mercoledì 15 ottobre 2014

"Non guarisco dalla scrofola!"




                                      Quando, lo scorso mese d'agosto, due tizi mi raccontarono dell'idea che avevano avuto, di una locomotiva a vapore che avrebbe portato un certo numero di appassionati delle mie canzoni fino a Pàvana, rimasi perplesso. "Voi siete matti" fu la mia prima reazione.
C'è un perché. Da tempo, praticamente da quando ho smesso di fare concerti, ma anche da prima, quasi quotidianamente ricevo visite anche di due, tre gruppetti al giorno che, gentilmente, bisogna dirlo, si scusano per l'intrusione e mi chiedono una foto, un autografo, e se ne vanno contenti. Quelli che poi oggi sono chiamati "social network" come "facebook" amplificano il fenomeno.
Cortesemente accolgo tutti, ma non è sempre piacevole essere distolto (quasi quotidianamente, lo ripeto) dalle mille faccende che occupano le mie giornate, alcune relativamente importanti, come scrivere qualcosa, (e a volte vieni distolto proprio mentre stai inseguendo un pensiero) altre forse meno importanti ma sempre interessanti quali leggere un libro o un giornale.
"E in quanti avete previsto che verrebbero?" chiesi, paventando già il numero di foto o di autografi richiesti, roba da impegnare un intero pomeriggio, se non l'intera giornata, a non fare altro.
Furono vaghi."Circa duecento" risposero. "Avremmo anche bisogno della collaborazione della Pro Loco per organizzare un servizio di ristoro. Naturalmente si terrebbe l'eventuale incasso, più i soldi che avanzerebbero dalle nostre spese di treno e pullman per il trasbordo dalla stazione di Porretta a Pàvana.
La locale Pro Loco, lo so, viaggia sempre in condizioini economiche traballanti, soprattutto ora che deve affrontare le spese straordinarie per rifare il tetto della sede e altre bazzecole concomitanti. Gli occhi di Franco Casari, l'attuale presidente, al pensiero dell'incasso probabile, si illuminarono. "A noi farebbe proprio comodo" mi disse. "Facciamolo per Pàvana"
"Ma io cosa dovrei fare?" chiesi. "Cantare lo escludo, firmare autografi o fare foto con tante persone anche..."
"Niente paura" mi assicurarono, "Per te nessun disturbo. Ci basta un breve saluto. Al resto pensiamo noi".
Intanto il tempo passava e le voci si susseguivano. Chi parlava di 500 persone, chi del doppio, chi di gente pronta ad arrivare anche coi propri mezzi, intenzionata ad accamparsi dopo aver spedito in loco vedette atte a studiare i terreni adatti allo scopo. Amici mi prendevano in giro. "Oh, come te la caverai con le 800 persone che ti verranno a salutare quella domenica?"
E poi quella domenica è venuta. La Pro Loco ha preparato e distribuito pasti per 475 persone, il tutto a base di polenta con ragù, "fogacine"(voce locale per "cresenti", oggi erroneamente chiamate "tigelle") imbottite col tradizionale"pesto" (lardo tritato, aglio e rosmarino) o di prosciutto e salame, formaggio o nutella, poi acqua e vino. L'organizzazione del servizio pasti è stata perfetta, quasi germanica, coi "polentari" a mescolare la polenta, gli addetti a versare il ragù e a imbottire le fogacine, a distribuire acqua e vino.
Personalmente mi è andata di lusso. Una breve apparizione in cui ho fatto notare che sono ancora vivo e non è ancora tempo per i pellegrinaggi, non impongo le mani per curare la scrofola come accadeva ai re di Francia, e non faccio miracoli come a Lourdes.
Tutto bene, quindi, anche se, mi è sembrato, che qualcuno voglia ripetere l'esperienza.
Speriamo che il fumo della locomotiva che ha invaso i vagoni durante le numerose gallerie sia stato capace di dissuadere qualcuno. F.G.

giovedì 2 ottobre 2014

"La pioggia fa sul serio" in libreria dal 3 ottobre 2014

A Casedisopra, nel cuore degli Appennini, l'estate è finita eppure in giro si vedono ancora dei forestieri. All'osteria di Benito, dove si ferma per un bicchiere chiunque passi in paese, il cameriere marocchino Amdi spesso serve da bere a due avventori singolari: un geologo impegnato a studiare il territorio e un architetto inglese innamorato del posto, Bill Holmes, che insieme alla bella nipote Betty sta conducendo una ricerca sulle costruzioni religiose – edicole votive, maestà, oratori – di cui è ricca quella parte di Appennino. Nel frattempo, però, ha cominciato a piovere senza tregua, e l'acqua dà non poco filo da torcere all'ispettore della forestale Marco Gherardini, che in paese chiamano "Poiana". La pioggia divora interi costoni della montagna portando con sé strade, alberi e forse anche uomini, come a punirli per l'incuria sempre maggiore cui abbandonano la loro terra. A parte ciò, in paese tutto sembra tranquillo. Fino a che, proprio il giorno prima di andarsene, il geologo non sparisce misteriosamente. E dopo la sua scomparsa una serie di aggressioni turba la vita di Casedisopra. A indagare ufficialmente sui troppi misteri che si nascondono tra i ruderi della Casa-fortezza del Capitano e l'edicola con l'affresco di una Madonna incinta, tra l'agriturismo gestito da una stravagante signora e il Sasso Nero che racchiude un segreto, è incaricato il giovane maresciallo dei carabinieri Barnaba. Ma molto presto Poiana dovrà intervenire in prima persona, sia pure non ufficialmente. E ad aiutarlo, con la ruvidezza montanara che gli è consueta ma anche con saggezza, sarà chi conosce il territorio e sa leggere i segni con cui la montagna parla all'uomo: il mitico Adùmas. Ma anche i fratelli Seivadghi, Fonso e Doardo, e il paese intero daranno, sia pure involontariamente, il loro contributo... Ancora una volta Guccini e Macchiavelli sanno evocare per noi i sapori e le emozioni più intense delle loro montagne e ci conducono lungo i valichi appenninici, dal Quattrocento a oggi, fino a scoprire una verità sorprendente e più che mai attuale. Un romanzo forte come le radici di un albero secolare, appassionante come un inseguimento nel bosco, coraggioso come chi sa guardare negli occhi la verità.