lunedì 28 dicembre 2015

Guccini: tra baritonetto e tenorino


Intervista di Antonio D'Orrico per Sette, supplemento del Corriere della Sera (4.12.2015): 
Tecnicamente che tipo di voce è la sua? 
«Sono tra baritonetto e tenorino.  Certo non sono un tenore completo alla Luciano Pavarotti. Vicino a casa dei miei, a Modena, c’era il forno del padre di Pavarotti. Ci compravamo le lasagne, il lievito di birra. Pavarotti era alle Magistrali con me, io in prima e lui in quarta, ripetente. Un ragazzone, ma allora lo conoscevo poco. Ci siamo conosciuti in seguito. Parlavamo in dialetto. Una volta andai a un suo recital e, alla fine, lui mi vide e disse: “Hai sentito come si canta?”. E io gli risposi: “Canta tu La locomotiva che voglio vedere cosa ne viene fuori”. A ciascuno la sua musica».

martedì 22 dicembre 2015

Ghiaccio bollente

Da RAI 5

GHIACCIO BOLLENTE MAGAZINE del 12/12/2015

L'INTERVISTA A CURA DI CARLO MASSARINI A PAVANA


Stagnadone



Un nuovo gatto si è aggiunto alla corte di Guccini: il rosso "Stagnadone", oltre a quelli delle canzoni:
(cito da dassler1964 )
CANZONE DELLE SITUAZIONI DIFFERENTI:
Se a volte urlo la rabbia,
poi dimentico e mi perdo
nei mondi dentro agli occhi dei miei gatti.

GIORNO D'ESTATE:
(Un gatto pigro che si stira sul muro,
sola cosa che vive, brilla al sole d'estate
si alza nell'aria come un suono d'incenso,
si alza nell'aria come un suono d'incenso,
l'odore di tiglio delle strade alberate.)

LETTERA:All'una in punto si sente il suono
acciottolante che fanno i piatti,
le TV son un rombo di tuono
per l'indifferenza scostante dei gatti;

IL PENSIONATO:
"Buon giorno, professore.
Come sta la sua signora?
e i gatti, e questo tempo
che non si rimette ancora...

Mi dice cento volte
fra la rete dei giardini
di una sua gatta morta,
di una lite coi vicini
e mi racconta piano,
col suo tono un po' sommesso
di quando lui e Bologna
eran più giovani di adesso.

L'UBRIACO:I rumori della strada
filtran piano alle pareti,
dorme il gatto sulla panca
e lo sporco appanna i vetri.

VIA PAOLO FABBRI 43:

(Se fossi più gatto, se fossi
un po' più vagabondo
vedrei in questo sole, vedrei
dentro l'alba e nel mondo
ma c'è da sporcarsi il vestito
e c'è da sgualcire il gilè
che mamma mi trovi pulito qui
all'alba in via Fabbri 43).

[...]

(Se tutto mi uscisse, se aprissi
del tutto i cancelli
farei con parole ghirlande
da ornarti i capelli
ma madri e morali mi chiudono
ritorno a giocare da me
do un party, con gatti e poeti,
qui all'alba in via Fabbri 43).

ACQUE:
...colpendo implacabile il tetto
di lunghi vagoni,
creando annoiato interesse
negli occhi di un gatto,
coprendo col proprio scrosciare
lo spacco dei tuoni
che restano appesi un momento
nel cielo distratto...


BALLANDO CON UNA SCONOSCIUTA:Con gesti da gatto
infilava sui tetti le antenne,
in alto d'estate
sui grattacieli della periferia
come un angelo libero,
in bilico sulla città...

mercoledì 16 dicembre 2015

Cena a sorpresa con Guccini


LUCCA. Proprio non se lo aspettavano gli ospiti che domenica sera erano al ristorante Mecenate di trovarsi a cena con Francesco Guccini. Solo pochissimi, i più intimi, sapevano della presenza dell’artista, mentre per gli altri è stata una vera sorpresa. Noi eravamo tra i privilegiati ed abbiamo quindi potuto stringergli la mano prima che entrasse nel locale dell’amico Stefano De Ranieri, dove è arrivato insieme alla moglie Raffaella e a un gruppo di amici toscani, tra cui Francesca Mozer, compagna del cantante Zucchero. Una serata all’insegna della discrezione, perché così ha voluto l’autore di brani intramontabili come “Dio è morto”, “La locomotiva” e “Auschwitz”.. I circa 90 commensali erano stati invitati per l’esibizione dell’attrice Elisabetta Salvadori - direttore artistico del teatro di Seravezza e ultima compagna del compianto collega Carlo Monni - che avrebbe letto una sintesi del racconto “La Cena - storie d’inverno”, forse il testo più noto di Guccini, pubblicato da Mondadori nel 2005 e riconosciuto come uno dei migliori del Novecento. E invece si sono trovati a tavola con l’autore che per tutta la serata è rimasto seduto al proprio posto. Guccini, infatti, voleva solo trascorrere una serata con gli amici di sempre. In incognito e lontano dai riflettori, dai fotografi e dai fan. E ha scelto il locale di Stefano, da sempre suo accanito ammiratore che ha fatto carte false per seguirlo nei concerti in giro per l’Italia, prima di averlo spesso ospite nella vecchia sede del ristorante, a Gattaiola. E che ha riproposto il menù esatto descritto nel testo recitato.
È arrivato puntuale alle 19 in jeans, maglione verde, cappello e giubbotto spartano e con l’immancabile sigaretta tra le dita. «Stasera qui mi sento a casa» ha detto mentre prendeva posto a tavola, forse ricordando con un pizzico di nostalgia le tavolate con amici e colleghi al termine dei concerti. Solo ricordi, perché da tempo Francesco Guccini ha deciso di abbandonare il palcoscenico e dedicarsi alla scrittura. Il suo ultimo libro “Un matrimonio, un funerale, per non parlare del gatto” sta riscuotendo un grande successo e tra poco uscirà un altro giallo, scritto a quattro mani con l’amico Loriano Macchiavelli. La musica fa ormai parte del passato.
Quel passato che lo ha visto protagonista anche a Lucca dove si esibì per la prima volta agli inizi degli anni Settanta al cinema Europa di San Vito. E successivamente in due grandi concerti allo stadio, fino a quello al Summer Festival di quattro anni fa, uno degli ultimi prima dell’addio alle scene. Un pezzo di cuore batte dunque per la nostra città che Guccini frequentò spesso da ragazzo e dove conserva tuttora amicizie come quella con la famiglia del cantante Marco Panattoni che domenica ha intonato davanti al pubblico del Mecenate “Bisanzio” e “Stelle”.
Apprezzata da Guccini che poco prima aveva applaudito l’esibizione di Elisabetta Salvadori, per la prima volta proposta nel dialetto di Pàvana, cittadina sull’Appennino Tosco-Emiliano, da anni residenza del cantautore che comunque ha promesso di tornare presto a Lucca.
Rossella Lucchesi - Il Tirreno


venerdì 6 novembre 2015

Francesco per Francesco

Lou Gottlieb, il compagno bolognese di talkin blues

"Se io avessi previsto tutto questo"

dalla Gazzetta di Modena:
Il 27 novembre esce “Se io avessi previsto tutto questo - Gli amici, la strada, le canzoni” (Universal), la prima opera monumentale che racconta, attraverso inediti riscoperti, rarità, duetti, collaborazioni, grandi successi e live mai pubblicati prima d’ora, oltre quarant’anni di carriera di Francesco Guccini  a cui proprio in questi giorni è dedicato il Premio Tenco. Un racconto in musica, un viaggio nella scrittura di uno dei nostri cantautori più rappresentativi, dal suo debutto ufficiale nel 1967 fino all’ultimo album studio del 2012. Un lavoro di ricerca e valorizzazione di un patrimonio musicale vasto e sfaccettato racchiuso in un cofanetto in due versioni, deluxe e super deluxe.
Il cofanetto super deluxe si compone di un libro di 100 pagine con foto e note introduttive ai brani scritte dallo stesso Francesco e 10 CD: 5 CD con il “meglio in studio” arricchito da “Allora il mondo finirà”, brano inedito tratto dalle registrazioni del suo primo album Folk Beat n.1 del 1967 e una versione alternativa di “Eskimo” registrata nel 1978. 4 CD con il “meglio live”, registrazioni mai pubblicate prima d’ora tratte da alcuni dei suoi migliori concerti dal 1974 al 2010, tra cui emozionanti interpretazioni acustiche e il brano inedito “L’Osteria dei Poeti” registrato al Folk Studio di Roma nel 1974. La raccolta comprende poi un CD di rarità, duetti, collaborazioni e 2 brani strumentali per la prima volta su supporto digitale.
Il box deluxe racchiude una selezione della versione super deluxe e si compone di un libretto di 48 pagine ricco di fotografie e note introduttive ai brani scritte dallo stesso Guccini e 4 CD: 2 CD con una selezione del meglio “in studio” compreso l’inedito “Allora il mondo finirà” e una versione alternativa di “Eskimo” registrata nel 1978. 1 CD con quindici tracce dal vivo mai pubblicate prima compreso l’inedito “L’Osteria dei Poeti” ” registrato al Folk Studio di Roma nel 1974. 1 CD di rarità, duetti e collaborazioni e 2 brani strumentali per la prima volta su supporto digitale.
Francesco Guccini sarà inoltre protagonista in veste di scrittore grazie alla sua seconda riuscitissima vocazione. Il 3 novembre uscirà, infatti, in libreria “Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto” (Mondadori). Nel suo nuovo libro Guccini si conferma, ancora una volta, uno dei più interessanti cantori della nostra provincia e del nostro passato più autentico, raccontando in modo esilarante e a tratti malinconico, alcune delle figure e delle situazioni più strambe che ha incontrato nella sua lunga
vita. Il funerale del mitico Gigi dell’Orbo, il sarto sempre ubriaco, il tenore lirico appassionato di ciclismo, la contadina poetessa, l’uomo che era convinto di dover reggere il cielo diventano vere e proprie “istantanee” colme di ironia di un universo sempre sospeso tra Storia e leggenda.

giovedì 29 ottobre 2015

"Quasi nulla mi sembrò cambiato in lui..."

da http://www.qcodemag.it

Quasi nulla mi sembrò cambiato in lui

L’edizione del Club Tenco dedicata a Guccini raccontata da un indomito gucciniano
Il tributato, a fine tributo, esce per ricordare a tutti di essere ancora vivo
(ATTENZIONE: Il pezzo è lungo quasi come una canzone lunga di Guccini. Se ne sconsiglia vivamente la lettura ai non gucciniani o ai gucciniani domati)
di Mauro Mercatanti
INEVITABILE PREMESSA
È l’ultima delle tre sere dell’edizione 2015 del Club Tenco, quella sorprendentemente dedicata all’ancora vivo e vegeto Francesco Guccini. Sul palco ci sono alcuni dei suoi “musici” storici, stanno eseguendo “Canzone delle Osterie di Fuori Porta”, canta Juan Flaco Biondini (essendo risaputo che il buon Francesco, 75 anni suonati, di cantare non ne ha più voglia e non intende farsela tornare). Alla fine Flaco, commentando il verso della canzone in cui Guccini definisce la sua gloria di cantante “qualcosa che andrà presto, quasi come i soldi in tasca”, si prende gioco delle capacità divinatorie del Maestro, che ha così clamorosamente toppato le previsioni.
Ed effettivamente proprio così sembrano stare le cose: la gloria non intende scollarsi dal corpaccione allampanato di questo “modenese volgare”, “cullato tra i portici cosce di Mamma Bologna” e infine ritornato a Pàvana, il “ricordo lasciato sopra i monti dell’Appennino”. Una piccola storia tutt’altro che ignobile che, da sola, basterebbe a raccontarci quanta distanza si è ormai materializzata tra l’epoca e l’Italia di Guccini, fatta anche di canzoni lunghe come ere geologiche e di parole orgogliosamente alate, e questi nostri tempi tristanzuoli, in cui le canzoni si fanno prevalentemente col timer (perché ormai più di un tot la gente non ascolta) e le parole si scrivono col twitter (perché ormai più di un tweet la gente non legge).
Ed è forse per questo che quelli un po’ spaesati come me – nato e cresciuto a piombo, pane e cantautori e poi buttato a calci in culo dentro l’era del digitale – vedono in Guccini un punto di riferimento, luminoso come la stella maggiore e rassicurante come un fratello maggiore. Perché, in fondo, è anche colpa sua se mi sono affezionato perdutamente a un mondo e a un modo che, di lì a poco, si sarebbero inesorabilmente avviati all’estinzione. Hai presente quando ti sfilano la sedia mentre stai per sederti o quando voti Bersani e ti ritrovi Renzi? Ecco, una sensazione del genere. Che è poi quella che ti rende quel curioso guazzabuglio perennemente a metà tra la malinconia (sennò come potresti capire Guccini?) e un pizzico di compostissima rabbia (sennò come potresti tirare su il pugno, pur rimanendo seduto, dentro a un luogo sanremese come l’Ariston di Sanremo, in corrispondenza dei tre punti comandati della liturgica “Locomotiva”?). Ma andiamo con ordine.
VENERDI’
marco

L’inviato specialissimo: Mauro “Marco” Mercatanti
Q Code Mag mi ha inviato qui per raccontare questa curiosa edizione del Tenco. Voglio dunque essere all’altezza di codesto mio primo (e credo ultimo) pass con sopra scritto STAMPA e sotto il nome, ovviamente e rigorosamente sbagliato.
La formula delle tre serate è presto detta: tutti gli artisti invitati devono infilare nelle loro mini scalette un omaggio a Guccini, pescando nel mare magnum della sua sconfinata opera e reinterpretando un suo brano a loro piacimento.
Io, arrivando di venerdì, mi perdo tutta la serata di apertura, tra cui Vecchioni, commosso come sempre, che legge “Bisanzio” e canta “Incontro”. A mia volta commosso per lo scampato pericolo (non me ne voglia il Professore ma dopo “Voglio una donnadonnadonna con la gonnagonnagonna” ho ritenuto di bigiare sistematicamente tutte le sue successive lezioni), mi cucco una overture con l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, diretta al piano dal mitologico Vince Tempera (“è là!”) e una non meglio identificata Vanessa Tagliabue Yorke che canta con voce troppo pulita ed educata il trittico “Radici”, “Canzone quasi d’amore” e “Cyrano”.
Da lì in poi è tutto un andirivieni di talento puro, a tratti indiscutibile (Bobo Rondelli fa una versione così così de “L’avvelenata” con l’ukulele e Mauro Ermanno Giovanardi si cimenta con un improbabile ma affascinante mix tra – giuro! – “Dio è morto” e “je t’aime moi non plus” di Gainsbourg), a tratti insostenibile (la cantante folk inglese Jacqui McShee, un macigno di rare proporzioni, che tra l’altro – unica di tutta la rassegna – non omaggia Francesco).
Poi tocca al simpatico Pieraccioni, invitato più per la conclamata guccinite che per l’imprescindibilità delle sciocchezzuole musicali che ci propone (bella, invece, la versione di “Venezia” che affronta con onestà). Chiude la serata di venerdì un’apparizione da cui non mi sono ancora ripreso del tutto. Carmen Consoli, con fender rosa a tracolla, tacchi di un chilometro e una classe che s’è dovuto far spazio sul palco sennò non ci entrava tutta. Io non l’avevo mai vista dal vivo e ho passato tutto il tempo a chiedermi perché. Ha iniziato, tra l’altro, con una versione de “Il vecchio e il bambino”, solo voce e chitarra elettrica, che ha incantato tutti e mi ha fatto pensare che prima di lei si fosse un po’ scherzato. Poi un set tutto al femminile con pezzi belli e tiratissimi. Insomma, per farvela breve, entro gucciniano ed esco che non riesco più a togliermi la Consoli dal cervello. Vabbè – penso – ci lavorerò con calma, adesso vai a letto, che s’è fatta una certa.
SABATO
fila

Un grande classico di tutti i tempi: gente in fila per ascoltare Guccini.
Mi sveglio pensando alla Consoli e la cosa rischia di farsi pericolosa. Per fortuna nel pomeriggio c’è un incontro con Francesco Guccini che parla della sua attività di scrittore. Arrivo alla sede del Club Tenco, ricavata nella ex stazione ferroviaria di San Remo, e mi trovo di fronte alla solita calca umana, che immancabilmente si crea ogni qual volta si tratti di sentire Guccini (che canta, che parla o che declama la lista della spesa, poco importa).
Ed ecco dunque il momento dell’incontro vero e proprio: dopo averlo evocato per tutto il giorno prima, arriva il Sommo Poeta delle Osterie di Fuori Porta. Volete la verità? Lo trovo molto vecchio e ricurvo. Ha proprio le classiche movenze dell’anziano, quella andatura un po’ incerta di chi ha paura di cadere che avevo intravisto nell’ultimo concerto milanese di tre/quattro anni fa, con la voce – solitamente robusta e piena – che cominciava ad accusare un certo affaticamento. Non mi stupì, di lì a poco, leggere della sua decisione di non fare più concerti. Ebbene, non ho fatto in tempo a pensare a quanto fosse invecchiato che il buon Francesco ha cominciato a parlare, facendomi capire che il ragazzone è ancora tutto lì dentro e non solo sa ancora il fatto suo, ma sembra che lo sappia persino meglio di prima. Chi oggi sostiene di fare storytelling dovrebbe ascoltare Guccini raccontare una storia, una qualunque. Verrebbe travolto da uno straordinario e inarrivabile miscuglio di alto e basso, di umiltà e autorevolezza, di leggerezza e profondità, di saggezza tagliente e amabili puttanate. È ancora lui, è sempre lui e la gente gli vuole bene. Ma gli vuole bene tanto tanto, gli vuole bene a pacchi, gli vuole bene con ostinazione quasi, nonostante lui faccia di tutto per defilarsi da questo incessante tsunami di affetto, al punto da essersi asserragliato nel piccolo paese dell’appenino tosco emiliano. Niente da fare, pare che la gente si rechi a Pàvana in pellegrinaggio, per volergli bene anche lì.
In serata torno all’Ariston per la serata finale e, camminando per corso Matteotti, credo di capire meglio l’origine di cotanto affetto leggendo le mattonelle che – in stile Hollywood – ricordano le canzoni che, dal 1961, hanno vinto il Festival della canzone italiana. E insomma, credo di poter dire che nel paese delle canzonette effimere, le canzoni di Guccini hanno rappresentato un appiglio. Qualcosa a cui aggrapparsi forte, per non essere spazzati via dai “Fiumi di parole” dei Jalisse o da Povia che vorrebbe avere il becco, canzoni di cui vi sfido a ricordare anche una sola fottutissima nota.
All’Ariston sabato sentiamo invece i raffinati Têtes de Bois che fanno “Canzone delle situazioni differenti”; ascoltiamo una splendida versione di “Autogrill”, completamente riscritta in inglese dal vulcanico Bocephus King, indio-canadese scalzo, matto e strepitoso; apprezziamo l’ottimo Cesare Basile con “La ballata degli annegati” e il gran finale con i musicisti e gli amici di Guccini (i già Citati Juan Flaco Biondini e Vince Tempera con, tra gli altri, Roberto Manuzzi, Jimmy Villotti, Deborah Kooperman, Antonio Marangolo) che, oltre alle Osterie, suonano “Noi non ci saremo”, “Asia” e “La locomotiva”, per l’immancabile finalone ligure.
Essendo che non voglio far la figura dell’ottuso fan acritico, non posso esimermi dal biasimare la scelta di Pacifico che, forse spiazzato dal forfait di Samuele Bersani con cui si doveva esibire, ha offerto una prova un po’ deboluccia e, quel che peggio, ha cantato una canzone di Guccini che non conoscevo e che ho trovato di una bruttezza definitiva (credo si chiami “Gli artisti” o una cosa del genere, ultimo album, quello prima del ritiro, ora capisco perché).
Mia menzione specialissima va invece a Giovanni Truppi, un giovane artista pazzesco, che dimostra come una nuova musica d’autore italiana, possente e originale, sia non solo possibile ma già viva e scalciante. Il ragazzo vien fuori in canotta e chitarra elettrica, attacca con una versione da brivido di “Gli amici” e poi spara (letteralmente, spara) tre pezzi da restarci secchi. Inutile che stia qua a menarla, ché tanto s’è capito che non sono un critico musicale, però lo stesso mi permetto di ripetervi che Giovanni Truppi va tenuto d’occhio tendendo le orecchie. E, con questo, credo di aver chiuso sul versante della cronaca. Andiamo dunque a chiudere.
EPILOGO

Povia

E niente, nel 2006 il Festival lo ha vinto Povia.

Sì lo ammetto, sono stato tra quelli che, in giovinezza, si sono recati con sfrontata baldanza a bussare alla porta di via Paolo Fabbri 43, per anni leggendaria abitazione di Guccini a Bologna.
E sì lo so, non si dovrebbe mai conoscere i propri miti, perché è troppo alto il rischio di restare delusi. Ma con lui, sappiatelo, non andava a finire così. E infatti quella porta, per noi come per molti altri, si è sempre aperta. Quel giorno ci invitò all’Osteria da Vito. Ci fece stare con lui tutta la sera. Ci presentò Lucio Dalla. Ci lesse le bozze del suo primo romanzo. Il tutto bevendo vino e fumando una sigaretta dopo l’altra.
Trattandoci da ospiti graditi, anziché dai rompicoglioni che, in fin dei conti, eravamo. Ci congedò verso l’una, con delicata gentilezza, per cominciare finalmente la sua serata con i suoi amici. Ce ne andammo felici e ubriachi persi, sbattendo contro le saracinesche chiuse di Bologna. Da quel giorno per noi Guccini smise di essere un mito e divenne qualcosa di più e di diverso. Sicuramente non un parente, ma certamente non soltanto un cantante. Una persona preziosa, che col tempo ho un po’ perso di vista (pensate che da un certo punto in poi ho persino smesso di comprare i suoi dischi), ma che comunque sta lì, in mezzo alle mie radici, e che tanto ha dato alla formazione del mio gusto, del mio modo di vivere e di esprimermi e persino di quel mio essere un po’ anziano prima di diventarlo veramente (che non è poi così male come sembrerebbe, credetemi).
So che dopo sabato – quando alla fine è uscito sul palco a salutare il pubblico, a ringraziare per l’affetto e a ricordarci che però, vacca d’un cane, lui è ancora vivo – non lo rivedrò più.
Ma so anche che, comunque, continuerà a rimanere la presenza preziosa che è sempre stato.
E so infine – e sono in grado di annuciarlo vobis magno cum gaudio – che ha realizzato quella che in una sua canzone definiva la sua “ambizione” (e che, manco a dirlo, è diventata anche la mia): invecchiare bene. Anzi, direi benone.

giovedì 22 ottobre 2015

Quasi come IL falegname


“Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto”

Questo il titolo del nuovo libro di Guccini in uscita il 17 novembre,  Mondadori, 15 euro.

"Da dietro il crinale della collina si vede arrivare il piccolo corteo, preceduto dal suonatore di fisarmonica e dal mescitore di vino... Lo sposo e la sposa sono in cammino dall'alba, raggiungeranno la chiesa non proprio freschissimi e poi, dopo la cerimonia, riprenderanno la strada insieme agli altri, di nuovo per mulattiere, pronti a godersi un pranzo e una cena con l'appetito rinvigorito dalla scarpinata. Un matrimonio oggi inimmaginabile, che era perfettamente normale quando il piccolo Francesco Guccini vi prendeva parte, portando in dono agli sposi... uno spazzolino da denti! E ancora: il funerale del mitico Gigi dell'Orbo, il sarto sempre ubriaco, il tenore lirico appassionato di ciclismo, la contadina poetessa, l'uomo che era convinto di dover reggere il cielo e tante altre "istantanee", colme di ironia e appena velate di malinconia, di un tempo andato che non ritornerà."
da http://www.libreriauniversitaria.it

Da stasera al Club Tenco


Giovedì 22 ci sarà la proiezione di “Guccini racconta Francesco. Un’intervista lunga vent’anni” di Fausto Pellegrini. A seguire, “Dovevo fare del cinema”, un montaggio delle apparizioni in film del cantautore, a cura di Tommaso Bertoncelli. Infine, il video “Trobàr: una cosa piccola di ieri che domani è già finita” di Ugo Cattabiani e Luca Vitali.
Venerdì 23, “I musicisti di Guccini parlano”, un incontro con Tiziano Barbieri, Juan Carlos “Flaco” Biondini, Deborah Kooperman, Roberto Manuzzi, Antonio Marangolo, Pierluigi Mingotti, Vince Tempera, Jimmy Villotti, ovvero i musicisti storici di Francesco che la sera dopo suoneranno all’Ariston. Venerdì 23 e sabato 24 ci saranno incontri intorno a Guccini con Riccardo Bertoncelli, Guido De Maria (Premio Tenco 2015 all’operatore culturale), Gino e Michele, Giovanni Impastato, Carlin Petrini, David Riondino, Sergio Staino e Nicola Sinisi. Infine, sabato 24, un incontro con Guccini stesso, in qualità di scrittore.
Nei tre giorni, in sede sarà anche possibile visitare la mostra “Fra la rete dei giardini. Canzoni di Guccini fotografate”, a cura di Cosimo Damiano Motta, Elisabetta Vacchetto e Pierangelo Vacchetto.
Alle 18.30 ci si trasferirà in piazza dei Dolori, nel quartiere della Pigna, dove, in collaborazione con l’associazione Pigna Mon Amour, ci saranno degli aperitivi con momenti di spettacolo. Si comincerà giovedì 22 con le canzoni pacifiste di Guccini interpretate da Olden, nell’ambito di “Ottobre di pace”; venerdì 23 l’attrice versiliese Elisabetta Salvatori leggerà un racconto di Guccini pubblicato nel 2001, “La cena”, mentre sabato 24 andrà in scena “L’Ora Canonica”, con Filippo Bessone, Azio Citi e Luca Occelli.
Le serate sono invece previste al Teatro Ariston, dalle ore 21. Giovedì 22 saliranno sul palco: Appino, John De Leo, Vittorio De Scalzi, Cristina Donà (Targa Tenco miglior canzone), La Scapigliatura (Targa Tenco migliore opera prima), l’Orchestra Nazionale dei Giovani Talenti del Jazz diretta da Paolo Damiani, Roberto Vecchioni.
Venerdì 23 toccherà a Carmen Consoli, Armando Corsi (Premio “I Suoni della canzone”), Mauro Ermanno Giovanardi (Targa Tenco migliore album), Jacqui McShee (Premio Tenco), l’Orchestra Sinfonica di Sanremo diretta da Vince Tempera con Vanessa Tagliabue Yorke alla voce, Leonardo Pieraccioni, Bobo Rondelli.
Sabato 24 sarà la volta di Cesare Basile (Targa Tenco migliore album in dialetto), Samuele Bersani & Pacifico (Targa Tenco miglior canzone), Bocephus King, Musici & Friends (reunion dei musicisti storici di Guccini), Têtes de Bois (Targa Tenco migliori interpreti), Giovanni Truppi.
Tutte le sere Paolo Migone avrà il compito di intrattenere il pubblico nei cambi-palco. La regia è di Michelangelo Ricci. I pomeriggi e le serate saranno condotte da Antonio Silva.
Da mercoledì 21 a domenica 25, dalle 10 alle 21, all’Ariston, sarà aperta la mostra di disegni umoristici “Guccini e l’infermeria” a cura di Stefano Giraldi, da un’idea di Luciano Barbieri.
“Fra la via Aurelia e il West – dedicato a Francesco Guccini” è organizzato dal Club Tenco con il contributo del Comune di Sanremo e di SIAE, il sostegno di Coop Liguria e Casinò di Sanremo e media partner RaiRadio 2 e RaiRadio 7 live.
Ecco le prime anticipazioni sulle canzoni:
John De Leo - Il pensionato
Paolo Damiani - Quattro stracci
Roberto Vecchioni - Incontro
Vince Tempera dirigerà l'orchestra sinfonica di Sanremo ed eseguirà tre canzoni.

mercoledì 7 ottobre 2015

Pieraccioni al Tenco per Guccini





 Leonardo Pieraccioni sarà protagonista al grande omaggio del Club Tenco a Francesco Guccini, salirà sul palco in veste di cantante e cantautore,
“Fra la via Aurelia e il West – dedicato a Francesco Guccini” è organizzato dal Club Tenco con il contributo del Comune di Sanremo e di SIAE e il sostegno di Coop Liguria e Casinò di Sanremo. Biglietti e abbonamenti si possono acquistare alla cassa del Teatro Ariston (Via Matteotti 107, Sanremo - Tel. 0184 507070) tutti i giorni dalle 16 alle 21, anche telefonicamente. I singoli biglietti (il cui prezzo varia da 24 a 45 euro) possono essere acquistati anche on line attraverso www.clubtenco.it, www.premiotenco.it e www.facebook.com/ilclubtenco.

martedì 25 agosto 2015

Incontro alla Rocca di Vignola

Venerdì 11 settembre  2015

  • 21:00
    Sul confine della sera
    Incontro con Francesco Guccini

  • calata la sera...
    videoproiezioni delle decorazioni quattrocentesche sulle facciate della Rocca di Vignola (MO)

mercoledì 19 agosto 2015

19 agosto 2015 a San Benedetto


Alle ore 18.15, il giardino di viale Buozzi ospiterà il cantautore e scrittore modenese per l’ultimo appuntamento della rassegna letteraria “Incontri con l’autore” organizzata da Mimmo Minuto in collaborazione con l’associazione “I Luoghi della Scrittura” e la Libreria “La Bibliofila” con il patrocinio dell’Amministrazione comunale.
Guccini presenterà il suo ultimo volume “Il piccolo Manuale dei giochi di una volta”. Conversa con lo scrittore Gabriella Fenocchio. L’ingresso è gratuito, in caso di pioggia l’incontro si terrà all’Auditorium “Tebaldini” di viale De Gasperi.

lunedì 17 agosto 2015

Nuovo libro per natale 2015

"Ho scritto tre romanzi, sette gialli assieme a Macchiavelli, un libro di racconti, una biografia, e altri due libri. Adesso uscirà per Natale un altro libro di raccont i, che probabilmente si chiamerà 'Fra un matrimonio e un funerale per non parlare del gatto'. Un libro molto complesso, di racconti montanari. Ormai faccio lo scrittore a tempo pieno: da piccolo, quando mi chiedevano cosa avrei voluto fare da grande, rispondevo 'lo scrittore'. Alla musica non ci pensavo minimamente". Lo ha raccontato Francesco Guccini durante l'ultima serata di Capalbio Libri.

lunedì 15 giugno 2015

14 giugno 2015 Guccini compie 75 anni

Caro amico, il tempo prende il tempo dà! Auguri Francesco!
(Guccini festeggia a Pàvana il compleanno con la figlia Teresa)

venerdì 12 giugno 2015

"Montanaro come il borlengo"


«Essere considerato poeta non mi interessa molto. Essere considerato un cantautore-poeta che raggiunge una più ampia fascia di pubblico, mi interessa. La canzone arriva prima all'orecchio della gente. Il cantautore si rivolge ad un pubblico estremamente ampio, catturandone l'attenzione, l'interesse». Parole di Francesco Guccini, uno che sulla parola ha costruito una vita da scrittore e da cantautore. Non uno dei tanti, ma fra i più grandi, se non il più grande.
A Modena Guccini affonda le proprie radici. Non solo per l’anagrafe, ma anche per la musica. Qui ha iniziato a suonare, qui ha deciso che sarebbe stata quello il suo futuro. Un pezzo di “modenesità” che si è portato dietro nei ricordi e nel dialetto, oltre che - racconta divertito - nell’amore per il lambrusco: «Sono nato e cresciuto tra il dialetto modenese di mia madre , che era di Carpi, e il dialetto bolognese di mio padre. Certi vocaboli miei sono più carpigiani con le vocali aperte».
Qual è l'album e la canzone che ama di più?
«Non c'è un album o una canzone particolare. In genere, si dice che è l'ultimo album, l'ultima canzone. Quello che, forse, mi rispecchia di più è la raccolta che comprende 17 canzoni, intitolato "Anfiteatro live" . O l'album " Amerigo" con una delle mie canzoni più famose "Eskimo". L'album "Fra la via Emilia e il West", di cui molte canzoni facevano parte di un concerto in Piazza Maggiore a Bologna, che ha visto la partecipazione anche di Giorgio Gaber, Paolo Conte, Lucio Dalla, I Nomadi, Roberto Vecchioni e L'Equipe 84, che si era riformata per l'occasione. La canzone che meglio mi rispecchia è Addio. È una canzone molto sentita, partecipata, anche politicamente. L'ho composta in un giorno. Dio è morto è una canzone sopravvalutata . Ancora oggi, anche con Gianna Nannini, è la più interpretata Eravamo negli anni '64-65. Qualcosa doveva cambiare . Occorreva coraggio. Coraggio che ho trovato nei Nomadi . Come Auschwitz", tecnicamente non è un granché. Ma sono canzoni che colpiscono di più la fantasia della gente».
Quale è l'opera letteraria che sente più sua e perché?
«Difficilissimo dirlo. Da sempre sono un "forte lettore". Ho cominciato con "Pinocchio" da bambino. Da allora, non ho più smesso di leggere. i miei autori preferiti sono quelli della letteratura anglo-americana, poi autori come Gadda, Meneghello di "Libera nos a Malo" con il loro uso particolare della lingua».
Nel romanzo, "Vacca d'un cane", definisce Modena , "città della Motta" . Perché ?

«Città della Motta perché, probabilmente, è l'etimologia più giusta, che risale alla civiltà terramaricola, alle origini etrusche, le motte erano le terremare. La ricordo come città molto piccola, piuttosto triste. Venivo da Pavana, dall'ampiezza e dalla luce dei monti del pistoiese e del bolognese.Mi sentivo un po' straniero. Ma a Modena è cominciata la lettura musicale nuova, diversa, rivoluzionaria. Erano gli anni dell'adolescenza e i sogni degli adolescenti sono sempre più ampi, ambiziosi. A Modena, ho cominciato a suonare, Mai avevo pensato di fare il cantautore. Volevo diventare scrittore . Poi, amici come Victor Sogliani dell ' Equipe 84 , come Corrado Bacchelli e Dodo Veroli , come i musicisti dei Nomadi mi hanno via via portato verso la musica. A loro debbo tante cose».

Quanto deve a Modena?

«Tanto. A Modena, recentemente , ho sofferto nel vedere che, di notte, in centro, non c'è nessuno. Allora non "si sguazzava nel divertimento" , ma la città era viva, vissuta. Erano gli anni in cui si formavano i primi complessi musicali da ballo. I miei ricordi di allora sono legati alle "mine" . Pare che sia un "francesismo". Erano le fidanzatine. Mentre si usa ancora nel lunfardo, che è il gergo dialettale di Buenos Aires, a Modena non si usa più . Ricordo , con tristezza, la scuola, i lunghi e nebbiosi inverni, l'umidità, i freddi intensi. Ricordo il freddo sofferto alla Tombola di San Geminiano, dove non ho mai vinto niente. Nonostante i pochi soldi, ci divertivamo ad organizzare delle feste musicali e danzanti. È stato, comunque, un periodo intenso, creativo anche grazie alla collaborazione, per oltre due anni, alla "Gazzetta dell'Emilia" (oggi Gazzetta di Modena) di via Falloppia. Ero cronista e potevo sviluppare (così pensavo) la mia vocazione per la scrittura. Avevo come colleghi professionisti Adalberto Minucci, Aristide Selmi e GianCarlo Zironi, poi trasferiti a Torino e a Milano, in quotidiani nazionali. Il primo articolo è rimasto scolpito nella mia memoria. Era un pezzo su una religiosa. La giusta nemesi. Lasciai "La Gazzetta" dopo un incontro con Alfio Cantarella dell' Equipe 84, che cercava un chitarrista-cantante».

Modena e il Lambrusco, o meglio i Lambruschi?

«Da modenese, dico sempre: mi sono rimaste dentro due cose fondamentali: l'accento , che, però, si va via via attenuando, e un'altra che fortunatamente non si attenua, l'amore per il lambrusco. Sarebbe meglio dire per i lambruschi, perché, minimo sono tre ma questa è roba da tecnici. Mio nonno materno, a Carpi, lo faceva , con perizia e passione. Ho anche scritto "due cose" sul lambrusco. A suo tempo, l'ho difeso anche dall'amico Carlo Petrini . Ora non ha più bisogno di essere difeso. I produttori hanno puntato e puntano sulla qualità. Ed abbiamo ottimi lambruschi. Io preferivo il Salamino , adesso preferisco quello di Castelvetro, più corposo . È il vino che si sposa con i nostri "mangiari", dai tortellini allo zampone, al gnocco fritto, ai borlenghi che, nel bolognese, a Gaggio montano, sono le zampanelle . Ho visto che, proprio "La Gazzetta di Modena" sta cercando di riscoprire e valorizzare le nostre antiche "eccellenze" montanare come il borlengo».

Il brano "Lettera" è dedicato a due amici prematuramente scomparsi. Come ricorda Bonvi e Victor Sogliani?

«Con Victor eravamo molto amici. L'ho spinto io a cantare, quando suonavo "da ballo". Avevamo bisogno di un basso . Anche sua sorella cantava e piuttosto bene. Lo ricordo con grande affetto. Con Bonvi eravamo altrettanto amici, ma in modo diverso Non sapeva né suonare né cantare. Era stonatissimo. Era matto, forse la persona più matta che io abbia conosciuto. Capace di slanci generosissimi. L'ho segnalato come sceneggiatore e disegnatore. Era diventato anche lui bolognese. E' morto investito da un'automobile, mentre stava portando dei suoi disegni per Magnus, Roberto Raviola, l'inventore di Tex Willer. Anche Bonvi si era rifugiato sull'Appennino bolognese. Due grandi amici, due grandi artisti».

Perché Modena "piccola città, bastardo posto", fra la Via Emila e il West ?

«Quella canzone dice tutto il mio pensiero su Modena, dove fra la via Emilia e il West era l'angolo tra via Cucchiari, dove abitavo, e Sinigaglia , dove andavamo a ballare al Florida, sala che poi è diventata sede della Caserma della Finanza. Allora, lì, per strada, nei campi,
giocavamo , Con la bicicletta, andavamo con la "mina" fino a via Morane, che era campagna aperta. Oggi , ci sono enormi casermoni, uno dopo l'altro. Il centro, lo conosco. Ma la città, la sua periferia esplosa senza alcun ordine non la riconosco».
Roberto Armenia della Gazzetta di Modena