibilità che ci sono oggi!
Mia mamma dice sempre: Leonardo, tu sei nato triste, meno male che sei diventato
allegro crescendo."

"Un altro giorno è andato. Dizionario delle cose perdute"

In uscita il prossimo febbraio a 10 euro, nella nuova collana "Libellule" di Mondadori

Dalle osterie fuori porta alle braghe corte che oggi nessun ragazzino è più costretto a portare, dal fumo libero nei cinema ai telefoni in duplex, dalla macchina da scrivere ai taxi verdi e neri che quasi nessuno ricorda più, dalle linguette per aprire le lattine agli odori - non ancora coperti dallo smog globale - che animavano ogni angolo delle città: con un poco di nostalgia, ma soprattutto con tutta l'energia e la poesia della sua prosa, Francesco Guccini rivolge il suo sguardo sornione su oggetti, situazioni, emozioni di un passato che è di tutti, ma che rischia di andare perduto. Un viaggio nella vita di ieri che si legge come un romanzo: per scoprire che l'archeologia "vicina" di noi stessi commuove, diverte e parla di come siamo diventati.

Opere di Leonardo Cannistrà

La Genesi - in versione teatrale

giovedì 1 dicembre 2011

Disco pronto, come i meloni a marzo!


GUCCINI, è pronto per l’ultimo concerto?
«Scusi?».
Sabato a Bologna, è stato annunciato da tempo.
«Che palle, ’sta storia del ritiro».
Allora non è vero?
«Mi fermo solo per un po’».
Hanno detto il contrario.
«Perché annunciare che Guccini smette fa notizia».
Sospende solo i concerti?
«Sì. Cosa crede, è una fatica stare due ore e mezzo su un palco. Alla mia età».
Ne fa una questione di età?
«Soprattutto. In miniera si fa molto più fatica ma si smette anche molto prima».
La abbiamo vista di recente a Mantova e sembrava in forma.
«Ma poi la stanchezza si sente. Dovrei essere in pensione da tempo. Si parla di andare in pensione a 67 anni, ne ho 71, dunque i conti sono presto fatti».

In effetti Ivano Fossati si è fermato prima.
«Ciascuno ha il diritto di scegliere di riposarsi».
Flaco il suo chitarrista resterà disoccupato.
«Penso anche agli altri. Flaco dice sempre che faccio pochi concerti. Mi dispiace».
Il nuovo disco è pronto? L’ultimo, “Ritratti”, è del 2004.
«Ho da parte le solite tre, quattro canzoni».
Quindi?
«È pronto come i meloni a marzo. Li mangia i meloni a marzo?».
Di solito no.
«Appunto».
Ma ora ci lavorerà?
«Certo proverò a scrivere qualche canzone. Non ho mai detto che starò a guardare fuori dalla finestra senza fare nulla.
“Fantoni Cesira” e “Il bello” sono del ’73 ma parlano di sesso per interesse. Le recupererà?
«Non mi sembra il caso. Funzionavano quando le ho scritte. Altre, per tutte “Il frate”, hanno una certa età ma le ho recuperate e sabato nel presunto ultimo concerto le farò».
Alfano, che non è proprio dalla sua parte politica, ha detto che è il suo cantautore preferito.
«Magari ha cambiato idea. Comunque mi auguro che chi mi ascolta lo faccia oltre alla fede politica».
E i ventenni ai suoi concerti?
«Ho una moralità ufficiale. Non ho mai trasgredito».
E i pugni alzati quando canta “La locomotiva”?
«Lì è un’altra storia. Quando si è in gruppo ci si lascia trascinare dall’entusiasmo. Vedo gente di destra che a quel punto alza il pugno».
Ha letto di Lucio Magri?
«Un gesto coraggioso. Non lo giudico dal punto di vista morale. Forse non gli interessava più nulla. O era vittima di una forte depressione».
Che sta facendo ora?
«Sono da poco rientrato a Pavana e mi si è fulminata una lampadina. Sto aspettando l’elettricista».
Vede gli amici montanari?
«Sì, a piccoli gruppi. La via Porrettana è lunga, ci sono tanti posti. Ma ho perso il rito delle carte».
Si è sposato ed è in clausura?
«Avevo già smesso prima. Comunque, mi piace osservare la commedia umana del gioco delle carte».
Era bravo?
«Sì, sapevo giocare. A riprendere oggi però mi sentirei un novellino di fronte a gente che non ha mai smesso da quarant’anni».
Si rimette davvero a scrivere?
«Certo, butterò giù parole sotto forma di canzone o prosa. Come le ho detto non farò il nullafacente».
Il prossimo progetto?
«Tra gennaio e febbraio uscirà un libro su oggetti che non ci sono più o non si usano più. Ci sto lavorando ma anche Internet oggi fa le bizze».
Giornata dura senza lampadine e con Internet claudicante.
«Ma è un autunno bellissimo, con colori meravigliosi e una temperatura che si sopporta bene anche a Pavana, sull’Appennino pistoiese».
In “Blackout” parla della corrente elettrica che riporta la vita di una casa in tempi remoti.
«La storia è più tragica. La corrente spariva davvero per ore. Bisogna arrangiarsi: senza frigo né tv, soprattutto senza riscaldamento».
Ha detto che il tempo è mite.
«Ma resta una mitezza da montagna. Non si fidi troppo».
Dunque sabato se ne torna a Bologna per l’ultimo concerto.
«Ancora? Lo scriva una volta per tutte: non mi ritiro, mi fermo un po’. Chiedo solo tranquillità».
fabrizio.basso@gmail.com per Il Secolo XIX
NELLA FOTO: GUCCINI A PAVANA TENTA DI SOSTITUIRE LA LAMPADINA BRUCIATA