giovedì 22 ottobre 2009

Buon Compleanno Bobo!

In ritardo: tanti auguri. Il 10 ottobre era il compleanno di Bobo, la creatura mooolto autobiografica di Sergio STaino. Gran festa a sorpresa sull'Unità. Guccini ha come al solito sottolineato come lui sia molto più giovane di Sergio, ben 2 mesi! Con l'occasione ecco una bella intervista doppia raccolta da Giovanni Bogani della Nazione qualche anno fa:
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Doppia intervista Guccini / Staino - Raccolta da Giovanni Bogani al Teatro del Sale in occasione del 25° compleanno di Bobo

Piccola storia ignobile, non ne scriverò altre. Avevo diciannove anni, una forza incontrollabile in corpo e un biglietto di treno in mano. Il treno ciuffettante si arrampicava per l’Appennino pistoiese: Ponte della Venturina, scendere. Poi due chilometri sul ciglio della camionabile, tra manifesti di orchestre di liscio in livrea rossa e annunci bordati di nero, nonne di 86 anni volate via. Alla fine arrivare a quel nulla di paese che era, per me, mitico come l’Eldorado, come Atlantide, come Shangri-La: Pavana. Bussare a una porta di legno, trovarselo davanti: Francesco Guccini . Ed era come se ti apparisse la Madonna. Perché le avevi ascoltate, le sue canzoni, le avevi amate, ti avevano insegnato a vivere meglio dei libri e degli amici, perché ci trovavi voglia di vivere e nostalgia, le tue stesse inquietudini, ansie e dolcezza, malinconia, letteratura, vita vera e vissuta. L’odore di rivoluzioni che non avevi vissuto, che non avresti vissuto mai. Ed era lì davanti a te, due metri di poeta montanaro. Stava mangiando pane, olio e sale. E tu lo mangiasti per mesi, come per rubarlo così, ingenuamente, il segreto di tanta poesia.

Ci andasti ancora. E uno di quei pomeriggi Guccini prese la sua chitarra, te la mise in braccio e ti insegnò il giro del blues, e tu lo prendesti come una segreta iniziazione… E altre volte nella mitica casa in via Paolo Fabbri 43, a Bologna. C’era Bonvi, il disegnatore delle Sturmtruppen, bimbo di cinquant’anni con la faccia da Klaus Kinski. Accanto c’era la casa del Pensionato, eroe inconsapevole di una sua canzone, e in casa, sgambettava minuscola la figlia, “culodritto”. Un universo di canzoni che diventava realtà. Come abitare in un film.

E ora te lo ritrovi, Francesco Guccini da Pavana, maestro cantore, poeta in ottava rima, folksinger e chansonnier d’Appennino. Lo ritrovi al compleanno di Bobo, il personaggio a fumetti di Sergio Staino. Al Teatro del Sale di Firenze, le due barbe si incontrano. Il disegnatore toscano figlio di un ragazzo di Calabria, e il cantastorie nato dove Toscana ed Emilia confondono le loro acque e le loro storie millenarie.

Si abbracciano. Uno nato a giugno, l’altro ad agosto dello stesso anno, 1940. I giorni in cui la Mascella gridava in piazza Venezia, e l’Italia stava per pagare il conto delle “decisioni irrevocabili”. Bambini di guerra, adolescenti di anni ’50 entusiasti e improvvisati, innamorati di musica e fumetti.

Francesco, ma come vi siete conosciuti, lei e Staino?
Il mio grande sogno è sempre stato disegnare fumetti: Sergio avrebbe voluto scrivere canzoni. Ognuno invidia il mestiere dell’altro. Io sono cresciuto con Paperino, con i fumetti lasciati dai soldati americani. E per un periodo ho anche disegnato.

Che cosa?
Andava di moda decorare i risvolti dei jeans. Io li disegnavo. Mi ispiravo ai fumetti, a Paperino, a Tex Willer. Poi, anni ‘80, leggo una striscia di Bobo che va a un concerto di Renato Zero con il suo amico, Molotov. E alla fine, sconsolati, si chiedono: ma quando è il prossimo concerto di Guccini? Mandai a Staino un biglietto di ringraziamento per quella striscia.

Accanto a lui c’è Staino. Gli chiediamo la sua versione dell’incontro. Sergio, e poi?
Io non capivo la firma di quel biglietto. Ci ho messo giorni a decifrarla. Quando ho capito che era Guccini, mi è preso un colpo. Gli ho mandato un disegno di risposta. E così è nata un’amicizia che dura da vent’anni.

Che cosa vi unisce?
Da una parte, il punto di vista politico sulle cose. Forse anche l’essere cresciuti negli stessi anni, in due mondi di campagna simili. E poi il punto di vista umano, una tenerezza di fondo. ‘La locomotiva’ è la mia canzone preferita. E quando ho illustrato ‘Il vecchio e il bambino’, mi è sembrato di coronare un sogno.

Guccini, la Toscana per lei è un’eredità di parole dentro il dialetto emiliano, il tifo per la Pistoiese, e un amore fiorentino dei vent’anni. Che cosa d’altro?
Quell’amore fu anche il mio primo incontro con Firenze: ricordo piazza San Marco, dove ci incontrammo. Era la primavera del ’59, lei aveva sedici anni. E poi, banalmente, la Toscana è anche i sapori di certi cibi.

Lei è uno dei fondatori di slow food. Quali cibi preferisce? Era un caso quel pane e olio?
Assolutamente no. Mi piacciono tutti i cibi semplici, e il pane toscano più di ogni altro. Il prosciutto. Non quelli mollicci e dolci: quello salato, forte. Un mio amico toscano lo fa stagionare sotto la cenere: è fantastico. E la finocchiona, e i ciccioli appena fatti. Insomma, sono poco emiliano, da un punto di vista culinario. Eccezion fatta per la mia droga. I tortellini in brodo.

Produzioni letterarie. Lei ha scritto romanzi autobiografici, dizionari del dialetto pavanese, thriller. Il nuovo lavoro quale sarà?
Un altro giallo scritto insieme a Loriano Macchiavelli. Ancora senza titolo. Ambientato nel ‘60, su un presunto crimine di guerra partigiana. Sembra che un tribunale partigiano abbia fatto fucilare un uomo. Ma ci saranno molte sorprese. E’ una risposta al revisionismo infuriato intorno alla Resistenza, a quelli che in questi anni hanno ‘scoperto’ le violenze dei partigiani.

Concerti?
Con calma. A febbraio e a marzo. E mai d’estate.

Già. Perché questo suo mestiere che infiamma e brucia, lui lo prende col calma, con il passo antico dei montanari, con la saggezza di generazioni e millenni sedimentate nel suo corpo da gigante.

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