lunedì 22 agosto 2011

21 agosto Andrea Scanzi intervista Guccini

21/8/2011 - L'ESTATE DEL PRIMO AMORE

Andrea Scanzi intervista Francesco Guccini

Il cantautore: la prima cotta a 12 anni, quanti sbagli. Poi tante altre storie, positive e negative. Sono cambiato.


Ecco l'intervista uscita ieri su La Stampa, all'interno della rubrica "L'estate del primo amore".

Il Maestrone ha il tono burbero, sempre in bilico tra spigolosità ostentata e simpatia ruvida. Più la seconda. Settantuno anni, Francesco Guccini si è sposato la seconda volta ad aprile. Vedendo l’assembramento di fotografi davanti alla sala comunale di Mondolfo, il paese natale della moglie Raffaella Zuccari, rispose così a un reporter che gli diceva buonasera: «Buonasera un paio di palle!». Venne a tutti da ridere. Anche a lui, forse. Eppure l’amore, Guccini, l’ha cantato spesso. Soprattutto quello tormentato, incompreso, sul punto di finire. Da Vedi cara («è difficile capire se non hai capito già» 1970) dedicata alla prima moglie Roberta, a Canzone delle domande consuete («Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse, trascinate dai giorni come piena di fiume tante cose sembrate e credute diverse, come un prato coperto a bitume» 1990). Ma anche passione travolgente come Vorrei («Perché non sono quando non ci sei» 1996) dedicata alla moglie Raffaella. E non manca nel suo canzoniere un amore estivo (da Canzone per Piero «Poi quell’amore alla fine reale, tra le canzoni di moda e le danze» 1974).

Il primo amore se lo ricorda?
«Avrò avuto 12 anni e sbagliai tutto. Ce ne sono stati tanti altri, di amori. Positivi e negativi. Il Guccini innamorato è cambiato molto, negli anni».

E a un certo punto ha scritto Farewell («Non pensarci e perdonami se ti ho portato via un poco d’estate con qualcosa di fragile come le storie passate» 1993): è dedicata ad Angela, la madre di sua figlia Teresa, giusto?
«E’ la storia di un amore che finisce. La feci sentire alla donna che mi aveva ispirato. Alla fine, freddamente, mi disse: “E ora che dovrei fare, piangere?”. Tornai a casa e gliene scrissi un'altra: un’invettiva, Quattro stracci ».

Quella in cui l’autore è «fiero del suo sognare» e la donna «casta che sogna d'esser puttana». Oltre che sognatore, Guccini è ancora senza patente e ansioso?
«Pure meteoropata, se è per quello. Ma soprattutto sono un ansioso. Quando prendo il treno da Porretta Terme a Bologna, arrivo sempre un’ora prima. C’è solo quello, impossibile sbagliare. Io però, ogni volta, chiedo in stazione: “E’ quello delle ore ‘X’ per Bologna?”. Non lo chiedo mica per sapere a che ora arriva: lo chiedo per sapere se arriva».

Sì, ma Guccini come sta?
«Come vuole che stia: male. Guccini sta sempre male (lo dice ridendo, NdA). Dopo due ore di concerto sono morto, ho la schiena a pezzi»

Vasco Rossi si è dimesso da rockstar a neanche 60 anni. Lei ne ha qualcuno in più e fa ancora tournée.
«Macché tournée. Faccio scelte oculate, 4-5 serate l’anno. Di solito suono in palazzetti o capannucce. A Lucca il palco era smisurato e il camerino gigantesco: sembrava la tenda di Gheddafi. Pensavo arrivasse Berlusconi col bunga bunga. Vasco lo capisco, ma non ci monterei sopra un dibattito: non puoi cantare tutta la vita»

Ritratti, l’ultimo disco di inediti, è di sette anni fa. Dopo un po’ la creatività evapora?
«Ho scritto soltanto tre canzoni nuove. La chitarra in mano non la prendo quasi mai. E’ faticoso e neanche ho tempo. Ci sono le interviste, quelli che mi vengono a trovare. Vedrà che prima o poi passa un altro pellegrino, ogni giorno è così a Pàvana».

Se le cerca: quando un artista incide un album che ha per titolo un indirizzo di casa, Via Paolo Fabbri 43, dà l’indicazione implicita di andare a trovarlo. Forse si diverte.
«Non userei una parola così impegnativa. Mi diverto quando dormo il pomeriggio, quando vado a pesca. Il resto lo faccio perché è meno difficile che comporre canzoni. Scrivere libri, ad esempio».

Perché la canzone è complicata?
«Devi ridurre tutto a 3-6 minuti e c’è la metrica. Passare dalle 2-3 pagine iniziali al testo finale è dura e di voglia ne ho poca».

Visti oggi, voi cantautori sembrate tutti poco indignati e molto quieti. L’ultimo Gaber sostenne che la vostra generazione aveva perso.
«Abbiamo fatto quello che potevamo e non puoi rimanere tutta la vita sopra la barricate. Con Giorgio parlavamo spesso, ma non ebbi con lui il tempo di confutare quella tesi. Almeno ci abbiamo provato, le generazioni successive non lo so. Poi, è vero, non abbiamo portato il Sol dell’Avvenire».

Riascolta mai qualche suo disco?
«Per carità. Se qualcuno mette una mia canzone per farmi un tributo, gli intimo di toglierla subito. Non mi sopporto e in generale non ascolto quasi nulla. Mi incuriosiscono solo i rapper: sono molto distanti da me musicalmente, ma abbastanza interessanti».

Non crede, musicalmente, che a volte i suoi testi meritassero vesti più coraggiose? .
«Mah. Faccio quello che so fare e non è del tutto vero che abbia sempre suonato la stessa canzone. Una volta un collega - non le dirò mai quale - mi accusò di scrivere brani con due accordi. Gli risposi: “'Menomale che ci sei tu che ne usi tre”. Per raccontare storie non devi essere virtuoso, il blues ha tre accordi ma esiste da una vita».


venerdì 5 agosto 2011

6 agosto Bice Biagi intervista Guccini

Sabato 6 agosto, a Monteacuto nelle Alpi, alle ore 17.45 la figlia di Enzo Biagi parla con Francesco di "Malastagione".
Monteacuto è il paese di origine dei Guccini, che risultano registrati in quella parrocchia già dai primi del secolo XVI, successivamente scesi a Bologna, da dove verrano cacciati per abominevoli crimini, li ritroviamo poi mugnai nella zona di Porretta nel secolo XIX.
Monteacuto è a due passi da Pianaccio, il paese natale di Enzo Biagi.
Il giorno seguente, domenica 7 sarà la volta di Loriano Macchiavelli, che però parlerà dell'ultimo giallo di Sarti Antonio, storico "sergente" questurino sotto le due torri.